Prog Rock

Intervista Jethro Tull (Ian Anderson)

Di Davide Sciaky - 5 Novembre 2019 - 10:37
Intervista Jethro Tull (Ian Anderson)

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Intervistando un personaggio della caratura di Ian Anderson non si sa mai cosa aspettarsi: dopo 50 anni sarà stufo di fare interviste? Dopo aver venduto decine di milioni di dischi, vinto premi e ispirato innumerevoli artisti farà la Rockstar?
Non abbiamo potuto che provare sorpresa e piacere nel trovarci invece davanti una persona cordiale, disponibile e assolutamente alla mano, pronto a rispondere a tutte le nostre domande sui più disparati argomenti, dall’ultimo tour al breve periodo in cui Tony Iommi fu il chitarrista dei Jethro Tull, dal nuovo disco al Grammy “strappato” ai Metallica.
Il “Jethro Tull 50th Anniversary tour” passa in questi giorni dall’Italia, gli scorsi giorni da Padova e Milano, e sarà questa sera a Firenza e giovedì a Roma.

Intervista a cura di Davide Sciaky

Ciao Ian, come stai?

Più o meno come ieri ed il giorno prima, non mi posso lamentare, mi sveglio tutti i giorni con un senso di gratitudine per il fatto che sono ancora qui e, sai, questo è quanto posso sperare alla mia età.
Sono ancora qui.

 

Tra un paio di settimane suonerete alcuni concerti in Italia. Hai già suonato nel nostro Paese quest’anno, quindi cosa si possono aspettare i fan questa volta? Suonerete una setlist diversa, magari dei pezzi rari, o avrete una produzione diversa?

Sì, ci saranno un po’ di canzoni diverse.
Abbiamo suonato qualche show in Italia quest’anno, ma quelli erano solo concerti, questi sono performance show con dei video ed una produzione più complessa, quindi saranno un po’ più divertenti dal punto di vista visivo e, speriamo, daranno più contesto alla musica.
Poi ovviamente la setlist sarà un po’ diversa, ci saranno canzoni diverse, e poi torneremo di nuovo in Italia a dicembre, ma questo non è ancora stato annunciato: io so dove andremo, ma è un segreto.
Quello sarà un tipo di show molto diverso, canzoni diverse, uno show ancora diverso dalle date estive e dai performance show dei prossimi giorni.
Cerchiamo di fare cose diverse per mantenere le cose interessanti per i fan, poi stiamo lavorando ad uno show diverso per il 2020 che abbiamo appena cominciato a mettere insieme in termini di scaletta e di imparare molte canzoni, alcune canzoni nuove, alcune canzoni che non abbiamo suonato in tanti, tanti, tanti anni quindi, vedi, cerchiamo sempre di cambiare per mantenere alto l’interesse dei fan, ma anche di noi nella band.

 

Stavo guardando gli ultimi tour che avete suonato e ho notato che alcuni sono etichettati “Jethro Tull performed by Ian Anderson”, altri come “Jethro Tull The Prog Years” e altri ancora come “Jethro Tull 50th Anniversary Tour”. Qual è la differenza?

È molto semplice, davvero: stiamo parlando del repertorio dei Jethro Tull, quindi con “Jethro Tull performed by Ian Anderson” parliamo delle canzoni dei Jethro Tull, non suono mio materiale solista o altri pezzi, si tratta solo di musica che fa parte del repertorio dei Jethro Tull, pubblicata come Jethro Tull.
Con “Jethro Tull 50th Anniversary Tour”, quelle sono le date che stiamo facendo adesso, anche se tecnicamente ormai siamo nel 51esimo anniversario dei Jethro Tull, queste sono molto focalizzate sui primi anni dei Jethro Tull, come abbiamo iniziato ad esibirci al Marquee Club e come le cose si sono evolute da lì.
Quelli con il nome di “Jethro Tull 50th Anniversary Tour” sono production show mentre quando il cartellone dice “Jethro Tull by Ian Anderson” si tratta di un normale concerto di musica dei Jethro Tull senza tutti i video, senza il lato più complesso della produzione.
Nel caso del 2020… non so dove hai… da dove hai saputo del “The Prog Years”?

