Live Report: Glamattak a Romagnano Sesia (NO)

Di Fabio Vellata - 19 Aprile 2010 - 0:05
Live Report: Glamattak a Romagnano Sesia (NO)

Live report a cura di Fabio Vellata

Sabato 17 aprile 2010.
Sbarca in Valsesia il Glamattak Festival, tradizionale kermesse dedicata al glam rock sorta sul finire degli anni novanta e giunta in questo 2010 al dodicesimo appuntamento.
Ideato dal singer Harry e dai torinesi Hollywood Killerz, l’evento si è da sempre contraddistinto per la buona amalgama tra realtà emergenti e grandi professionisti dal notevole richiamo internazionale, pronti ad avvicendarsi sulle assi del palco all’insegna del rock più ruvido e selvaggio.
Teatro della manifestazione è stato questa volta il Rock n’Roll Arena di Romagnano Sesia, locale divenuto nel recente periodo, uno dei punti di riferimento più apprezzati dagli amanti della musica live della zona.


A sostenere il ruolo di headliner, già appartenuto negli anni passati ad Alice Cooper, Nasty Idols, Tigertailz, The Dogs D’Amour, Love/Hate e Shameless, sono stati scelti per l’occasione gli svedesi Crashdiet, band in procinto di pubblicare il terzo capitolo discografico in carriera e particolarmente amata dai fan del genere.
A supporto del quartetto scandinavo, ben quattro gruppi nostrani: oltre agli organizzatori Hollywood Killerz – come di consueto chiamati ad esibirsi in posizione da co-headliner – i convenuti hanno potuto apprezzare le performance di Lucky Bastardz, Party Tonight e Radio Night, in una panoramica di suoni tutto sommato varia, compresa tra lo street glam tinto di melodia e la più verace e furibonda rappresentazione del thrash n’roll d’assalto.



Tocca proprio ai novaresi Radio Night l’onore di aprire la serata.
Esordienti, con all’attivo un solo demo di quattro pezzi (per altro, distribuito in forma del tutto gratutita all’interno del locale), i cinque giovani musicisti denotano sin dalle prime battute una discreta confidenza con il palco, trascinati dal frontman Andrea “AC/DC” (non troppo originale il nickname) e dal buon affiatamento di gruppo.
Non ancora di particolare menzione i brani, in linea di massima aderenti a stilemi iper consolidati e non troppo personali, ma comunque accettabilissimi per una resa live senz’altro dignitosa.
Qualche problema acustico (il suono del basso che, almeno per i primi due-tre pezzi, sovrastava inopportunamente i restanti strumenti) non ha scoraggiato il quintetto, autore di una prova più che sufficiente e già piuttosto professionale.
 


 



 

Ancora pochi i presenti all’interno dell’arena, quando giunge il momento dei Party Tonight.
Gruppo milanese fresco autore del primo album d’esordio, il sestetto spicca per l’utilizzo – non certo usuale in contesti hard rock – della doppia voce maschile e femminile, elemento già di per se in grado di offrire originalità alla proposta.
Attivissimo e scatenato il singer Chris Dandy, mentre un po’ più in ombra è apparsa la vocalist Michelle, in questa occasione, forse a causa di una resa non del tutto consona, confinata in un ruolo decisamente marginale.
Molta energia e voglia di offrire un po’ di adrenalina al pubblico, si scontrano a più riprese con il profilo insolito delle canzoni. Un livello compositivo ancora da assestare presta, in effetti, un po’ il fianco a strutture talora ripetitive e prive di dinamismo, condizionando l’incisività e la presa su chi ascolta.
Il tentativo di costruire qualcosa di leggermente nuovo e discostato dalla consuetudine è evidente ed apprezzabile anche in sede live, tuttavia, la mancanza di hookline davvero immediate è al momento una caratteristica “limite” per la band meneghina, ardimentosa, affiatata e carica di buoni propositi, ma ancora da rodare a fondo.
 



