Recensione: Zwischen den Welten

Di Daniele Balestrieri - 5 Ottobre 2006 - 0:00
Zwischen den Welten
Band: Aaskereia
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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69

Gli Aaskereia, giunti alla ribalta nel 2003 (anno molto fortunato per il black underground) con il buon Mit Raben und Wölfen, diedero impressione di buone capacità artistiche grazie soprattutto alla militanza di Grim, originariamente parte dei Brocken Moon, il quale continua a vagare tra le band sotto contratto con Christhunt donando la sua ugola capace di evoluzioni impossibili e creandosi una fama di “cantante” (se così si può chiamare) molto particolare.

 

Un anno dopo ritornano quindi alla ribalta, e complice una certa notorietà dovuta al loro precedente album e al fatto che sono probabilmente una delle poche band ad aver prodotto come disco d’esordio un live, gli Aaskereia producono questo MCD, “Zwischen den Welten”, che consta di cinque canzoni intervallate da una strumentale. Il materiale sembra essere stato prodotto in epoche differenti, a partire da un testo del 1969 (!), “Die Flöten des Pan” fino a terminare nel 2001, 2003 e 2004.

Come si confà a ogni band black oltranzista che si rispetti, l’attitudine trasuda da ogni nota del disco e da ogni pagina del libretto: corpsepainting, violenza ostentata fino a diventare paradossale e paesaggi cupi e inquietanti cesellano i testi scritti in gotico teutonico.

Sebbene ci si potrebbe aspettare un maelstrom antihuman sulla falsariga di Mit Raben und Wölfen, sul partire di “Erkenntnis” arrivano le prime sorprese: maestose, turbolente chitarre sferzano l’aria all’urlo degenerato di Grim finché non iniziano i primi pezzi altamente melodici, e ritornano alla memoria i brani più atmosferici e coinvolgenti di un Taake di “koldbrann i jesu marg”, o degli Empyrium, fino ad arrivare alle opere più drammatiche di un Burzum di hvis lyset tar oss, lavoro di tutt’altra caratura ma che occhieggia in più di un passaggio.

 

Il perché è presto detto, il cantato è diviso tra un pulito “epico” alla Isengard e uno sporco urlato, sgraziato, in stile Vikernes. Ed è un piacere lasciarsi trascinare da questo piccolo album di canzone in canzone, tanto più che la sua breve durata (poco più di 20 minuti) aiuta nell’immedesimazione e nell’annichilimento della coscienza. Brevi e taglienti gli assoli, fragorosi e ripetitivi i riff nel puro stile black minimalista norvegese, e roboanti le percussioni, piacevolmente interrotte da brevi passaggi acustici che hanno tempo – e possibilità – di dialogare con l’ascoltatore.

Non troppo di nuovo sotto al sole, a dire il vero, semplicemente un altro disco di black germanico di chiara scuola Christhunt, comprensivo di produzione sepolcrale e logo incomprensibile. Il problema più pressante probabilmente è l’abitudine a un cantato così estremo. I devoti alla nera fiamma non batteranno ciglio, e godranno tra i selvatici passaggi di “Der stille Schrei” alternandosi ai momenti più corali di “Im Schattenlicht, zwischen den Welten” (probabilmente la traccia più evocativa), mentre chi non è avvezzo a certe sonorità potrebbe storcere il naso o addirittura scoppiare in una fragorosa risata.

 

Beh, questo disco non è per quel tipo di persone. “Zwischen den Welten” è un album abrasivo, gelido e decisamente atmosferico, dedicato ai seguaci del nero metallo made in Europe. E che ognuno si riscaldi accanto al proprio fuoco.

 

TRACKLIST:

 

1.         Erkenntnis       

2.         Die Flöten des Pan       

3.         Instrumental     

4.         Der stille Schrei

5.         Im Schattenlicht, zwischen den Welten

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