Era sul sito dei Jethro Tull.

Oh, okay, dovrò controllare.
Sai, noi cerchiamo sempre di pensare a, anche per i concerti che faremo nel 2021 e nel 2022, penso così avanti per gli show tematici, show che si focalizzano su un certo tipo di canzoni che magari si concentrano di più su certi aspetti dei Jethro Tull negli anni… normalmente penso avanti di due o tre anni, non di più perché non so neanche se sarò vivo tra cinque anni, ma mi sento abbastanza tranquillo a pianificare con due o tre anni d’anticipo.

 

Canzoni come ‘Aqualung’ e ‘Locomotive Breath’ sono classici che i fan si aspettano di sentire ogni volta che vi vedono dal vivo e siete quasi costretti a suonarle. È una cosa che ti piace ancora fare, o magari lo fai solo per i fan ma magari preferiresti suonare altro?

Se lo “facessi solo per i fan ma preferirei suonare altro” semplicemente suonerei altro.
Non sono il tipo di persona che vuole fare la puttana musicale, mi paghi per la notte e poi scegli la posizione sessuale che ti gratifica di più, non mi interessano queste cose, mi spiace.
Io faccio quello che mi piace fare, e ovviamente quando hai avuto una lunga carriera con certi brani, brani che per me sono speciali, hai nominato ‘Locomotive Breath’ e ‘Aqualung’, voglio dire, queste non sono canzoni che Ed Sheeran, o Madonna, o gli Status Quo farebbero, queste sono canzoni che trattano problemi veri, canzoni sull’essere senzatetto e sulla nostra reazione al problema, o ‘Locomotive Breath’ è una canzone sulla globalizzazione, sulla crescita della popolazione e su un’economia fuori controllo che stando alle previsioni potrebbe tornare a morderci il sedere nei prossimi due o tre anni. Il mondo si sta muovendo verso quella che potrebbe essere una grossa recessione, di nuovo; dopo appena dieci anni dall’ultima, o dodici anni nel momento in cui questo succederà.
Quindi, sai, con ‘Locomotive Breath’ e ‘Aqualung’ tratto di problemi reali che lo sono tanto oggi quanto lo erano all’epoca in cui ho scritto le canzoni, e mi sento a mio agio a cantarle.
Non scrivo canzoni d’amore, non scrivo dei problemi della moda di oggi, scrivo canzoni su problemi che ci sono da sempre e che per me sono importanti.
Voglio dire, ho scritto la mia prima canzone sui cambiamenti climatici nel 1973, e penso sempre alla realtà di oggi e a come le cose diventeranno un domani, è qualcosa con cui sono cresciuto, una filosofia: cerco di prendere dal passato per capire il presente e per mettere in luce il futuro.

 

Parlando della musica più in generale, una delle caratteristiche principali del Progressive Rock è questa progressione da cui prende il nome, l’innovazione, la ricerca di nuove soluzioni e nuovi sound. Al giorno d’oggi poche delle band etichettate come Prog ci riescono, ed in realtà molte suonano semplicemente come alcune band degli anni ’70. Pensi che sia ancora possibile innovare in questo genere?

