Death

Intervista Avatar (Johannes Eckerström)

Di Davide Sciaky - 21 Aprile 2018 - 15:49
Intervista Avatar (Johannes Eckerström)

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La mattina prima del concerto di Stoccolma degli Avatar, finalmente tornati in patria dopo un lungo tour americano ed europeo, abbiamo incontrato il cantante dell’eclettica band svedese, Johannes Eckerström.
Con il musicista abbiamo parlato del nuovo album, “Avatar Country“, ma anche dell’evoluzione della band, del suo distintivo trucco e altro ancora.

Intervista a cura di Davide Sciaky

 

Ciao Johannes, benvenuto su TrueMetal, come va?

Va benone!
C’è qualcosa di familiare alla fine di ogni tour europeo, sembra che finiscano sempre con Amburgo, Copenaghen, Stoccolma e Göteborg ed è bello ritrovarsi in uno schema familiare dopo qualcosa come…quest’anno abbiamo fatto tanti show quanto ci è stato fisicamente possibile: siamo partiti per un tour americano il 6 gennaio, quando il tour è finito abbiamo spedito tutta la nostra roba in Europa dov’è arrivata solo il giorno prima del nostro primo show in Olanda, quindi siamo stati in tour tanto tempo quanto ci è stato fisicamente possibile.
Quindi è stato intenso, e c’è qualcosa di speciale nel tornare in Svezia, ci sono piccole cose come la lingua che senti intorno a te, devi ricordare che, “Oh no”, non puoi più parlare di chi ti sta intorno e farla franca e cose del genere, quindi è bello essere qui.

Volevo chiederti del tour ma me ne hai già parlato un po’; come stanno rispondendo i fan alla nuova musica?

La stanno abbracciando e sembra che gli piaccia davvero tanto.
Tutta questa cosa di rivelare la verità sul Re e aprire i confini del nostro stato è andata davvero bene, quindi significa che la nostra previsione, il fatto che ci siamo detti, “Okay, questo è il momento giusto per farlo”, era corretta.
Adesso tutto quanto sta andando davvero bene, i cori durante i concerti sono epici, è divertente, ho notato andando in tour che i tipi di cori cambiano a seconda dei paesi, per esempio in Spagna, Francia ed in Italia il pubblico tende di più a cantare anche le parti di chitarra, i riff e via dicendo, è una cosa che mi piace molto, lo faccio anch’io quando ascolto ‘Iron Man’ dei Black Sabbath, per esempio, quindi mi piace molto.
The King Wants You’ viene accompagnata dal pubblico che fa, “Who, oh, ah!”, quindi quello e forte e ‘A Statue for the King’, la canzone del secondo video uscito, sembra essere diventata un caposaldo dei nostri concerti.
È fantastico, questo è stato il nostro tour da headliner più grande di sempre!

Parlando di questo album, cos’è l’”Avatar Country” [“Stato di Avatar” in italiano N.R.D.]?

Be’, lo Stato di Avatar è la nazione governata da Sua Maestà il Re, qualcosa di cui siamo stati a conoscenza per molto tempo, se guardi i nostri vecchi booklet nei ringraziamenti finivamo sempre la lista ringraziando il Kung, che in svedese vuol dire Re.
Abbiamo accennato questa cosa per parecchio tempo, ma solo ora è arrivato il momento di svelare al pubblico tutto quanto, lo Stato di Avatar è una nazione speciale che è…voglio dire, è un posto decisamente vero, ovviamente abbiamo il nostro sovrano, un governo, una nostra valuta, l’Avataro, la nostra bandiera e tutto; può essere difficile trovarlo per la gente perché non è oppresso…no, non è trattenuto dalle catene oppressive della geografia, quindi può essere difficile trovarlo in questo senso, ma allo stesso tempo ha la sua qualità da Isola che non c’è che se davvero abbracci lo Stato di Avatar in cuor tuo, in questo modo ti dichiariamo cittadino dello Stato di Avatar.

 

È qualcosa che avete avuto in mente per molto tempo, avete pianificato da tempo come sareste finiti a pubblicare questo album, o avevate solo una vaga idea che avete sviluppato solo ora?