Arrivano le 22, e si appresta l’orario programmato per l’uscita in scena dei potenti Lucky Bastardz, band alessandrina presente sul mercato da qualche mese con il debut album “Hated For Who We Are” che, come descritto in sede di recensione, non ci aveva effettivamente convinto oltre misura.
Come ad ogni modo prevedibile, il quartetto tricolore, forte di canzoni selvagge, compatte, e prive di ogni orpello, si rende protagonista di un’autentica trasformazione quando chiamato ad esprimersi in concerto, regalando quella che, a parere del sottoscritto, è stata l’esibizione migliore e più convincente della serata.
Duri come il cemento, potenti come un caterpillar e determinati come un commando all’assalto, i Lucky Bastardz macinano come un treno note su note, offrendo una prova di forza inequivocabile e gagliarda.
Forse i meno adatti al contesto, in virtù di un sound che partendo dal rock n’roll svisa pericolosamente sul thrash da “battaglia”, i quattro musicisti recano gli unici elementi di sottile richiamo glam nella bandana del bass player Evan e nell’eyeliner dell’ottimo chitarrista Paco, bilanciati tuttavia, dalla carica guerresca del frontman Geppo, truce rappresentate delle frange più iraconde dell’hard rock.
Passati in rassegna i pezzi clou del disco d’esordio, tra cui spiccano le scalcianti “I’m a rocker, don’t blame me” e “Reborn Again”, oltre all’ironica e delirante “Rotten Pussy”, i quattro sciorinano ottima presenza scenica ed una professionalità insospettata, mostrando tutte le migliori qualità di canzoni non certo originali, ma capaci di trasformarsi in lapilli di lava incandescente quando eseguite dal vivo.
Una sorpresa ed una scoperta per un combo che, qualora abile nell’affinarsi anche in sede di songwriting, potrà davvero offrire elementi di soddisfazione ai propri già numerosi fan.


Trascinata dalla prestazione incendiaria dei Lucy Bastardz, l’Arena di Romagnano si avvicina sempre più ai limiti del sold out, pronta ad accogliere l’arrivo degli organizzatori dell’evento, i torinesi Hollywood Killerz.
Presente sulla scena da ormai una decina d’anni, la band piemontese giunge solo in questi mesi alla release del debut album ufficiale dopo la pubblicazione della consueta serie di demo ed Ep.
Una militanza lunga ed apprezzata che ha visto Harry e compagni protagonisti costanti del Glamattak, festival nato con l’intento di offrire visibilità al genere ma, al contempo, come ammesso dallo stesso frontman, utile veicolo per consentire al gruppo di farsi conoscere e maturare contatti.
Un’ora circa di concerto in cui dar sfogo ad uno street rock venato di punk non certo sovrumano, eppure eseguito ottimamente e carico d’energia. Setlist corposa (dodici i brani proposti) e simpatici intermezzi di dialogo con il pubblico – compresa la premiazione del fortunato vincitore della “riffa” serale, consistente in una copia del nuovo CD dei Crashdiet con tanto di stelle filanti a profusione ed applausi – per un nucleo di musicisti dall’indubbia professionalità che, per motivi piuttosto ignoti, non ha sinora goduto del giusto supporto discografico.
L’esperienza di anni di concerti e di frequentazioni con i grossi calibri del settore, si vede e si sente. Non mancano le pecche a livello di suono, in particolare – abitudine dell’intera serata – nelle parti iniziali della performance, pur tuttavia l’affiatamento degli Hollywood Killerz ed il taglio da navigati esponenti della scena glam nostrana non tarda ad emergere nel giro di breve.
“700.000”, nuovo singolo, “Girls r Dead”, “How (Could I)” e la martellante “Teenager Meltdown” i momenti di maggior enfasi dell’esibizione, caratterizzata da un atteggiamento davvero disponibile nei confronti della platea (notevole il bassista, che ha trascorso ogni intermezzo tra una canzone e l’altra omaggiando decine di bottiglie di birra alle prime file del pubblico) e dalla personalità da consumato rocker del singer Harry.
Un buon modo per scaldare gl’animi, nell’attesa del momento clou, quello ovviamente, riservato alle stelle della manifestazione, gli svedesi Crashdiet.
 