Penso che, in generale, ovviamente ci sono dei gruppi Progressive Rock di oggi che puoi ascoltare e pensare, “Oh, ovviamente hanno preso molto dai Genesis, o dagli Yes”, gruppi le cui influence sono molto, molto ovvie in molti casi, ma penso che comunque il Progressive Rock – ed il genere include anche elementi del Folk e della musica Classica – sia per definizione un insieme di idee musicali molto eclettiche che alcuni musicisti hanno avuto negli anni.
Vorrei ancora… se iniziassi a suonare in una band oggi, penso che vorrei ugualmente essere etichettato come Progressive Rock, non penso che sarei interessato a fare Hip Hop, o a cercare di essere una Popstar con canzoncine orecchiabili, non mi interesserebbe per niente.
Penso che quelli di noi che apprezzano la sfida di una musica che richiede una maggiore abilità esecutiva, o uno sforzo intellettuale maggiore, penso che quello sia ciò che soddisfa quelli di noi che vogliono suonare questa musica, ma non fingo che sia una cosa per tutti, e non mi sognerei mai di dire che il pubblico debba sempre essere interessato a ciò perché il pubblico sa quello che vuole, le persone vengono ad un concerto aspettandosi Ed Sheeran che canta dolci canzoncine d’amore, o gli Iron Maiden con il loro massacro Heavy Metal.
Il pubblico fa bene a scegliere quello che vuole e a godersi quello che vuole, ma alcuni di noi semplicemente scelgono una diversa strada musicale, non vogliamo essere troppo prevedibili, ci piace esplorare percorsi diversi.
Quando arriverò in una città italiana tra un paio di settimane, dove andremo… Padova, ecco, uscirò dall’hotel e girerò a destra o a sinistra, poi mi troverò di fronte ad una decisione: potrò andare dritto, o di nuovo a destra, dovrò scegliere un percorso diverso.
Ed il giorno dopo, la mattina dello show, probabilmente andrò in una direzione diversa perché sono curioso di vedere dove finirò questa volta.
È la stessa cosa con la musica, hai davanti delle scelte e puoi girare a destra, a sinistra, andare avanti o anche fare un’inversione a U e tornare indietro.

 

Avendo suonato per più di 50 anni hai potuto vedere l’industria musicale cambiare molto: un tema caldo al giorno d’oggi sono Spotify ed i servizi di streaming in generale. Se questi servizi hanno permesso ai musicisti di guadagnare soldi dove prima non ne vedevano a causa della pirateria, molti si sono lamentati a causa delle esigue somme che riescono a guadagnare. Cosa pensi di questi prodotti?

Il copyright, sia quello per una composizione che per una registrazione, queste sono cose che tradizionalmente rendevano profittevole diventare musicista, gli davano un senso come professione, anche un musicista non troppo di successo avrebbe… trenta o quarant’anni fa, allora era possibile fare un po’ di soldi con le royalties della musica.
Circa dieci o quindici anni fa, quando questo cominciò a cambiare con l’avvento degli MP3, con il file sharing, con download illegali, mi diventò evidente, e sono sicuro che col tempo sia diventato evidente anche alle case discografiche, che quei giorni erano finiti e che non c’era niente che potessimo fare. Dovresti assumere un esercito di aiutanti per non far altro che tentare di eliminare video e musica illegale da YouTube o qualunque altro servizio che non ti retribuisce, è un lavoro enorme.
Dovresti pagare delle persone per fare questo lavoro, ed è possibile che ti costi di più pagare queste persone di quanto guadagneresti alla fine di tutto.
Mi dispiace per i musicisti di oggi, l’unico modo per i giovani musicisti oggi di fare qualche soldo è suonando dal vivo e vendendo magliette, i giorni in cui si potevano fare tanti soldi vendendo dischi sono finiti, dovresti vendere milioni di milioni di dischi per fare una quantità decente di soldi con Spotify, o iTunes, o chi per loro.
Ed Sheeran, lo nomino di nuovo, vende così tanto che probabilmente guadagnerà abbastanza anche dallo streaming, ma per l’artista medio non è così, si perdono più soldi a cercare di tamponare le strade illegali di quanti se ne guadagnerebbero.
Quindi oggi quei giorni sono passati, non torneranno, tutti si aspettano che internet fornisca qualunque cosa vogliano senza dover pagare per niente. Se provi ad accedere alla maggior parte dei giornali del mondo troverai che la maggior parte di questi ora ti chiedono una sottoscrizione mensile o annuale per leggere gli articoli, perché altrimenti non possono sopravvivere! I giornali cartacei stanno scomparendo e, anche con i soldi della pubblicità, la loro sola fonte di guadagno perché non vendono abbastanza copie, è comunque un grosso problema anche per i giornali più famosi rimanere a galla al giorno d’oggi, e questo succede in Italia, come nel Regno Unito, come negli Stati Uniti.
La gente esige tutto in cambio di niente, non vogliono pagare, pensano, “Ehi, se è in giro allora è gratis”, e non sono sicuro di poter andare d’accordo con questa cultura.
Penso che dovremmo pagare per tutto quello che consumiamo, e questo include l’aria che respiriamo e l’acqua che beviamo, sai, non è gratis, non è un tuo diritto, paghiamo e pagheremo duramente se non ci occupiamo dei problemi della conservazione della natura, dell’ambiente, dei cambiamenti climatici, pagheremo caro.
Diamo per scontate queste cose ma nulla è gratis: il cibo che mangiamo, l’aria che respiriamo, anche queste hanno un costo.