La nostra comprensione e conoscenza dello Stato di Avatar è cresciuta negli anni, abbiamo affisso la bandiera dello Stato di Avatar sul palco già un paio di anni fa, l’avrete vista nel video di ‘New Land’ dove il Re va in esplorazione sulla Luna e in altri posti.
Di nuovo, sappiamo da tempo che il Re è il Re, quindi tutte queste cose significano che c’è stata una conoscenza, una tradizione ed una mitologia dello Stato di Avatar già da tempo e ora ci siamo sentiti di…penso sia connesso anche al fatto che abbiamo prodotto “Feathers & Flesh” che è prima di tutto un’opera di finzione, abbiamo scritto una favola che andasse insieme all’album, e la storia che abbiamo raccontato era molto cupa, parlava di morte, di paura, di perdita e di debolezza, penso ci sia una strana sorta di ping pong avanti e indietro, o di pendolo che oscilla, quando crei della musica, o qualsiasi tipo di arte, una volta che ti sei davvero immerso in un lato delle cose poi vuoi anche andare ad esplorare il lato opposto.
Quindi dopo aver fatto quell’album eccoci con un nuovo album che parla di vita, forza, speranza, vittoria e io penso che questi siano gli Avatar dal suono più speranzoso, sicuramente dal suono più positivo che sentirai per molto, molto tempo, perché questo tema, quello che ci sentivamo dentro ci hanno spinto a prendere la decisione di creare un album più carico di positività.

Nel video Jonas è il Re: è lui il Re per davvero, o è una sorta di rappresentazione del sovrano che, allo stesso modo dello stato, non è incatenato al mondo fisico?

No, lui è il vero Re dello Stato di Avatar, quello che abbiamo ringraziato in ogni album.
Questa cosa diventa particolarmente evidente se guardi i nostri concerti, lui è decisamente il Re dello Stato di Avatar.

Siete andati fino i Thailandia per registrare “Hail the Apocalypse”, per “Feathers & Flesh” avete lavorato in studi in Germania, Finlandia e Svezia, questa volta invece avete lavorato solo agli Spinroad Studios che sono vicini a casa vostra a Göteborg, come mai questa scelta?

A dirla tutta lo studio è a due passi dalla casa dove sono cresciuto, quindi era davvero vicino.
Ci sono un paio di ragioni, la principale è che vai in Thailandia per provare qualcosa di diverso, per lo stesso motivo vai a registrare in Germania, la parte principale è stata in Germania, per la parti vocali sono andato due settimane in Finlandia perché sostanzialmente volevo stare più vicino a casa per una parte dell’album, e c’era la possibilità, quindi è stata una cosa positiva, e poi ho passato forse una settimana in Svezia a registrare i cori e qualche altra cosa.
Una volta che sei stato in Thailandia, una volta che sei stato in un castello in Germania, registrare a due passi dalla tua casa d’infanzia, dormire nella stanza degli ospiti che una volta era camera tua, questo diventa qualcosa di molto diverso, quindi si trattava di allontanarsi da abitudini e schemi a cui eravamo abituati.
Questo significa che il prossimo album probabilmente sarà, be’, io vorrei farlo nuovamente vicino a casa, ma come facciamo di solito per la fase iniziale delle registrazioni siamo tutti insieme, quando registriamo la batteria di solito registriamo anche il basso in modo da avere una buona sezione ritmica insieme, e allo stesso tempo mettiamo anche insieme gli arrangiamenti, riscriviamo alcune cose, quindi siamo tutti lì a suonare e cantare e quella fase probabilmente sarà da qualche altra parte, poi io lo completerò ad Helsinki di nuovo.
Si tratta semplicemente di fare in modo che sia diverso; dopo aver attraversato il mondo per farlo sentire diverso, registrarlo a due passi da casa è nuovamente qualcosa di diverso.


Avete iniziato come una classica band Melodic Death Metal, ma col tempo il vostro sound si è evoluto in altre direzioni; è stata una sorta di evoluzione inconscia, o avete consciamente deciso di continuare ad esplorare sonorità diverse?

