Recensione: World of Pain

Di Daniele D'Adamo - 4 Gennaio 2020 - 17:02
World of Pain
Band: Horrizon
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2019
Nazione:
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80

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“World of Pain” è il terzo disco dei tedeschi Horrizon. Un disco che ha cominciato a prendere sue le forme nel 2015 ma che soltanto oggi vede la luce a causa di continui cambi formazione e di vari problemi personali patiti dai membri della formazione stessa.

Un disco che si presenta come una sorta di concept album, trattando di scene di vita quotidiana che causano dolore sia mentalmente, sia fisicamente, come del resto suggerisce suo il titolo.

Gli Horrizon praticano melodic death metal, alla maniera teutonica, però. Nessun richiamo alle leggendarie tipologie nordiche quanto un approccio calibrato su un perfetto, occorre già evidenziarlo, mix di grandi melodie e brutale aggressività.

Uno stile quindi moderno che comunque si fa apprezzare per la sua notevole professionalità e grande precisione nel rispetto dei dettami principali della foggia musicale sottesa, dettami intesi nel senso più ampio possibile del termine. Come più su scritto, non emergono grandi termini di paragoni con altri act che erogano il medesimo genere o, meglio, il medesimo sottogenere death.

La potenza in gioco, quindi, è esorbitante, frutto di un approccio frontale alla questione death. Le chitarre innalzano un enorme muraglione di suono che avanza implacabile, impossibile da fermare ma che, anzi, invita chi ascolta a inerpicarsi su di esso, accoccolandosi nelle numerose forme concave intagliate dagli ottimi assoli delle due asce da guerra. Ciò è possibile grazie a un riffing di matrice thrashy, reso possente dalla famigerata tecnica del palm-muting, e dalle traiettorie soliste disegnate nel cielo stellato da Peter Gedert e Michael Bach.

Sì, poiché quello che rende “World of Pain” un full-length diverso dai soliti cliché triti e ritriti, è il talento e la passione di Martin Gerloff, il cantante, unico responsabile del songwriting, che è stato capace di creare, materializzare, cristallizzare e di bloccare per sempre le fantastiche melodie di cui è pregno il platter.

Come sempre, quello fa crescere un album sono le canzoni. Se ci sono, bene; se non ci sono, allora il destino è l’oblio. Nel caso dei Nostri tutto ciò non accade. Anzi, a mano a mano che si susseguono i passaggi, il filotto di song si svela via via sempre più con scintillante brillantezza. Tappeti di tastiere, voci femminili e clean vocals esprimono tutta la loro armoniosità per risvegliare emozioni profondi le quali, a tema, sono spesso ammantati da una maestosa malinconia. Un mood non tetro bensì melanconico forma la base artistica sulla quale si stagliano brani dal valore assoluto eccezionale, come per esempio ‘Ancient Wisdom’, definibile, forse, come l’hit dell’intero lavoro. Anche se, è necessario rimarcarlo, non potrà mai raggiungere il mainstream per la ridetta potenza di fuoco lanciata dal combo teutonico, dotato comunque della classe necessaria per fondere assieme in maniera perfetta l’ossimoro melodic death metal. Due concetti contrari che cozzano inglobandosi a vicenda con la giusta maestria per dare la vita a un’opera ricchissima di sfaccettature a mò di caleidoscopio.

Una profondità sentimentale, si direbbe addirittura romantica, che si ode in ciascuna delle tracce. Inutile e fuorviante segnalarne qualcuna a dispetto di altre: da ‘Once in a While’ a ‘Endless Rain’ il viaggio è assolutamente esaltante, piacevole, tale da instillare nella mente di chi ascolta la voglia irrefrenabile di cominciare daccapo.

Ecco che allora, fra le pieghe del Renania-Palatinato, quasi in silenzio, lontano dai rimbalzi degli echi delle band più importanti, nasce una chicca imperdibile per tutti gli amanti del genere nonché una fra le migliori in materia del 2019: “World of Pain”.

Molto bravi, questi Horrizon, davvero molto bravi.

Daniele “dani66” D’Adamo

 

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