Recensione: War Of The Worlds Pt. 2

Di Edoardo Turati - 19 Maggio 2022 - 11:48
War Of The Worlds Pt. 2
Etichetta: Insideout Music
Genere: Progressive  Shred 
Anno: 2022
Nazione:
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85

Possiamo affermare che a livello grafologico una firma ci parla dell’identità sociale e della relazione che il soggetto scrivente ha con la propria famiglia di provenienza e più in generale con la propria individualità. La firma è una condensazione della rappresentazione individuale che ognuno di noi desidera lasciare impressa in un determinato contesto sociale. Essa può essere validata con nome e cognome, o anche con l’iniziale del nome e il cognome per intero… oppure con un riff indelebile che ne definisce i connotati e le dimensioni musicali! Ed è proprio la firma che Michael Romeo lascia in ogni suo pezzo, quel modo unico di suonare la chitarra; bastano poche note, le ascolti ed immediatamente dici: “Questo è Romeo!”. Partiamo allora con una fugace biografia del mastermind americano (di origini siciliane).

Nasce a New York e sin da bambino studia pianoforte, poi l’ascolto di un album dei Kiss gli fa cambiare rotta e capisce che la chitarra è lo strumento che vuole realmente suonare e che lo fa sentire vivo. Nel 1994 incide il suo primo disco solista, interamente strumentale (insieme a Michael Pinella) e nel 1995 decide di fondare i Symphony X (tutto il mondo metal te ne sarà eternamente grato caro Michael!). Per il secondo disco solista dobbiamo attendere appena 24 anni… ed è proprio quel War of the Worlds // Pt.1 di cui tratteremo l’evoluzione. Rispetto al 2018 nella band cambia solo il cantante, il poco conosciuto Rick Castellano si defila lasciando il posto vacante a Dino Jelusić (Whitesnake, Trans-Siberian Orchestra): sarà stata una mossa azzeccata? Va bene dai, caviamoci il dente e rispondiamo subito: Castellano non ha lo spessore di Jelusić, parliamoci chiaro, se lo cercate su Google non si trova letteralmente nulla, però era lapalissiano il messaggio da parte di Romeo: «Ehi, attenzione, questi non sono i Symphony X!» Jelusić (fortemente caldeggiato da Simone Mularoni che si è inoltre occupato di tutta la produzione) è più profondo, più potente più poliedrico… Le assonanze emergono soprattutto nei brani vigorosi, dove il cantante croato utilizza un timbro che rimanda molto a sir Russell Allen. Ma attenzione, chiariamo subito, questo non penalizza nP modifica la qualità del platter, Jelusić è mostruoso e, anche se avvicina inevitabilmente War of the Worlds // Pt.2 alla band madre di Romeo, la policromia delle sue sonorità riesce comunque a far emergere individualità e sfumature uniche. Il resto della band riserva ancora due nomi altisonanti, John Macaluso (Ark, TNT, Malmsteen) e John DeServio (Black Label Society). «Cuanta calidad!» potrebbe dire un noto giornalista sportivo…

Andiamo ora ad esaminare in modo puntuale le singole tracce che compongono il disco: I quattro brani “strumentali”, ovvero intro, outro e i due intermezzi “Mothership” e “Hunted” sembrano usciti direttamente dalla mente di John Williams, molto ben arrangiati e hollywoodiani al punto giusto, si incasellano in modo sublime tra una song e l’altra. Dopo la soave intro i nostri ci spaccano le gengive con tre brani poderosi che pesano come il mondo sulle spalle del titano Atlante. “Divide & Conquer”, “Destroyer” e “Metamorphosis” sono devastanti con una sessione ritmica potente e armoniosa, dove emerge il fantastico lavoro di collante tra Macaluso e DeServio che pestano senza sosta, supportati da un Jelusić in stato di grazia ed estremamente versatile ed ovviamente dalla chitarra chirurgica di Romeo (ma non era necessario ribadirlo). Si rallenta decisamente invece con “Just Before the Dawn“ compassata e più rockettara, (echi non troppo lontani di “The Accolade”) dove Jelusić ammorbidisce e pulisce molto il timbro dimostrando ancora di più la sua incredibile ecletticità; dominano le tastiere e la melodia in un brano molto equilibrato e gradevole. Si torna a picchiare sulle pelli con la successiva “Hybrids“ un po’ più cupa e l’illusionista Jelusić si trasforma in Roy Khan… scherzi a parte, al di là dell’accostamento audac il pezzo vive di molti momenti emozionali, con corse pazze, mid tempo, riflessioni e scoramento. Pezzo pazzesco e totalizzante, probabilmente la killer song del disco.

Dopo la strumentale “Hunted” si passa repentinamente a “Maschinenmensch” il pezzo più lungo del disco ma che corre spedito e splendido con la voce nuovamente poderosa sorretta da un sound esplosivo e mai banale. L’altalena emotiva è più turbolenta che mai e noi ci lasciamo spingere dalle sapienti e paterne manone di Micheal. Un assolo floydiano intorno al sesto minuto ci anestetizza i sensi per essere nuovamente spazzati via dai megatoni lanciati da Romeo & Co. sul finire del pezzo. “Parasite” si palesa prima della conclusiva e strumentale “Brave New World” ed è un brano power prog roccioso e duro come lo scafo di una rompighiaccio. Spacca tutto ciò che incontra all’interno del nostro orecchio tumefatto: timpano, martello, incudine e staffa vengono portati allo stremo delle loro capacità. Ma non è tutto, difatti il generoso babbo Micheal ci regala altre due bonus track di grande valore. “The Perfect Weapon” e la strumentale “Alien DeathRay”. La prima mescola astutamente riff saturi a momenti sinfonici che si estinguono in un dissonante refrain mellifluo che viene divorato da un finale imponente e ostile. La seconda bonus track rappresenta la sublimazione strumentale e cinematografica dell’estro di Micheal Romeo. Bellissima prova di maestria e gusto dove trovano spazio archi, pianoforte, cori sinfonici, martellate di batteria e shred a profusione.

Ma siamo già alla fine?! Eh già, quando le cose sono belle il tempo passa rapido e insolente. Ma veniamo al succo della recensione, quel numero in alto a destra che spesso è sufficiente per chi legge a discriminare un buon disco da uno scadente. È soggettivo, dipende dalla predisposizione e dalla capacità di assimilazione di chi scrive, magari condizionato da specifici momenti e attimi di vita. Ma non possiamo racchiudere il disco in una semplice quantità numerica, è molto di più: è un insieme di emozioni, sensazioni, stati d’animo, gioia, ascolto, euforia, compassione, meraviglia. Ognuno prende quello che vuole, al di là di cosa voglia dare intenzionalmente il musicista… e Romeo ci dà tanto, davvero tanto, è un disco senza difetti, suonato magistralmente da musicisti immensi. Ci sono tanti richiami questo è fuor di dubbio, ma lo abbiamo detto all’inizio, questa è la firma di Micheal Romeo e non si scappa dalla sua sentenza. Quindi, amanti del metal in ogni sua forma, della qualità e della pulizia, inebriatevi di musica fino a scoppiare.

 

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