Devo dire che è qualcosa di molto conscio, in un certo senso…abbiamo appena suonato in un locale ad Amburgo nel cui scantinato i Beatles hanno suonato il loro primo show nella città, e questo mi ha spinto ad ascoltare un sacco i Beatles quel giorno.
Normalmente quando vengono fuori domande come questa io parlo dei Beatles come esempio di una band che si è evoluta molto nell’arco di un breve spazio di tempo, e nonostante ciò hanno sempre suonato come i Beatles per via della loro voce, non solo la loro voce i quanto cantanti, ma la voce nel senso di come viene suonata la chitarra, la batteria, la loro voce in quanto musicisti, qualcosa che va al di là della voce con cui parli.
Questo li rende sempre riconoscibili in quanto Beatles e io condivido la loro filosofia, penso che sia importante per una band ragionare in questo modo, i Queen sono un altro esempio, ‘Another one Bites the Dust’ suona come una canzone dei Queen, ‘Bohemian Rhapsody’ suona come una canzone dei Queen, ‘I Want to Break Free’ suona anche lei come una canzone dei Queen, ma queste canzoni non hanno molto in comune tra di loro, eppure sono sempre i Queen.
C’è questo aspetto e, parlando dei Beatles, penso a come all’inizio della loro carriera nei loro album suonassero delle cover di Chuck Berry e altri, e come col tempo si siano evoluti, siano cambiati e abbiano cominciato a spingersi oltre i loro limiti.
Noi non abbiamo registrato cover nei nostri primi album, ma questi sono decisamente molto influenzati da un certo tipo di band a cui ci ispiravamo quando abbiamo formato la band e abbiamo imparato a suonare questa musica, perché all’inizio non eravamo molto bravi, quindi le band che più hanno influenzato lo stile in cui suoniamo hanno anche influenzato molto il modo in cui scrivevamo all’epoca, i The Haunted e gli In Flames sono tra le prime band di questa lista, poi ci sono anche Cryptopsy e altre band più estreme, e questo è più o meno quello che facevamo, Death Metal tecnico e brutale, ma anche melodico, quindi quello è stato il nostro punto di partenza.
Ma una volta che cominci ad evolverti come compositore, come gruppo, come gruppo i cui membri riescono a comunicare tra loro, è diventato sempre più interessante ed importante per noi registrare canzoni in uno stile che ancora non esiste, o almeno che noi non abbiamo ancora sentito.

Parlando di influenze, ascoltate la stessa musica che ascoltavate quando avete fondato la band, o insieme a voi alla vostra musica si sono evoluti anche i vostri gusti?

Sono cresciuti, non direi evoluti perché non mi sono allontanato dalla buon vecchia musica che ascoltavo, sai, penso ancora che “Made Me Do It” dei The Haunted sia uno dei più grandi album mai realizzati, è ancora il mio punto di riferimento per i suoni che voglio ottenere quando registro, mi esalta sempre, e quando c’è una festa ci sono vecchi album che riascolti sempre volentieri.
Quindi è ancora tutto lì, parlando dei Beatles, sono una delle band per cui più sono andato matto in vita mia, loro e i Black Sabbath, li ho scoperti quando avevo otto anni e continuo ad ascoltarli, ci sono ancora delle lezioni da imparare dalla loro musica.
Ma, sì, sicuramente ho anche aggiunto delle cose, sono più appassionato che mai alla musica di Steven Wilson, quando c’è una nuova band che è davvero buona la ascoltiamo tutti, non sono più una novità ma ricordo quando lo erano, i Gojira, o band che erano nuove per noi, comunque, come i Behemoth, è passato un po’ ma almeno avevo più di quattordici anni, se capisci il mio discorso.
Ora mi piacciono molto i Jinjer, ucraini, fottutamente fantastici, e penso che nella band comunque ascoltiamo sempre generi diversi, tutti quanti avevamo un disco di Bob Marley quando avevamo quindici anni e via dicendo, non era una cosa strana, e poi siamo sempre stati appassionati di musica classica.
Sai, abbiamo sempre ascoltato molta musica diversa.

Il trucco che usi è decisamente molto riconoscibile, qual è stato il tuo pensiero quando hai deciso di adottarlo? Era semplicemente un “fa figo”, o “voglio essere più riconoscibile”, un “voglio dare una forte identità alla band” o cosa?

