Recensione: Wolf Pack

Di Roberto Forghieri - 3 Dicembre 2013 - 17:29
Wolf Pack
Band: Roadfever
Etichetta:
Genere: Hard Rock 
Anno: 2013
Nazione:
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75

La vicina Svizzera è il territorio di origine di questa female fronted band che con “Wolf Pack” giunge al secondo platter, preceduto qualche tempo fa dal DVD “Live in Geneva”.

Dal debutto autoprodotto “Wheels Of Fire”del 2009 i Roadfever si sono distinti per un’intensa attività live a supporto di gruppi come Blackfoot, Scorpions, Trust, Uli John Roth, Pretty Maids, Rhino Bucket, Eric Singer Project e Little Caesar. Oltre alla rossa Stevie “Manou” Pike alla voce, il quartetto si avvale di David Pariat alla chitarra, Jesse Be al basso e Pascal Bavaud alla batteria. Ospiti illustri della compagine elvetica sono Mat Sinner (voce) e Oliver Hartmann (cori).

La title track è una di quelle canzoni che non fanno prigionieri, southern rock che gronda dalla prima nota all’ultima con una strizzatina d’occhio al metal patinato.
“The Dice Will Roll” mette in risalto voce e chitarra: ancora un bel riff hard rock con un indovinato tormentone nel ritornello che da il titolo alla traccia.  Con “Wings Of An Eagle” chiamiamo in causa una delle band “intoccabili”, i Lillian Axe: l’incedere iniziale sembra estratto da quel gioiello che è “Love And War“ e si stempera poi in un hard rock melodico di scuola teutonica (Casanova, Mad Max, Sinner).
“Black Moon Breeze” è più bluesy, pur mantenendo un chorus catchy che pare il marchio di fabbrica di questi Roadfever: sano e robusto hard rock venato di southern ma con un’attenzione particolare per l’orecchiabilità e la facilità di ascolto.

“Magic Sun” è il pezzo che un tempo si sarebbe definito “il singolo”: chitarra acustica a go-go, la bella voce di Stevie ed il duetto con un Mat Sinner graffiante più che mai, confezionano un pezzo che avrebbero voluto scrivere CJ Snare e soci (Firehouse).
“Warning Shot” è sicuramente più frenetico, con un solo centrale che è il vero protagonista di questo altro esempio di hard rock di classe.
A seguire, “Drain Your Mind” porta in dote un riff che sa tanto di terra dei canguri e di fratellini Young e la testa comincia a dondolare alla “Fusi di Testa”.
L’ottava traccia è quindi “On The Other Side”, un mid tempo che bilancia energia e melodia e lega il tutto con un bel solo alternante velocità e note lunghe.

E’ solo con “Ride The Ocean” che i Roadfever ci mostrano il loro lato più intimista, ma non aspettatevi la solita ballad, perchè anche se l’andamento è lento, questo è un pezzo con gli “attributi”. Diversamente “Brother” è un momento acustico che forse anche per la voce di “Manou” Pike sa molto di Firehouse, mentre la ritmica aggiunge quel pizzico di Great White che non guasta.
Ancora un riff a “corrente alternata – barra corrente continua” per “Red Horse”, brano con cui i Roadfever concludono questo loro secondo lavoro.

Un bel disco per gli amanti dell’hard rock e del southern che ha un cavallo vincente nella vena melodica delle canzoni, scritte per rimanere stampate in mente e capaci soprattutto, di non annoiare mai.
Sessantuno minuti di piacevolezza che appagano quanto e forse più del “Lilla che invoglia”.
A buon intenditor…

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