Black

Intervista Asofy (Tryfar)

Di Stefano Santamaria - 11 Marzo 2017 - 0:11
Intervista Asofy (Tryfar)

Non abbiamo perso l’opportunità di parlare con Tryfar, artista protagonista del progetto Asofy, la cui passione e sensibilità musicale ci ha colpiti.Non perdiamo tempo allora, e vediamo cosa ha da dirci. Una chiacchierata informale, in cui ci ha raccontato di sè e del proprio progetto musicale. Buona lettura allora. 

Intervista a cura di Stefano”Thiess” Santamaria

 

Ciao Tryfar, benvenuto su Truemetal. Complimenti per il tuo ultimo lavoro in studio.  Parlaci di Nessun Luogo.  Abbiamo letto che parli della zona in cui vivi. Ci racconti meglio di cosa si tratta?

Grazie, si, a livello simbolico il disco ruota attorno a dei pensieri e delle memorie riguardo la zona in cui sono nato e abito: la periferia di una grande città, un tempo una zona prevalentemente industriale (c’erano un’acciaieria, una chimica e altre piccole/medie aziende) attorno alla quale si è sviluppato un piccolo quartiere. Col tempo tutto ciò è sparito, il piccola area abitativa si è allargata, è cresciuta sullo spazio ex-industriale lasciato libero da anni e in quegli anni di abbandono il quartiere aveva un sapore particolare, separato dal resto della città da ampie zone inutilizzate, si accedeva al quartiere in auto solo in un punto come se fosse una frontiera, e in un altro esclusivamente a piedi passando dalla stazione ferroviaria; poi si è iniziato a smantellare e costruire, le persone hanno iniziato ad aumentare, mischiarsi, partire, sparire… Tutto ciò probabilmente è normale, succede un po ovunque ma sicuramente questi cambiamenti (sempre più frequenti ai margini di una grande città) cancellano qualcosa e rendono sempre più difficile il legame tra le persone e il territorio e tra le persone stesse.

 

asofy nessun luogo

 

Pensi che in qualche modo, il cambiamento che c’è stato nel luogo in cui vivi, abbia rivalutato anche la considerazione per esso?

Se un tempo il quartiere poteva considerarsi sostanzialemnte un “piccolo paese” ora è soprattutto un luogo di passaggio. Chi ci vive è in balia di cambiamenti costanti, se da un lato tutto si è velocizzato, dall’altro certi cantieri rimangono aperti e inconclusi per anni, decenni anche. Pochi credo si soffermano a considerare o a “valutare” il nuovo posto in cui abitano, più che altro lo usano.

Con questo non voglio dire che prima era meglio, anzi con la costruzione di nuovi spazie si sono formate delle zone anche più vivibili (di fianco ad altre che invece non verranno concluse mai, o chissà fra quanti anni), il probema forse è solo mio, ma sento che la memoria, il ricordo, sono destinati ad appassire a non avere più importanza, che la maggior parte delle persone “viaggiano” in un unico senso, senza fermarsi mai nemmeno a porsi qualche domanda, qualche dubbio, e rimangono sospese in un limbo, la memoria si corrode, e di questi tempi in molti sono interessati a sfruttare questa corrosione, questo straniamento, per propri fini politico-sociali.

 

Presentati ai lettori di Truemetal.  Come nasce in te la passione per la musica e da cosa deriva il tuo monile Asofy?

Asofy è un progetto che ormai esiste dal 2000, ma rimane giustamente un progetto di nicchia. A me interessa soprattutto svlluppare un contesto musicale personale, in qualche modo sperimentale, senza legarmi a coordinate musicali ben precise, mi basta che il risultato rimanga scuro e introspettivo.

Asolto musica ormai da parecchio tempo e sono tuttora un’ascoltatore, la musica è la forma d’espressione che preferisco e l’unica di cui non posso a fare a meno.

Il nome Asofy è in realtà un anagramma di cui però non vorrei svelare il significato, ma mi è piaciuta molto l’interpretazione/definizione che tempo fa il mio ex musico e amico Empio ne ha dato: a-sofia, ovvero mancanza di sapienza, un po il contrario di filo-sofia; questo concetto non è riferito tanto al contenuto di Asofy, ma ad una considerazione interessante, un neologismo che potrebbe tranquillamente essere usato per descrivere molte odierne dinamiche sociali, anche quelle su cui rifletto in “Nessun luogo”.

 

asofy band 2

 

Il disco è decisamente atmosferico. Non hai mai fatto mistero di voler puntare sulle ambientazioni. Pensi che, in questi anni, Asofy sia evoluto comunque in qualcosa di diverso? E se sì, in cosa? 

Si, l’atmosfera è sicuramente ciò che lega tutta la musica di Asofy che non è basata quasi per niente sulla tecnica esecutiva. Come dicevo il mio interesse è lo sviluppo -nel mio piccolo sperimentale- di una malgama particolare di suoni e vibrazioni, la maggior parte di cui frutto della sola chitarra/basso. Considero Asofy una sorta di “folclore personale” quindi legato alla -mia- tradizione musicale. Credo che Asofy si sia evoluto per il solo motivo che non seguendo un genere in particolare non mi interessa ripetere determinati canoni e di volta in volta mi piace darmi delle coordinate semplici ma abbastanza precise da seguire, in Nessun Logo ad esempio (a parte il lato concettuale) la base su cui mi sono mosso era quella di “snellire e rallentare”, di togliere piuttosto che aggiungere. Come costante cerco di creare delle melodie inusuali, sospese.