Oggi c’è un grande fascino e nostalgia per “i vecchi tempi” – nel caso del Prog Rock questi corrispondono agli anni ’70 – e sicuramente la creatività che c’era nell’aria all’epoca oggi non si vede più. Con tutto quello che è cambiato nell’industria musicale, però, immagino che tutto non sia cambiato in peggio. Cos’è, secondo te, che è meglio oggi rispetto ai primi anni in cui suonavi?

Devo dirti che ho smesso di ascoltare Pop e Rock intorno al 1970.
Quando ero un ragazzo ascoltavo Jazz e Blues, e un po’ dopo ho cominciato ad ascoltare Folk e musica classica, ma ho smesso di ascoltare quello che genericamente potremmo chiamare Rock e Pop.
Quando ho cominciato ad avere successo non ho più voluto ascoltare musica che suonasse in alcun modo come quella che suonavo io, non volevo avere quelle influenze e comunque non mi interessava.
Guardala così, se lavori al McDonald’s per sei giorni a settimana tutto il giorno e non vieni pagato un granché, tutto il giorno vedi solo patatine fritte e hamburger, durante il tuo giorno libero andrai mai a mangiare da Burger King? [Ride] Probabilmente no! Non ne puoi più di quel cibo.
Io vivo di musica che possiamo genericamente chiamare Rock, nel mio tempo libero non ho alcun interesse a mettere le cuffie nel mio cellulare per ascoltare la musica Pop e Rock che ho scaricato legalmente pagando, è una cosa che non mi interessa molto. Tendo a pagare per scaricare legalmente Hendel, o Mozart, o Bach, questa è musica che mi da conforto, che mi fa rilassare, che mi da fa pensare a qualcosa di migliore della tristezza di essere chiuso in un aereo, o del dover camminare interminabili corridoi di un aeroporto e così via.
Sono una persona più contenta quando ascolto musica che non suona in alcun modo come la musica che faccio io. Se mi chiedi cosa c’è nelle classifiche oggi non ti so rispondere, ma anche se mi avessi chiesto nel 1972 cosa c’era nelle classifiche ti avrei detto, “Non ne ho idea”.
Una volta ogni tanto me ne esco pensando, “Devo ascoltarmi questo Ed Sheeran e capire come mai c’è tanto interesse per lui”, così ascolto qualcosa ma poi penso, “Non sento davvero niente che non abbia già sentito”. Non mi interessa un granché sentire altra roba del genere, e lo stesso quando sento molte band Rock di oggi che mi mandano dischi e mi chiedono di suonare su di una canzone. Il più delle volte davvero non sento niente che mi esalti al punto da volerci suonare sopra, ma a volte capita, a volte qualcuno mi manda una canzone e mi chiede “Vuoi suonare sul nostro disco?”, e penso, “Sì, okay, qua c’è qualcosa a cui posso contribuire, qualcosa che non ho mai fatto prima”, questo è il mio criterio per prendere una decisione, si tratta di, “C’è qualcosa di originale? C’è qualcosa che io, come musicista, troverei stimolante? Penso di poter fare un buon lavoro andando davvero a migliorare la musica su cui hanno lavorato tanto duramente?”, ma non succede molto spesso, il più delle volte non sono interessato nella musica Rock di oggi, e non è perché sono un vecchio che non vuole avere a che fare con quello che succede nel presente, perché ero uguale quando ero giovane [ride] quando avevo circa 22 anni pensavo la stessa cosa.
Mi tengo aggiornato su quello che succede nel presente leggendo tra i sei e i dodici giornali ogni giorno, guardo molti documentari e programmi televisivi d’informazione, quindi di solito so piuttosto bene quello che è successo nel mondo nelle ultime 24 ore, sono una persona molto interessata al presente, alla realtà e ai problemi di oggi, ma tempo che tu non possa aspettarti anche di trovarmi interessato anche alla musica che suona troppo come quella che faccio io.
Tornando alla mia analogia, lavorando al McDonald’s, vedendo hamburger e patatine ogni giorno non mi fa venire voglia di pensare, “Bene, proviamo qualcosa di diverso, nel mio giorno libero penso che andrò da Burger King”, questo è il modo migliore di riassumere i miei pensieri a riguardo.

