Heavy

Recensione Libro: Strana Officina (Batti il Martello)

Di Stefano Ricetti - 6 Gennaio 2016 - 0:10
Recensione Libro: Strana Officina (Batti il Martello)

Batti il Martello

La biografia ufficiale della Strana Officina

di Alex Ventriglia e Luca Fassina

Crac Edizioni

156 pagine

18 euro

Isbn: 9788897389255

Promozione: NFC

Distribuzione: Messaggerie Libri

 

Attesissimo dai fan, dopo una lunghissima gestazione, approda finalmente sugli scaffali delle librerie Batti il Martello, la biografia ufficiale della Strana Officina. Curatore dell’opera Alex Ventriglia, vecchia triglia – a di là della rima – della carta stampata metallara tricolore il quale si è avvalso della preziosa collaborazione di Luca Fassina, già autore del libro sui Vanadium, anch’esso della Crac Edizioni, per completare il lavoro.

Il risultato è un prodotto di 156 pagine comprensivo di sedici foto a colori e oltre cinquanta in bianco e nero atte a raccontare, anche visivamente, una fra le storie più epiche e leggendarie dell’hard’n’heavy tricolore. Titolo migliore non poteva essere scelto: Batti il Martello è molto più di uno slogan. E’ l’archetipo uno stile di vita, che affonda le proprie radici nella siderurgicissima Livorno degli anni Settanta, città simbolo del ribollire operaio di un’Italia che iniziava a fare i conti con i problemi successivi agli anni del boom economico. La Strana Officina incarna, da sempre e al meglio l’espressione “Farsi il mazzo nella vita e nello stesso tempo riuscire a suonare”, tanto che per molti il gruppo toscano rappresenta la risposta tricolore più credibile ad altre band provenienti dall’Inghilterra, emanazioni della working class, come Saxon e Motorhead. Non a caso, come raccontato all’interno del libro, la folgorazione sulla via di Damasco da parte del gruppo nei confronti dell’heavy metal avviene successivamente a un concerto in terra italica tenuto dagli Stallions dello Yorkshire, nella loro splendida e irripetibile line-up Byford, Gill, Dawson, Oliver, Quinn. I precedenti musicali in quel dell’Officina Cappanera posta in una piazzetta di Livorno riportano a un amore sviscerato per il Blues che presto si tradurrà in partiture dall’anima rock con il cantato in italiano. Protagonisti di quel sogno sono Fabio Cappanera (chitarra), suo fratello Roberto (batteria), Enzo Mascolo (basso) e Johnny Salani, cantante e autore di bellissimi testi in lingua madre.

La naturale evoluzione delle cose porterà il gruppo ad abbracciare le sonorità dure dell’HM grazie anche all’innesto di un interprete di razza dietro al microfono quale Daniele Ancillotti detto Bud, un animale da palco che ben si sposa con le efferatezze del Metallo che da tempo stavano pian piano invadendo anche il Nostro Paese. Ad accompagnare il singer Marcellino Masi, chitarrista, che contribuirà a rendere ancor più piena e possente la proposta della “Strana”.

L’abbandono del cantato in italiano su Ritual, successivo all’Ep d’esordio omonimo del 1984 e sublimato all’interno di Rock’N’Roll Prisoners dell’88 porterà la band ad una nuova dimensione, non senza qualche mugugno da parte dei die hard fan della prima ora che comunque non riuscirà a fermare la strada intrapresa dal gigantesco camion simbolo stesso del gruppo, capace di riprendere il proprio cammino anche dopo la tragica dipartita dei fratelli Cappanera, avvenuta nel luglio del 1993 e di Marcellino Masi, nel 2002. A fianco dei vecchi timonieri Bud Ancillotti ed Enzo Mascolo la nuova linfa griffata Cappanera instillata da Dario e Rolando permetterà di girare ancora l’Italia in lungo e in largo sulla spinta del devastante The Faith del 2007, album in grado di dimostrare quanto sapesse ancora picchiare la Strana Officina con i pezzi storici e Rising to the Call del 2010, un disco di inediti atteso da danti anni dalla moltitudine dei fan.   

Batti il Martello, al netto di un paio di inciampi tecnici, sviluppa la storia narrata per sommi capi poc’anzi in maniera fluida, come era lecito attendersi da due garanzie HM quali Ventriglia e Fassina. A rendere ancor più livornesi gli accadimenti ci pensano alcuni azzeccati inserti ed espressioni della parlata tipica di quelle lande – sgranata, aggeggiarsi – solo per citarne un paio, che vengono distillati all’interno del susseguirsi delle vicende. Tenendo conto che all’interno delle 156 pagine vi sono molte fotografie e i testi di parecchi brani, nasce legittimo l’interrogativo che probabilmente, per una band del peso specifico della Strana, sarebbe valsa la pena aggiungere un po’ più di polpa al lavoro, puntando su di un maggiore approfondimento dei vari passaggi chiave della carriera del gruppo, così come qualche ulteriore intervento condito da aneddoti da parte dei vari interpreti sarebbe stato gradito e funzionale all’economia generale del volume.

Resta il fatto che, anche dopo essersi goduti il prodotto griffato Crac Edizioni – con ancora Non Sei Normale, Beat the Hammer e Autostrada dei Sogni che idealmente riecheggiano nelle orecchie – la protagonista del libro sia una band che avrebbe meritato molto di più, senza dubbio quantomeno di farcela una buona volta a vivere di sola musica in questo Paese, insieme con una manciata di eroici colleghi musicisti degli anni Ottanta italiani. Ma la storia narrata da Ventriglia ci racconta altre cose: alla Strana Officina come ad altri gruppi meritevoli non è mai stata data una vera possibilità – di quelle con la “V” maiuscola -, con la complicità implicita di un po’ tutti gli addetti ai lavori, fan cronicamente esterofili inclusi… Un vero peccato mortale.   

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

 

SO Cover front