Sì, in parte era un discorso di identità, ma era che, quello che abbiamo capito – perché stavamo cercando qualcosa – è che qualunque cosa tu voglia fare alla fine devi sentirla dentro per farla funzionare, non puoi semplicemente andare al negozio di immagini, sceglierti un’immagine e farla funzionare con qualunque band, deve venire da qualcosa di vero, ed è quello che stavamo cercando.
Siamo stati fortunati perché gli Hellzapoppin, che ora sono in tour con noi, erano in Svezia nel 2011, nel periodo in cui avevamo bisogno di fare un servizio fotografico con dei fuochi, e questo significa che siamo finiti a lavorare con Bryce Graves, il leader degli Hellzapoppin, e questo ci ha portato a filmare il video di ‘Black Waltz’.
Prima di tutto abbiamo pensato, “Okay, questa cosa sta diventando molto circense, quindi immagino che dovrei…e se mi truccassi da clown spaventoso?”, non ricordo se è stata una mia idea o di qualcun altro, ma l’idea era, “Okay, ci sono così tanti attori in questo video che non abbiamo bisogno di tutta la band, sarebbe troppa gente, ma sarebbe una buona idea avere il cantante a cantare in modo da far vedere che è un video della nostra band”, quindi avevamo bisogno di rendermi adeguato al contesto del video, ma quello che è successo quando mi sono messo il trucco, mi sono guardato allo specchio e tutto è andato al proprio posto, tutti si sono sentiti come, “Oh mio Dio, ecco l’aspetto della nostra musica”.
E’ una domanda strana a cui è difficile…non è una cosa che puoi sapere prima, ma è come nel caso degli Iron Maiden, la loro musica ha la faccia di uno zombie colorato che è un sovrano egizio o nel futuro, il suo aspetto è perfetto per gli Iron Maiden, non è solo che è figo, ha proprio l’aspetto della loro musica; tutti gli esempi migliori di band che combinano l’aspetto visivo alla musica hanno questa cosa, gli Iron Maiden non avrebbero mai potuto avere l’aspetto dei Kiss, semplicemente non sarebbe stato adatto a quello che fanno, e viceversa.
Immaginati gli Iron Maiden con delle canzoni chiamate ‘C’mon and Love Me’ e ‘Black Diamond’, sarebbe strano; una cosa è fantastica e l’altra è fantastica, ma deve essere la giusta combinazione, non è neanche necessariamente una questione di spettacolarità.
Il mio esempio preferito di “pacchetto” in cui ogni aspetto messo insieme ha un senso sono i Foo Fighters: hanno l’aspetto di gente che ogni tanto si lava, usano delle semplici magliette, ma è il look perfetto per i Foo Fighters.
Invece, per esempio, mi ricordo che su Operation M…no, su “Rage for Order” dei Queensrÿche, se guardi le foto della band in quel periodo avevano queste grosse capigliature, giacche lunghe e quando guardo quelle foto penso, “Devono aver scelto questo look per disperazione”, ne sono sicuro perché non ha senso, quello non è l’aspetto della loro musica.

Quelli possono essere gli Europe, non è un look molto da Queensrÿche…

Esatto!
Loro sono una versione ancora più estrema degli Europe, non ha senso.
Dev’essere qualcosa che ti senti, una volta che abbiamo smesso di pensare, “Qual è la nostra immagine?”, e ci siamo fatti la più artistica domanda, “Qual è l’aspetto della nostra musica?”, in quel momento ogni tassello è andato al suo posto.

Il modo in cui ti muovi sul palco ed interagisci col pubblico è molto energico e accattivante, è qualcosa che ti viene naturale o hai dovuto lavorarci molto negli anni?

Ovviamente è qualcosa che si evoluta con l’esperienza ma, di nuovo, torniamo al discorso di qual è l’aspetto della nostra musica, è la stessa cosa, perché una volta che ho realizzato che siamo…in breve, la versione semplificata è, “Okay, siamo un circo Metal”, o qualcosa del genere, quello che è successo è che ho cominciato ad esprimere qualcosa che sentivo più adatto, per me e ovviamente per il resto della band, qualcosa che sentivo davvero.
Essendo un fan dei The Haunted andai ad un loro show e pensai che loro hanno davvero un aspetto da, soprattutto Marco Aro all’epoca, ora è tornato nella band, [con una voce profonda] “Oh, mi potrebbe spaccare il culo”, quindi volevo essere così anch’io, un diciassettenne sul palco [con una vocina acuta] “Vi spacco il culo”, sai, non ero stato in una rissa da quando avevo 12 anni [ride], non era una cosa da me.
Ma qualsiasi cosa fosse sbagliata con me che cercavo di fare i The Haunted viene espressa più accuratamente da me nel ruolo di un clown, quindi viene naturale comportarsi così su palco, ma per farlo diventare naturale ho dovuto sviluppare delle idee per lo show, è un po’ la questione della gallina e dell’uovo, ma è sicuramente qualcosa di molto più vero di quello che facevo prima.

Un’altra cosa che mi ha colpito è il modo in cui canti, ad ascoltarti sembra che per te sia semplicissimo passare da growl brutale a voce pulita e viceversa. Ha studiato canto o sei autodidatta?