Comunque io non mangio carne, quindi non mi troverai mai in nessuno di quei due posti [ride].

 

Un po’ di tempo fa hai annunciato un nuovo album che sarebbe dovuto uscire quest’anno, cosa ne è stato?

Quello che è successo è che abbiamo registrato sette pezzi in… più di un anno fa, e a quel punto non avevo ancora deciso di celebrare il 50esimo anniversario dei Jethro Tull, ma quando ho cominciato a pensarci, a pensare di considerare la possibilità di fare qualcosa allora mi sono detto, “Magari potrei fare qualcosa e divertirmi, rivisitare la storia di come i Jethro Tull sono nati, fare uno show con una produzione dietro che possa essere stimolante ed interessante da mettere insieme”.
Questo ha preso tutto il 2018, questo tour per il 50esimo anniversario dei Jethro Tull, ma dato che non siamo riusciti a suonare dappertutto nel 2018 stiamo continuando nel 2019, ma alla fine dell’anno posso assicurarti che non ci saranno più tour per il 50esimo o 51esimo anniversario dei Jethro Tull perché ormai l’abbiamo fatto.
L’anno prossimo sarà il momento di fare qualcosa di diverso e, entro la fine di febbraio, spero di aver completato il nuovo album che ho in programma di far uscire a settembre del 2020.

 

Ho letto di così tanti musicisti che sono stati ispirati dai Jethro Tull: membri degli Iron Maiden, dei Rush, dei Dream Theater e così via, così tante band che hanno ispirato band, che hanno ispirato band. Come ci si sente ad essere un’influenza tanto grande? E ci sono band che sei particolarmente fiero di aver ispirato, band di cui magari sei diventato a tua volta fan?

Dovrei definire meglio la tua idea che io sia una grande influenza.
Voglio dire, ovviamente ci sono persone, alcune di queste le vedrai durante questo tour, vecchi amici che compaiono sugli schermi per presentare delle canzoni, e ci sono persone che sono state influenzate in qualche modo dai Jethro Tull, o così dicono.
È fantastico, ma devo mettere la cosa in prospettiva perché se mi chiedi chi sono le mie influenze posso stare qui per un’ora a dirti nomi, non si tratta di uno, o due, o tre, ce ne sono così tante diverse e non posso dire di avere una singola grande influenze, ce ne sono tante piccole, ed immagino che sia lo stesso per le altre persone.
Immagino che la stessa cosa sia valida quando hai persone tanto diverse quanto Johnny Rotten dei Sex Pistols, o Sting¸ o il chitarrista dei Red Hot Chili Peppers che hanno detto di essere fan dei Jethro Tull: è molto bello sentirlo dire ma devo essere, non si tratta solo di essere cinico, devo essere attento. Come dire, sì, certo, ma probabilmente lo dicono a tutte le ragazze [ride]. Non vuoi essere troppo lusingato, è come essere una bella ragazza ad una festa dove tutti vengono a dirti, “Oh, wow, mi piacciono molto i tuoi capelli” o “Hai degli occhi bellissimi”. Se sei una ragazza educata dirai, “Grazie mille per il complimento”, per poi girarti dalla tua amica e dire, “Quante volte l’ho sentito dire questa sera?”.
Devo stare un po’ attento nel pensare che la mia influenza possa essere più di semplicemente una di tante, ma comunque è molto bello sentire queste cose, è bello pensare di aver aiutato qualcuno a formare la propria strada musicale con la mia musica, ma non facciamoci trasportare troppo.