È da poco trascorsa la mezzanotte quando i tendoni del Rock n’Roll Arena vengono accostati per favorire il soundcheck degli headliner della serata.
Un’attesa non interminabile per la verità, tuttavia sufficientemente lunga da rendersi spasmodica per i die hard fan del gruppo, agitati ed in preda all’emozione già da qualche minuto. Intro scenografica, breve momento pre registrato e fuoco alle polveri senza indugio per l’evento saliente di questa dodicesima edizione del Glamattak.
Ultimo a comparire sulla scena, il frontman Simon Cruz, nuovissimo acquisto chiamato a raccogliere l’eredità di Dave Lepard, membro originario e fondatore della band, scomparso tragicamente nel 2006 e di Olliver Twisted, singer attivo nei ranghi del combo svedese sino alla pubblicazione del precedente “The Unattractive Revolution”.
Cruz, proveniente dai misconosciuti Jailbait, sembrerebbe essere scelta azzeccattissima: arrogante aria da glamster metropolitano, movenze da consumato animale da palco e presenza scenica notevole, ricorda per certi versi una versione più cotonata del celebre Billy Idol, precursore con i GenX della scena glam punk europea.
Una setlist breve ma decisamente intensa – poco più di un’ora – porta al coinvolgimento totale del pubblico, ormai divenuto numerosissimo ed alquanto “caldo”.
I consueti difetti audio sperimentati in precedenza, non mancano di comparire anche in quest’occasione: primi due brani con la voce del singer pressoché azzerata e distorsioni costanti. Il tempo di assestare i volumi e riportare i suoni a livelli ottimali da parte di tecnici ben preparati ad ogni evenienza, ed il concerto del quartetto scandinavo può finalmente entrare nel vivo.
Con una scaletta ben suddivisa tra i due platter precedenti, ed arricchita da un trio d’estratti colti dal nuovissimo “Generation Wild”, l’esibizione ha passato in rassegna alcuni degli episodi migliori proposti nella seppur breve carriera dai Crashdiet.
“Riot In Everyone”, “Breakin’ The Chainz”, “Tikket”, “It’s a Miracle”, “Queen Obscene”, “In The Raw”, per arrivare al climax di “Falling Rain” – probabilmente ad oggi, il pezzo più noto della band di Stoccolma – sono stati momenti molto graditi alla platea, partecipe e pronta ad accompagnare Cruz (protagonista in vari frangenti, anche alla chitarra ritmica) con cori ed incitamenti
Ben accolti anche i tre nuovi brani, “So Alive”, “Native Nature” e soprattutto “Generation Wild”, canzoni dai ritornelli ficcanti e dall’ottima resa live.
Inappuntabili i tre sodali di vecchia data Sweet, London e Young, l’unica piccola delusione deriva forse dallo striminzito bis concesso – un unico brano – per altro giunto dopo un’inopportuna e troppo tempestiva sollecitazione al pubblico da parte di un roadie, segnale dell’evidente desiderio della band di non andare troppo per le lunghe, considerata forse la stanchezza accumulata in questi giorni d’esibizioni ravvicinate e la successiva ed imminente data di Trento, località non certo a “portata di mano”.

Ottimi ad ogni modo gli esiti che, seppur distribuiti in un lasso di tempo effettivamente esiguo – merito come ovvio, anche della discografia non nutritissima del gruppo scandinavo – hanno permesso di testare dal vivo una delle più fulgide e convincenti realtà glam rock attuali, band su cui scommettere ad occhi chiusi per gli anni a venire.

Ottimo festival, bill di tutto rispetto ed eccellente risposta da parte del pubblico. La dodicesima edizione del Glamattak va dunque in archivio, confermandosi appuntamento di valore e richiamo per gli amanti di questo genere di sonorità.
In conclusione, due parole per il Rock n’Roll Arena di Romagnano. Tolti i già evidenziati problemi audio, fisiologici, pressoché inevitabili ad ogni livello e risolti con pronta tempestività, l’organizzazione non ha mostrato crepe o incertezze, garantendo un adeguato supporto in ogni evenienza.
Un buon biglietto da visita per il locale Valsesiano, che ci auguriamo possa divenire in futuro prossimo, ancora più frequentato e protagonista di analoghe manifestazioni concertistiche di prestigio.