Recensione: War Against All

Di Mickey E.vil - 25 Maggio 2023 - 8:00
War Against All
Band: Immortal
Etichetta: Nuclear Blast
Genere:
Anno: 2023
Nazione:
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85

Per la gioia dei tanti viandanti persi nelle bianche terre di Blashyrkh, Demonaz torna – quattro anni dopo Northern Chaos Gods – a far breccia nei cuori di ghiaccio dei fan degli Immortal. La prima differenza che balza all’orecchio, rispetto all’album precedente, è il notevole miglioramento della produzione: ne beneficiano soprattutto batteria e voce, che arrivano all’ascoltatore con una definizione senza precedenti. Gli Immortal del 2023 sono semplicemente Demonaz, un saggio deus-ex-machina che si avvale del contributo di musicisti session per dar vita in musica alle sue visioni dominate da gelo e oscurità.

Come nell’album precedente, si comincia senza tanti fronzoli: blast-beat senza pietà e caos controllato per la title-track, con uno sguardo nostalgico rivolto ai tempi di Battles In The North. Si prosegue con Thunders Of Darkness, con l’acceleratore leggermente allentato e qualche riff thrash metal vecchia scuola che si insinua nelle caratteristiche trame armoniche tessute da Demonaz. I Bathory dell’era vichinga benedicono il lento incedere epico di Wargod mentre è impossibile non reputare un sentito tributo al caratteristico riffing di Euronymous la successiva No Sun. Il canonico mid-tempo norvegese di batteria determina l’incedere di Return To Cold, brano che se ospitasse la voce di Abbath non stenteremmo a credere che sia la traccia smarrita di At The Heart Of Winter. Il picco dell’album, in termini compositivi e di arrangiamento, arriva con la strumentale Nordlandihr, che accompagna l’ascoltatore nella vasta desolazione scandinava con soluzioni melodico-armoniche altamente drammatiche in bilico tra l’epico e il malinconico. L’inno autocelebrativo Immortal consegna il gruppo all’eternità rispedendoci dritti dritti nel 1993, quando quell’originale fusione di ritmi di batteria forsennati e cadenzati riff di chitarra forgiò definitivamente il sound della band. Il commiato è affidato a Blashyrkh My Throne, introdotta da un glaciale arpeggio, preludio ad un brano particolarmente votato alla melodia come marchio di fabbrica, utilizzata dal chitarrista con fini drammatici per dar vita a visioni del freddo mondo immaginario da lui creato.

Come dichiarato nella nostra intervista, oggi il black metal è parte del mainstream e non fa più paura a nessuno. Allora, se a questo punto è la musica quello che resta davvero e il reale obbiettivo di Demonaz è “semplicemente” realizzare un buon album, il bersaglio è stato colpito in pieno. I vecchi fan troveranno una grande conferma, quelli nuovi scopriranno come, a dispetto della tecnologia moderna in fase di realizzazione di un album, sia ancora possibile sentire il freddo della neve di Blashyrkh sulla pelle durante l’ascolto della musica degli Immortal.

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