Hard Rock

Intervista Outsider magazine (Max Stefani)

Di Stefano Ricetti - 18 Febbraio 2015 - 12:30
Intervista Outsider magazine (Max Stefani)

Intervista con Max Stefani di Outsider, rivista che recentemente ha lanciato un’operazione di Crowdfunding – qui il link dell’iniziativa – per poter permettere la sopravvivenza dello stesso magazine.

Max Stefani, così come scritto all’interno della homapage di Outsider, è fondatore e direttore della rivista IL MUCCHIO SELVAGGIO dal 1977 al 2011. Ha cominciato a scrivere di musica all’inizio degli anni 70 per la rivista di hi-fi SUONO, con quale ha ripreso la sua collaborazione nell’aprile 2012 per terminarla un anno dopo. Come editore ha creato RUMORE, CHITARRE, la rivista di cinema DUEL/DUELLANTI, il sito ROCKOL. Ha diretto nel 1976 i primi numeri di POPSTER/ROCKSTAR, ho scritto per L’EUROPEO, LA REPUBBLICA, le riviste francesi STARFIX e LESINROCK. OUTSIDER è nato nel giugno 2013.

Sempre dalla homepage: OUTSIDER è un mensile divertente ma colto, bello da vedersi e da leggersi, dove la musica è ancora una ragione di vita.

I giornali in edicola non mancano, quello che non c’è (più) è una rivista di contro-cultura, ben scritta, con belle foto, carta di classe, con articoli lunghi, che di ‘short talks’ è pieno il web, che permetta ai lettori di ri-innamorarsi della musica, che li invogli ad un ascolto lento ed attento di un disco in anni così congestionati da migliaia di esperienze mordi e fuggi; storie di musica (e ce ne sono da raccontare!) esposte con passione. Chi prende ancora in mano una rivista oggi ha voglia di leggere, bene, di cose che gli piacciono, isolarsi e sognare. Siamo qui per questo.

Quasi il 90% del materiale è tradotto dalle più importanti riviste estere. Il resto è fatto in casa da Stèfani e Trombetti con l’aiuto di pochi collaboratori. Buona parte del giornale guarda con passione e nostalgia al passato, riprendendo vecchie interviste ed articoli degli anni passati con ulteriori approfondimenti. Ovviamente c’è anche uno sguardo al presente, ma con una selezione molto dura.

In 34 anni di direzione del Mucchio mi sono passate davanti almeno un milione di persone. C’è chi è rimasto lettore per anni e chi l’ha letto magari solo per qualche anno, ma per tutti è stato un compagno di viaggio. Spero che questa esperienza si ripeta anche con OUTSIDER.

 

Buona lettura.

Steven Rich

 

cop13 bassa

La copertina del numero 13 di Outsider

 

INIZIO INTERVISTA

 

Come mai finì la tua avventura con il “Mucchio”?

Perché mi ero reso conto di essermi circondato da un sacco di gente che mi rendeva la vita impossibile. E che non potevo cacciare per una lunga serie di motivi che sarebbe troppo lungo spiegare. Devo dire che, con il senno del poi, mi sono anche fatto fregare come un fesso dalla mia ex segretaria, alla quale avevo dato le chiavi di casa e della cassa. Cose che succedono. Ai fessi.

Quali furono i presupposti che portarono alla nascita di Outsider?