 

asofy nessun luogoin

 

Il black metal è un genere che, negli anni novanta, forse per l’immensa quantità di band presenti, si era deflazionato. Oggi forse,  le cose sono cambiate. Tu cosa ne pensi, e soprattutto, come pensi in Italia si stia muovendo il movimento?

Parlare di Black Metal nel contesto di Asofy a qualcuno farà venire dei brividi, eppure si, sono partito in origine proprio da li e tuttora lo considero la mia base assieme al doom.

Probabilmente c’è stato un periodo (forse tra la fine dei 90 e i primi anni del 2000) in cui usciva musica molto simile, una fase di saturazione che ha portato ad una disaffezione al genere. Ma non sono nemmeno sicuro che sia del tutto vero, se non teniamo conto dei grandi nomi (che sono quelli che creano problemi data la loro visibilità e a volte vuotezza), secondo me si riesce sempre a rintracciare un manciata di gruppi, non sempre gli stessi, che di anno in anno han fatto cose notevoli magari passate in secondo piano o nemmeno notate, ma riscoperte e rivalutate anni dopo; succede sempre così.

A mio parere il black rappresenta (in tutte le sue varianti, non nella sua sostanza più primitiva) la forma musicale più libera all’interno di tutto il panorama metal e forse non solo. Tanto che ormai molti gruppi hanno una chiara base black ma diventa difficile costringerli in una catalogazione ben precisa.

Personalmente non faccio parte di nessun movimento quindi non saprei dirti nemmeno se effettivamente esiste. Per me il “movimento black” è prettamente creativo/espressivo, quindi magari non conosco nessuno o conosco veramente pochi, ma posso dire che in Italia da tempo ci sono ottime realtà (Earth and Pillars, Thaclthi, Tundra, Hornwood Fell…), anche piuttosto diverse fra loro (e questo è sempre un bene) e onestamente apprezzo di più le nuove band rispetto a quelle del passato, per fare qualche altro nome ultimamente mi sono piaciuti i Sedna e i Raspail.

 

Quali progetti hai per il futuro di Asofy? Stai già pensando a qualcosa di nuovo?

Non ho progetti e non sto pensando a nulla di nuovo, anzi, secondo me bisogna rallentare, fare meno. Onestamente non capisco come si possa fare un disco all’anno, ormai il metal sembra una catena di montaggio, tutti di corsa a fare album su album, ep, split, un mare di ristampe… Certo, c’è chi ormai fa musica “per lavoro” e ogni anno deve produrre, ricavare (se ci riesce in questo marasma estremamente competitivo).

Ma io non riesco a concepire la musica -il metal in particolare- in questo modo, per me è un’espressione, uno sfogo, e quindi non so mai se e quando riuscirò a creare qualcos’altro.

Ecco, forse l’unica cosa che potrei accennare è che in futuro mi piacerebbe lavorare attorno al concetto di amusia (mancanza di armonia) sia sul piano prettamente musicale che sociale.

 

La musica che proponi è di certo malinconica, ma non ho mai pensato autodistruttiva come il black metal richiede. A dire il vero, non ho mai pensato il tuo progetto fosse davvero black, per svariate ragioni.  Dovessi definire la tua musica, come lo faresti?

Sono d’accordo, non propongo e non ho mai proposto nulla di distruttivo o autodistruttivo, la musica di Asofy è riflessiva, introspettiva, a volte scorata; mi piace pensare che sia anche un po ambigua in certi suoi momenti, porprio perchè i sentimenti non sono sempre così ben definiti e, come per le definizioni musicali, non si può dire a parole quello che la musica è esattamente, va per forza ascoltata.

Il Black Metal comunque non credo debba necessariamente essere distruttivo/autodistruttivo, non tutti i gruppi l’hanno interpretato in questo modo, il bello e la vivacità (se si può usare questa parola) del black metal è che nel tempo è riuscito a crescere e biforcarsi in così tante varianti quante lo possono essere le -oneste- espressività personali. Se qualcuno vuole fare il purista e dire: “no, il vero black metal è solo così e cosà”, secondo me si sbaglia oppure non ha mai pensato che se tutti ragionassero come lui a quest’ora ci ritroveremmo con centinaia di gruppi terribilmente uguali e quindi molti di questi inutili. Per me il Black Metal rappresenta solo il nucleo oscuro, profondo, di disagio, malinconia, tristezza, da cui partire e dalla quale far fiorire chissà quale variazione; il black (e le forme a lui affini) a mio parere NON dovrebbe essere satanismo e nelle forme peggiori fascismo (che in tenerà età capisco possano far colpo, ma alla lunga sono espressioni di ignoranza e di non riflessione) ma ribellione, protesta, libertà.

È un’operazione un po imbarazzante definire la propria musica, ma se proprio devo direi una cosa tipo “dark deep doom” oppure “essential dark black”.

 

Grazie per l’intervista, lasciandoti qui spazio per una considerazione finale, magari su un argomento che vorresti approfondire.

Grazie a te, che dire, ne approfitto per ricordare che Nessun Luogo uscirà in Digipack Cd con libretto di 12 pagine e anche in versione limitata in sole 50 copie: in ogni box ci sarranno un libretto aggiuntivo con un approfondimento sullle tematiche del disco, 3 fotografie (diverse per ogni box), una foto diversa sopra ognuno dei 50 box e una bottiglietta con un messaggio.

Rallentate, cercate di appassionarvi profondamente a qualcosa, mettete in discussione qualsiasi concetto, ascoltate qualsiasi musica (ma meglio quella buona) con la dovuta attenzione, come fareste con un libro.

 

asofy band 1