 

Quest’anno è il 30esimo anniversario della famosa vittoria ai Grammy dei Jethro Tull, una vittoria che causò controversie, il Grammy per la migliore performance Hard Rock/Metal che tutti pensavano avrebbero vinto i Metallica. Quando ci ripensi oggi, 30 anni dopo, cosa pensi di quanto accaduto e quali sono i tuoi ricordi dell’epoca?

È stato un po’ imbarazzante perché sapevamo di essere stati nominati ai Grammy al fianco di altri cinque artisti tra cui i Metallica, Iggy Pop e i Jane’s Addiction, chiunque fossero.
Mi ricordo che la nostra etichetta ci disse di non disturbarci a venire a Los Angeles perché non avremmo vinto, dissero, “I Metallica vinceranno perché hanno pubblicato questo discone, tutti amano i Metallica quindi non vale la pena… dobbiamo pagare il viaggio per la premiazione dei Grammy a molti altri artisti dell’etichetta e loro abitano solo a San Diego, ma farvi venire da Londra a Los Angeles, tre notti in hotel… non vincerete, non ha senso spendere tutti quei soldi”, così dissi, “Ci sta”, avrei preso la stessa decisione se fossi stato in loro.
Stavamo lavorando in studio nel Regno Unito quando ricevetti una telefonata a tarda notte e mi dissero, “Congratulazioni, hai vinto il Grammy” e perplesso pensai, “Oh, questa è una sorpresa, un po’ imbarazzante per la Chrysalis Records che la band che ha vinto i Grammy sia l’unica che hanno scelto di non far venire alla cerimonia”.
È stato un momento imbarazzante ma non quanto per il povero Alice Cooper che dovette andare sul palco a ritirare il premio per conto nostro senza preavviso, e sul palco venne accolto da urla, fischi e da un diffuso malcontento, non solo da parte dei fan dei Metallica, ma da tutti i media arrabbiati per la vittoria dei Jethro Tull come “Miglior band Hard Rock/Metal”: era la prima volta che veniva premiata questa categoria dove in qualche modo ci avevano infilato e, contro tutte le aspettative, i Jethro Tull vinsero quel Grammy.
Ovviamente non era una cosa giusta, i Metallica avrebbero dovuto vincerlo e anche all’epoca dissi, “I Metallica vinceranno l’anno prossimo senza problemi, non importa chi verrà nominato, i Metallica vinceranno”, ed effettivamente così accadde. Così come feci la previsione che, se il comitato dei Grammy dovesse decidere di istituire una nuova categoria chiamata “Migliore Flautista su un piede solo”, sono sicuro che lo vincerei io.
Per ora, nella loro infinita saggezza, non hanno ancora istituito questa categoria, quindi temo di essere stato sfortunato.

 

Mi rimane un’ultima domanda: dato che questo sito è principalmente un sito Metal, molti lettori saranno curiosi di sentir parlare del breve periodo in cui Tony Iommi fu nei Jethro Tull. Quali sono i tuoi ricordi dell’epoca e sei ancora in contatto con lui?

