Live Report: Textures a Romagnano Sesia (NO)

Di Fabio Vellata - 8 Marzo 2012 - 10:00
Live Report: Textures a Romagnano Sesia (NO)

Una serata ad alto voltaggio quella proposta lo scorso 2 marzo presso la Rock n’ Roll Arena di Romagnano Sesia, teatro della discesa italica degli olandesi Textures – originale e particolarissima band dalle connotazioni uniche – accompagnati per l’occasione dai britannici Sylosis e dagli ottimi Destrage, funambolico combo tricolore fautore di un sorprendente crossover dai convincenti risvolti tecnico strumentali.

Live report a cura di Fabio Vellata.

Metal estremo ed evoluto, improvvise e sensazionali aperture melodiche, cifra tecnica sopraffina e gigantesche tonnellate di riff fumanti, sono stati il menù ricorrente di una serata molto gradevole e ben assortita, accolta con favore da un pubblico non propriamente elevato nei numeri, ma giunto in misura più che sufficiente a garantire una buona partecipazione ai live show, mista ad un’ottimale vivibilità della sala, non stipata sino allo stremo come in altre date.
La consueta buona organizzazione del locale, inattaccabile sotto ogni punto di vista – suoni inclusi – ha fatto poi il resto, offrendo una cornice adeguata per l’unica tappa nel bel paese del “Shedding The Anger Tour 2012”.

 

Trascorse da poco meno di un quarto d’ora le ore 22.00, il palco dell’arena prende vita per ospitare il primo gruppo in scaletta, gli italianissimi Destrage.
Non proprio una band grind o death, ma nemmeno alternative, ne tanto meno completamente hard core o hard rock, il quintetto milanese ha da mettere in gioco una fresca vitalità che coinvolge senza riserve la platea, mescolando riff debordanti alla Brutal Truth, con ritornelli melodici di facile presa e divagazioni strumentali di primissimo piano.

Eccellente la bravura dei due chitarristi Matteo di Gioia e Ralph Salati, un dualismo perfetto di precisione e genialità, amalgamata con una rhythm session quadrata come il porfido e l’energia del singer Paolo Colavolpe, una sorta di giovane Henry Rollins nostrano con parecchi chili in meno.
Mezz’ora tirata e diretta come un treno, all’interno della quale comprimere un serrato pugno di pezzi i cui apici possono essere riconosciuti nell’ironica “Panda Vs Koala e nell’eccellente hit “Jade’s Place”, un fiume di note impazzite dal chorus orecchiabile e dagli improvvisi break death n’roll.
Una scoperta davvero convincente!
 

 

Breve cambio di strumentazione, veloce prova dei microfoni ed è già il momento di gustare on stage la furia scatenata dai britannici Sylosis.
Ancora privo della seconda chitarra Alex Bailey, vittima lo scorso mese di dicembre di un grave incidente con conseguente frattura di un braccio, il gruppo inglese si presenta comunque nella classica formazione a quattro grazie all’assistenza di uno dei roadie aggregati, elemento piuttosto singolare nella forma (“caratteristiche” le ciabatte modello Espadrillas indossate durante il concerto e l’aria da “qui-ci-sono-capitato-per-caso” dipinta sul volto), quanto poi prezioso, preparato e sicuro nell’esecuzione dei brani.
Con l’assenza di Bailey, la band guidata da Josh Middleton (voce e chitarra) perde forse qualcosa a livello visivo, offrendo una sensazione di affiatamento sul palco non proprio brillantissima. La staticità del frontman – mai troppo “mobile” durante l’esibizione – viene tuttavia in parte compensata dall’esuberanza e dalla fisicità del bassista Carl Parnell, decisamente più “scenografico” e propenso all’headbanging.

 

Di tutt’altro effetto il lato esecutivo: a livello sonoro i Sylosis, in effetti, si rivelano una potente macchina da guerra. Riff assassini che rimandano un po’ allo swedish death ed alla furia slayeriana, assalti melodici improvvisi e – a consolidare uno dei temi portanti della serata –  tecnica di qualità eccelsa, sono gli ingredienti di una prestazione feroce, solida e compatta.
I presenti mostrano di gradire: le scapocciate ai ritmi fulminanti delle roventi “Empyreal” e “Altered State Of Consciuosness” si sprecano e le bordate soniche prodotte dal gruppo di Reading non lasciano dubbi sulla bontà del loro death/thrash.

