Recensione: Waves Of Visual Decay

Di Fabio Vellata - 16 Luglio 2006 - 0:00
Waves Of Visual Decay
Band: Communic
Etichetta:
Genere:
Anno: 2006
Nazione:
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78

Sempre straordinariamente bravi questi Nevermore, potenti, precisi, drammatici, dotati di una classe ed un livello tecnico sbalorditivi… Warrell Dane poi è al solito superbo nell’avvinghiare la sua voce sofferta e teatrale alle trame musicali così abilmente tessute dalla band…

Ehi… cosa sono quelle facce? Ho anche sentito chiaramente partire una pernacchia da dietro al monitor di qualcuno…
Come dite?
Questi non sono i Nevermore?!? Ma veramente?
E come si chiamerebbero invece?
Communic?!?
Eppure…

Eh già, sembra proprio che questi giovanotti provenienti dalle fredde terre scandinave, giunti con questo al loro secondo appuntamento discografico, abbiano deciso di emulare in modo piuttosto fedele il grande gruppo di Seattle, autore in questi ultimi anni di alcuni dei pezzi più pregiati usciti nell’ambito del metallo più tecnico e drammaticamente pulsante.
Tutto l’impianto musicale dei Communic infatti, è diretta derivazione delle trame sonore create dal gruppo di Dane e Loomis, fatto di brani dinamici, elaborati e dalla forte carica emotiva su cui si eleva il cantato del singer e chitarrista Oddleif Stensland, veramente sofferto e dalle tinte per l’appunto teatrali e drammatiche.
Al di là dei facili commenti che inquadrerebbero una band di questo tipo come un semplice clone privo di personalità e luce propria, va comunque attribuita al combo nordico una straordinaria capacità di stendere canzoni coinvolgenti e dal profilo tecnico sopraffino, mai noiose o stucchevoli nonostante la lunga durata comune a tutti gli episodi (si va dai 7 ai 10 minuti per ogni pezzo) e quindi assai piacevoli e godibili da ascoltarsi.

Sin dall’attacco di “Under A Luminous Sky”, primo brano in scaletta, l’impressione di trovarsi di fronte ad un gruppo che fa sul serio è evidente e non lascia dubbi. La potenza esplosa dalle ritmiche sincopate e tambureggianti è una sferzata di energia deflagrante, mentre il cantato, ora declamatorio, ora urlato, in talune parti è davvero difficilmente distinguibile da quello del già citato Warrell Dane.
Inizio più d’atmosfera e con toni meno urgenti per “Frozen Asleep In The Park”. La canzone si dipana attraverso sensazioni dai tratti sulfurei e cantilenanti, alternando sfuriate in doppia cassa ad un rifferama potente e ben assestato. Il costante martellare della sezione ritmica è preludio poi di un ritornello dall’aspetto melodico ma dalla sostanza ugualmente oscura e plumbea che contribuisce a creare un feeling di drammatica epicità. “Watching It All Disappear” fornisce invece un approccio rilassato, assimilabile a band come Anathema ed Opeth per i sapori gotici e decadenti che sa offrire, sempre pervasi da una costante corrente nervosa che di tanto in tanto sfocia in solide partiture fatte di chitarre ruvide e tonante doppia cassa. La lunga “Fooled By The Serpent” si apre con riferimenti quasi black, mutando però nei soliti stoppatoni sgranocchianti che volano ad intessere una trama come d’abitudine carica di forza emotiva ed immagini “matematiche” nel loro tecnicismo magistrale ed inappuntabile.
Ancora grande atmosfera ed interpretazione “sentita” in “Waves Of Visual Decay”, canzone costruita su di un incedere anche questa volta mai troppo veloce o scattante a tutto vantaggio di una grande resa in termini di potenza e grandiosità del suono, che appare tagliente come un rasoio ma in grado di produrre solchi nettissimi come un aratro di robustissimo acciaio. Ancora una volta superbe le esecuzioni chitarristiche ad opera del bravissimo Stensland, che supportato dalla ottima sezione ritmica impattante ed inarrestabile, è libero di esprimere tutto il proprio estro e talento.
Giunge poi “My Bleeding Victim” , la traccia che più di tutte è risultata coinvolgente e degna di particolare approfondimento. L’assalto questa volta è notevole e sin dalle prime note si percepisce un sottile riferimento futuristico-industrialoide; da pelle d’oca inoltre l’entrata in campo della voce, che sembra provenire da uno spazio lontano e conduce la carica con piglio dominante e sicuro. Ottimo il ritornello che eleva al massimo l’appeal del brano, ed ancora una volta un plauso alle capacità tecniche del trio di musicisti, straordinari nelle loro divagazioni e superbi nell’interpretazione. Chiude questo intenso cd la lunga ed articolata “At Dewy Prime”, summa assoluta del valore dei Communic; nuovamente un attacco bombardante ben bilanciato da attimi sospesi di grande lirismo e comunicatività, sempre dal profilo tecnicamente indescrivibile ed in grado di risvegliare sensazioni profonde e coinvolgenti.

I Communic non sono probabilmente un gruppo originalissimo a detta di molti, tuttavia dal talento indiscutibile e di grandissimo impatto; la strada scelta sembrerebbe alla resa dei conti quella di sfruttare alcuni canoni prestabiliti da alcuni maestri del settore (i già citati Nevermore su tutti) per evolvere verso lidi maggiormente personali e riconoscibili.
Sinceramente impossibile non giudicare positivamente un album così ricco e ben suonato sebbene dal vago sentore derivativo: il fatto che questo sia solo il secondo prodotto di Oddleif Stensland e soci è già di per se garanzia di un grande futuro che, laddove corroborato da una dose sempre maggiore di idee proprie e spunti innovativi, potrebbe davvero essere importante e ricco di soddisfazioni.
“Waves Of Visual Decay” è quindi un disco del tutto valido, dalla produzione perfetta e dal sapiente bilanciamento tra aggressività, atmosfere avvolgenti e gustosi tecnicismi mai fini a se stessi che merita una attenta valutazione e non passerà di certo inosservato.
Una grande promessa!

Line Up:

Oddleif Stensland – Voce / Chitarre
Tor Atle Andersen – Batteria
Erik Mortensen – Basso
Endre Kirkesola – Tastiere

Tracklist:

01. Under A Luminous Sky
02. Frozen Asleep In The Park
03. Watching It All Disappear
04. Fooled By The Serpent
05. Waves Of Visual Decay
06. My Bleeding Victim
07. At Dewy Prime

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