Recensione: War upon Man

Di Costanza Marsella - 20 Settembre 2021 - 14:49
War Upon Man
Band: Helleruin
Etichetta: New era productions
Genere: Black 
Anno: 2021
Nazione:
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78

L’artwork del lavoro che andremo ad analizzare lascia pochi dubbi: ci troviamo dinanzi ad un black metal anni novanta di stampo norvegese, senza particolari fronzoli o velleità di piegarsi alle più recenti tendenze. Ne è autore il polistrumentista e vocalist olandese Carchost, unico demiurgo della più recente creatura firmata Helleruin, War Upon Man, peraltro prima prova sulla lunga durata dopo una prolifica produzione che, dal 2016 in poi, lo vede impegnato nella pubblicazione di vari split, demo ed EP. Nonostante tale preambolo possa instillare una certa dose di scetticismo nell’ascoltatore più smaliziato, sarebbe un peccato negare una possibilità a tale apparentemente oscuro nome. Ripercorriamone dunque la ragione, lasciandoci avvolgere dalle atmosfere brumose e plumbee qui evocate.

L’apertura è affidata a None of Us, diramantesi da pochi secondi di una intro sussurrata, dopo la quale ci troviamo ben presto catapultati in un godibilissimo black n’ roll di ispirazione “darkhtroniana” (soprattutto se si pensa al periodo di Darkthrones And Black Flags), che tuttavia suggerisce la cifra del lavoro che ci troviamo davanti. Emerge difatti sin qui uno degli elementi di maggior pregio del full-length, ovverosia un equilibrio tra glaciale aggressività e piacevolissime linee melodiche intessute nei tremolo picking. No Elegance/ Enthrenchment, tratta dal precedente EP, si muove lungo un crinale maggiormente true norwegian black, arrivando dritto al cuore dell’ascoltatore con un riffing che riesce ad essere al medesimo tempo catchy e gelido. Vi trovano posto inserti acustici arpeggiati che valorizzano ancor di più la proposta fornendovi una dinamicità ed una varietà spesso assenti in produzioni simili: potremmo dire che nell’opera di Helleruin trovano indubbiamente posto gli stilemi del genere, ma filtrati da un personalissimo e peculiare approccio.

Si può dire lo stesso della successiva Passage, in grado di intessere un ordito melodico dall’afflato melanconico, ben memorizzabile sin dai primi ascolti. No Light Shines Through si adagia invece su un mid tempo dalla cadenza drammatica, che al termine del brano sfuma in un furibondo e serrato blast beat. La traccia in chiusura nonché titletrack riassume in sé le caratteristiche dei brani precedentemente analizzati, permettendo all’ascoltatore di accomiatarsi dal disco con soddisfazione. War Upon Man mantiene difatti, nei suoi poco più che quaranta minuti di durata, un inalterato livello qualitativo; non vi sono filler o tracce non ben riuscite. Paga senz’altro lo scotto di far parte di un genere caratterizzato da una produzione ipertrofica, spesso superflua, che di rado lascia emergere full-length in grado di offrire un’esperienza realmente autentica, come il suddetto.

In tal modo ci troviamo dinanzi un lavoro che, pur non avendo elementi innovativi o particolarmente avanguardistici, risulta incredibilmente fresco e vibrante. Ciò si accompagna ad una produzione sorprendente per un prodotto underground. Quest’ultima risulta infatti incredibilmente bilanciata ed in grado di sottolineare adeguatamente le partiture, senza tuttavia perdere quella patina ruvida e verace che ben ci si aspetterebbe da un tale platter. Per tali ragioni farà indubbiamente la gioia tanto dei frequentatori di lungo corso del black metal old school quanto dei neofiti.

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