 

 

Qualche attimo in più di pausa per rifiatare dopo la “tirata” offerta dei Sylosis, prima di testare finalmente da vicino il pezzo forte dell’evento, i fascinosi ed elaborati Textures.
Oltre alle solite prove microfono e test dei suoni, il palco va in gran parte sgomberato per dare spazio alla formazione olandese composta da ben sei elementi: introdotti da una curiosa e bizzarra canzoncina da cartone animato, il sestetto si affaccia on stage poco dopo le 23.30, accolto dagli applausi del pubblico, divenuto nel frattempo consistente nei numeri, sebbene mai al punto tale da congestionare la sala.

Giunto sul finire del 2011 alla pubblicazione del quarto album in carriera, il gruppo olandese è reduce da pesanti rimaneggiamenti di line up occorsi nell’ultimo anno e mezzo: il nuovo singer, Daniël de Jongh ed il nuovo tastierista, Uri Dijk, si sono, infatti, aggiunti al bassista Remko Tielemans ed ai membri fondatori Bart Hennephof, Jochem Jacobs (chitarre) e Stef Broks (batteria), a completare un ensemble che appare decisamente affiatata e padrona della scena sin dalle prime battute dello show.
L’apertura affidata alla classica “Surreal State Of Enlightment” consente al sestetto di produrre immediatamente una sorta di climax emotivo, ottenuto grazie all’incedere di un brano che si dipana lungo un riff ripetuto, prima di lasciare spazio alla furiosa “Regenesis”, momento in cui i presenti capiscono che i Textures stanno iniziando a far sul serio.
L’impatto è garantito in modo duplice: canzoni suonate con potenza, precisione e sicurezza ed una presenza scenica mai statica o ingessata. Bello, in effetti, vedere tutti i musicisti saltare su e giù per il palco ad ogni canzone, compreso il tastierista in preda a crisi da headbanging furibondo, al limite della “craniata” sui tasti del fedel strumento.

I momenti piacevoli si susseguono in piena scioltezza: riff pesanti e quadrati come enormi macigni di marmo si avvitano su improvvise svisate melodiche dal sapore astratto ed onirico. La terrificante “Stream Of Counsciousness” scatena un primo accenno di pogo tra le prime file, seguita dalla più recente e moderatamente melodica “Sanguine Draws The Oath”, prima di arrivare ad uno dei punti più alti della serata: l’esecuzione della meravigliosa “Awake”.
È a dir poco struggente il poter ascoltare dal vivo una composizione di tale forza emotiva ed intensità: la performance di de Jongh non fa rimpiangere il precedente singer Eric Kalsbeek ed il pubblico, impegnato ad accompagnare il grandioso ritornello, pare proprio confermare.
Unico estratto dal debut “Polars” del 2004, la meccanica “Swandive” riporta il concerto sulla rotta del death metal oltranzista e spaccaossa. Un’altro accenno di pogo, prima della parte conclusiva dello show, affidata alla minacciosa “Old Days Born Anew”, alla meno oscura “Singularity” ed alle note della potente “Laments Of An Icarus”.

 

 

Uno spettacolo di primo piano degno di tale nome, non può tuttavia prescindere dai doverosi bis, con un piccolo cambio di programma che pare sorprendere il batterista Stef Broks ma che accontenta la platea, protesa a chiedere a gran voce l’esecuzione della straordinaria “Reaching Home”, pezzo forte del recente “Dualism”.
Un riff perfetto, limpido e trascinante ipnotizza la sala, introducendo per l’ultima volta i presenti nel magico universo dei Textures. Il brano scalda ancora una volta i cuori, prima di lasciare spazio alla chiusura originariamente in programma, affidata alla tiratissima “To Erase A Lifetime”.

La musica dei Textures, quel misto inafferrabile di massicci ed apocalittici riff alla Meshuggah, miscelati ai sognanti voli di fantasia tipici del songwriting del grande Devin Townsend, si è così dimostrata affascinante, ricca e coinvolgente una volta proposta sul palco, esattamente come quando ascoltata su disco.
Un gruppo unico ed evoluto, dalla tecnica individuale sopraffina e con la capacità, rara quanto un germoglio nato sul cemento, di emozionare colpendo nel profondo dell’animo prima ancora che alla bocca dello stomaco.
Un piccolo sogno avverato per il sottoscritto – da tempo grande sostenitore del combo olandese – e di certo una soddisfazione notevole per l’intera audience accorsa venerdì sera al Rock n’Roll Arena di Romagnano Sesia, testimone di una serata praticamente perfetta.

Fabio Vellata

Setlist:

01.    Surreal State Of Enlightment
02.    Regenesis
03.    Storm Warning
04.    State Of Counsciousness
05.    Sanguine Draws The Oath
06.    Consonant
07.    Awake
08.    Swandive
09.    Old Days
10.    Singularity
11.    Laments Of An Icarus

Encore:

12.    Reaching Home
13.    To Erase A Lifetime