Sì, ho ricevuto un’email da lui giusto qualche giorno fa.
Tony e la sua band, gli Earth, così si chiamavano all’epoca, suonarono uno show con i Jethro Tull in una qualche università nel Midlands o da qualche altra parte, suonarono in apertura e io rimasi colpito dal modo in cui Tony suonava: era diverso dalle altre persone, era semplice, era potente, riff e singole note, accordi molto semplici, principalmente intervalli di quinta.
Suonava diverso dagli altri musicisti Blues dell’epoca, incluso il nostro stesso chitarrista di allora, Mick Abrahams, era una ventata di aria fresca.
Pensai che Tony fosse un chitarrista interessante, così quando Mick lasciò la band tenemmo alcune, puoi chiamarle audizioni, ma semplicemente provammo con un po’ di gente tra cui David O’List dei Nice, alcuni altri… oh, anche un paio di chitarristi che finirono ad avere il loro successo, ma all’epoca erano un po’ insicuri e musicisti non eccezionali, comunque ebbero successo più avanti, e Tony che, come dicevo, avevamo incontrato al concerto fu uno di quelli a cui chiesi di venire a Londra. Andammo in una sala prove e suonammo un po’ di pezzi, non dicemmo “Okay, suoniamo una jam Blues in 12 misure”, sarebbe stato noioso, così dissi, “Va bene, mettiamoci al lavoro su di un nuovo pezzo che nessuno di noi ha mai suonato prima, questo è il modo migliore di vedere se questa relazione musicale può funzionare”. Così ci sedemmo a lavorare sugli arrangiamenti di una canzone che avevo appena scritto, ‘Nothing is Easy’ che poi venne pubblicata su “Stand Up” l’anno dopo. Ci mettemmo a lavorare, ma mi divenne immediatamente chiaro il motivo per cui Tony suonava in maniera così distintiva quando realizzai, e ne fui molto imbarazzato, che gli mancavano le ultime falangi di due dita, quindi non poteva davvero suonare come un chitarrista “normale”. ‘Nothing is Easy’ sulla chitarra è una sequenza di barrè, devi usare tutto il dito per suonare quel pezzo [ride]. Ovviamente Tony non poteva suonarla allo stesso modo in cui l’avevo suonata io per fargli sentire il brano, gli mancava la capacità fisica di suonarla in quel modo. Quindi ci sarebbe stato impossibile suonare alcune delle canzoni più complesse che per Tony sarebbero state fisicamente molto difficili. Magari oggi potrebbe suonarle meglio, più avanti comprò delle protesi molto più professionali che gli permettono, immagino, di suonare in maniera un po’ più convenzionale di come era costretto a fare all’epoca, nel primo anno o due dopo la perdita di quelle parti di dita nel suo incidente in fabbrica. In ogni caso spendemmo un paio di giorni fantastici insieme, e poi Tony tornò ad aiutarci a registrare il programma televisivo dei Rolling Stones tre settimane dopo mimando mentre suonavamo in playback perché, ripeto, quella era una canzone che sarebbe stata difficile da suonare dal vivo tra slide e strane progressioni di accordi, così decidemmo di suonare in playback ed esclusione del mio flauto e della mia voce. La sua chitarra non era neanche collegata.
Tony era piuttosto imbarazzato e si copriva la faccia con il suo cappello così che nessuno, forse neanche Ozzy Osbourne, potesse riconoscere il tipo che avrebbe dovuto suonare con i Black Sabbath la notte dopo… non che fossero ancora i Black Sabbath all’epoca, penso che cambiarono nome in Black Sabbath l’anno dopo.
Comunque, questo è quanto ma negli anni successivi ho incontrato Tony più volte e penso che lui ricordi questa piccola relazione musicale con me come qualcosa che gli ha insegnato che se le prove sono alle 9.30 di mattina tutti quanti devono essere pronti, con gli strumenti accordati alle 9.30 di mattina, non significa che alle 9.30 esci dal letto e, tempo che arrivi in sala prove, sono passate due ore. Dice di aver imparato molto di disciplina, sia musicale che pratica, in senso professionale. All’epoca può aver pensato che fossi un po’ troppo esigente, ma col tempo capì che il metodo di Ian Anderson è probabilmente la cosa migliore per tutti. Se non è così la gente arriva tardi, gli altri si arrabbiano, quindi… nessuno arriva tardi più di una volta.

Okay, va bene, non sono così duro, a tutti quanti può capitare di non svegliarsi in tempo una volta ogni tanto, ma a nessuno può dormire troppo facendosi aspettare da tutti nel furgone per tre volte, ecco, dopo tre volte sicuramente sei fuori dalla band.