No, ho un…a livello di liceo, e penso sia piuttosto simile anche in Italia, al liceo puoi scegliere una direzione, in Svezia – almeno all’epoca, l’ho finito da così tanti anni – funzionava che il 50% di quello che studiavi al liceo era uguale per ogni ragazzo in Svezia, un po’ di storia, un po’ di scienze, un po’ di quello che vuoi, ma l’altra metà dipendeva dal tuo programma, e la maggior parte dei membri della band ha seguito un programma musicale.
Per me questo comprendeva lezioni di canto, coro e cose del genere, e ho fatto anche parte di un programma di dopo-scuola, una scuola di musica che inizi da piccolo dove suoni il trombone, il clarinetto e altre cose, sei in un’orchestra e lì entrai anche in un coro.
Poi, ovviamente, andando in una direzione più estrema l’insegnante del coro non mi poteva più aiutare molto; li ho incontrati più avanti e gli ho spiegato quello che facevo e questo li ha affascinati molto.
Qualunque forma di canto, se vuoi farlo per tanto tempo, è al 90% la stessa cosa, secondo me: si tratta di respirazione, usare il diaframma, controllare il tono con una parte della bocca senza usare i muscoli e la gola, bla bla bla.
Tutte queste cose si applicano a qualsiasi modo di usare la voce, dal parlare ed essere un rapper, al fare Death Metal e cantare l’Opera.
Quindi, sì, ho una base di questo, sicuramente, ma per la maggior parte…è impossibile fare a meno della parte in cui si impara facendo ed imparando a conoscere sé stessi, se mi sedessi qui, anche avendo quattro ore per spiegarti tutto, non potresti comunque fare a meno delle ore e ore e giorni di pratica, quindi le mie lezioni più importanti sono state in tour.
Non ero in grado di cantare come faccio oggi all’epoca del nostro primo album, anche se la mia voce era più giovane e fresca mi mancava la tecnica.
Quando scrivo canzoni aggiungo sempre parti che sono impegnative per me, questo è parte di quello che il Metal significa per me…penso che sia uno degli aspetti più importanti del Metal, per fare in modo di “sentirlo” giusto ci deve essere una sorta di fisicità.
Per questo suoniamo veloce, le chitarre che shreddano, io che raggiungo note alte e urlo, l’obiettivo è innanzitutto raggiungere quello stato emotivo.
Mi metto sempre alla prova dal punto di vista tecnico quando scrivo per poter raggiungere quella fisicità.
Penso che questo sia qualcosa che si può vedere molto bene confrontando gli ultimi due album dei Judas Priest: penso che l’ultimo, “Firepower”, per me è infinitamente migliore di “Redeemer of Souls”.
La cosa è che “Redeemer of Souls” ha tutte le melodie da Judas Priest, il sound è giusto e via dicendo, ma “Firepower” è più energico; “Redeemer of Souls” è un po’ più rilassato, non c’è niente di sbagliato con la qualità delle canzoni, ma la performance manca un po’ di spinta.

Negli ultimi anni avete conquistato parecchio successo, ti ricordi di un momento specifico in cui hai realizzato quanto successo state avendo e che potevi continuare a cantare a questo livello e vivere di musica?

Be’, ci sono quelle cose a cui da fuori non pensi ma, sai, c’è stata la volta in cui per la prima volta ho pagato l’affitto con i soldi guadagnati da musicista, quello è stato un momento importante in un modo completamente diverso.
Ci sono sensazioni sul palco, la risposta del pubblico, hai la possibilità di andare in posti fighi, qualcuno dall’etichetta ti aspetta in un taxi per portarti da qualche parte, ma queste cose succedevano anche prima perché la gente investe tempo e denaro in te, quindi ci vuole poco per vedere queste cose per quello che sono, e dal punto di vista artistico, non so, amavamo tutti fare quello che facciamo da prima che importasse a qualcun altro.
Quindi… – perché adesso faccio così fatica a rispondere a questa domanda? – avevamo questi momenti dall’inizio, c’erano show memorabili e la sensazione di stare andando nella giusta direzione, la sensazione di crescita, è stata lenta ma l’abbiamo sentita tante volte negli anni, è strano perché essendoci immersi in ogni momento non ci fermiamo a pensarci mentre succede.
Quindi è bello che la gente ci faccia molte foto, in questo modo ho qualcosa da guardare e col senno di poi dire, “Ehi…”.
Ciò detto, sono molto contento di dove sono ora, mi godo sempre il momento, ma godersi il momento non comporta il pensare, “Ehi, siamo piuttosto grossi ora”, guardiamo sempre avanti pensando a quale possa essere la prossima cosa che faremo, più da un punto di vista artistico che di crescita di popolarità.
Nel senso di godersi gli show che facciamo, vedere quello che la nostra musica significa per chi l’ascolta, per fortuna questo succede sempre.

Questa era la mia ultima domanda, grazie per il tempo che ci hai dedicato, lascio a te l’ultima parola.

Il Re vi ama, il Re vi brama, anche voi potete essere cittadini dello Stato di Avatar.
Gloria al Re!