Immagino che quando devi far funzionare una band sia l’unica.

Be’, sai, a volte la gente dice, “Se fossimo andati mezz’ora dopo avrei avuto tempo di fare colazione in hotel”, ma se diciamo che si parte alle 7 di mattina, come abbiamo fatto ieri mattina da qualche parte, eravamo… ah, sì, in Olanda. La partenza era alle 7 e tutti erano giù a caricare il furgone alle 6.50 perché ci vogliono dieci minuti per caricare il furgone, per far salire la gente, allacciarsi le cinture. Partenza alle 7 significa che a quell’ora le ruote cominciano a muoversi, la vita funziona così: i treni devono partire in orario, anche in Italia, gli aerei devono decollare in orario, anche in Italia. Ci è voluto molto, molto tempo per far capire ai promoter italiani che all’ora di inizio dello spettacolo, che siano le 19.00 o le 20.00, lo spettacolo inizia! Ci deve essere un ottimo motivo se si fa tardi, di sicuro non è perché la band non è pronta, noi siamo lì dietro al palco pronti a suonare all’ora per cui ci siamo accordati su un contratto, l’ora che abbiamo messo nel nostro piano di marcia. È il modo in cui ci aspettiamo che funzionino le cose, la vita è troppo breve per sprecare tempo nell’ennesimo camerino mentre il concerto è in ritardo perché certa gente non è in grado di rispettare la propria parte di un accordo. Quindi, sì, siamo un po’ attenti alla puntualità.
È come con un orologio svizzero, non andresti a spendere 5000 dollari su un orologio svizzero per poi pensare, “Va bene, funziona più o meno bene, perde 10 minuti alla settimana” [ride] Non è abbastanza! L’orologio svizzero medio ha un’accuratezza di più o meno 4 secondi al giorno, e questo è ridicolo! Ho un set di piccoli cacciaviti e una piccola lente d’ingrandimento e, con un buon orologio, posso aprirlo, metterci le mani e, il 90% delle volte, posso portarlo ad una precisione di più o meno 1 secondo al giorno. Questo è il tipo di standard che mi aspetto, e se parliamo di un orologio al quarzo allora si parla di 1 secondo alla settimana.
Non mi sembra eccessivo chiedere che il mio batterista ed il mio bassista si presentino qualche minuto prima della partenza, siamo come un orologio svizzero vivente.
Possiamo essere regolati per raggiungere una performance precisa, questo è quello che cerco di ottenere perché la vita è mooolto più facile per tutti quando le cose funzionano beeeene [ride] Meno stress, meno ansia, meno rabbia, quando tutto fila liiiscio e tranquiiiillo, questo è il modo in cui voglio vivere la mia vita musicale.
Poi posso andare sul palco e tirare fuori la rabbia [ride] Perché mi arrabbio per le ragioni che stanno dietro al testo di una canzone, per il tema della canzone.
Preservo le mie emozioni per la musica che faccio, penso che sia così che debba funzionare.
Se fossi un attore e dovessi recitare in un’opera di Shakespeare sarei un agnellino per 22 ore al giorno, ma per quelle due ore sul palco diventerei una furia, diventerei un assassino, o un malvagio, o un romantico, ma in ogni caso l’artista dovrebbe risparmiare le emozioni per il pubblico.

Comunque, questa era la tua ultima domanda e ti ho dato una risposta molto lunga.

 

Va bene, è stato molto interessante, grazie per la tua disponibilità.
Allora, i tuoi fan italiani ti vedranno presto sul palco…

Ti lascio con una storia conclusiva: ieri sera sono tornato a casa e mi sono detto, “Penso che mi farò una pasta”. Così mi sono fatto un piatto di pasta vegetariano, e mia moglie stamattina ha trovato uno spaghetto per terra e si è arrabbiata molto.

I rischi del mestiere.

Sono un cuoco entusiasta, per questo non sempre quello che cucino finisce nel mio piatto, a volte finisce sul pavimento perché sono troppo entusiasta.
Comunque, è stato un piacere parlare con te, ci vediamo tra qualche giorno.