Lasciato SUONO dovevo inventarmi qualcosa di nuovo. Avevo davanti a me tante riviste che stavano morendo perché si ostinavano a ripetere lo stesso giornale, come se non fosse ancora arrivato Internet con le sue nuove regole. Lo stesso MUCCHIO ma anche RUMORE o BLOW UP.  Con l’aspetto negativo di parlare tutti degli stessi artisti, con le solite ‘marchette’, le stesse interviste, copertine. Avevo assistito a metà anni Novanta alla nascita del settimanale politico “Internazionale” e mi era sempre piaciuta l’idea. Così pensai che proporre un mensile che accompagnasse all’alta qualità di carta, grafica e foto anche il meglio degli articoli sul rock pubblicati all’estero, sia nel presente che nel passato, potesse essere  l’uovo di Colombo. Chiaramente il target doveva essere over 40-50, gli unici ancora disposti a leggere la carta e a spendere 7/8 euro.  Nel periodo che è vissuta, OUTSIDER ha colmato un vuoto, e ha permesso di accedere alla riscoperta e alla rilettura di un periodo storico-musicale di cui non si avevano più i codici di accesso. Lasciando un po’ da parte le novità, abbiamo iniziato a ripescare artisti, musicisti e dischi del passato, rimettendoli sotto i riflettori e illuminandoli da altre angolazioni e latitudini, raccontandoli anche con le parole di chi nel tempo “c’è stato”. Un giornale ‘diverso’, e forse unico nel saper affrontare a viso aperto il ‘mostro’ internet che tutto divora, offrendo un prodotto non trovabile in ‘rete’. Anche gli stessi articoli comprati da MOJO o UNCUT con qualche box aggiunto e un’impaginazione migliore diventavano un’altra cosa. Più bella. Anche perché la qualità di quegli stessi giornali è di molto diminuita nel tempo. Anche loro soffrono la crisi.

 

max after bathing

Max Stefani

 

In che modo riuscisti a coinvolgere Giancarlo “GC” Trombetti nel progetto Outsider?

Giancarlo aveva scritto per me a inizio anni Ottanta per poi perderci per strada. Ci sono entrato in contatto quando scrivevo la mia biografia “WILD THING” (che non è solo la mia biografia ma molto di più, perché racconto la storia della musica rock in Italia dal 1960 al 2011. Non dei musicisti ma del ‘backstage’. Giornali, radio, programmi televisivi, web con le parole dei diretti interessati. Come sono nati, perché, come hanno chiuso etc. perché come sai, lui ha diretto “METAL SHOCK” e “FLASH”. Quando nell’aprile del 2012 divenni co-direttore della rivista di Hi-Fi SUONO pensai di farlo collaborare, insieme a molti fuori usciti dal MUCCHIO e con vecchi amici come Dan Marcoccia (ROCKSOUND). Quando nel maggio del 2013 lasciai SUONO per fare OUTSIDER fu logico farlo diventare il mio braccio destro. E’ una persona stupenda con cui vado d’accordo su tutto. Sia sui gusti musicali sia nell’approccio alla vita. Rispetto poi alle persone di cui mi ero circondato negli ultimi 15 anni al MUCCHIO, tutte supponenti, acide, noiose, tristi è stato… rinascere. L’avessi chiamato al MUCCHIO nel 1996 (quando partimmo con 8 anni di settimanale) o nel 2005 quando tornammo mensili, le cose sarebbero andate in un altro modo.

Come mai la rivista sospende le pubblicazioni? Non ha lettori?

Spero che la sospensione sia solo temporanea. Stiamo facendo un crowdfunding (basta andare sul nostro sito www.outsiderock.com) che spero vada in porto e noi si possa riprendere le pubblicazioni già da maggio. In questo anno e mezzo di vita abbiamo raggiunto le 3500 copie vendute che non sono poche in Italia, raggiungendo quindi il pareggio di bilancio con buone prospettive di crescere. Ma quanto speso per il lancio del prodotto gravava troppo sulle nostre spalle. Inoltre qualche entrata promessa è venuta a mancare e ci ha tagliato le gambe proprio in vista della dirittura d’arrivo. Insomma ricominciamo da zero.

 

foto 1

Wild Thing: il libro

Cos’è esattamente il “crowdfunding” per i meno informati?

E’ una specie di raccolta di denaro con pre-ordini. In pratica tu pre-acquisti una formula di abbonamento tra quelle proposte, ma se il progetto non va in porto, ossia non raggiunge 120.000 euro nel nostro caso, la somma ti viene riaccreditata allo scadere della campagna (60 giorni).

120mila euro da raccogliere in due mesi sembrano tanti…

La cifra può apparire enorme e forse lo è. Nessuno ha mai alzato tanto in Italia con questo genere d’iniziativa. D’altra parte Outsider costa tanto. Costa l’alta qualità della stampa, necessaria per far rendere al massimo le foto, così come la carta di spessore, l’acquisto delle foto dai principali fotografi esteri, gli articoli, le traduzioni… Tutta roba che nessuno regala. Ma tutto sommato si tratta di trovare 1500 persone che anticipano l’abbonamento. Se non ci sono in Italia 1500 persone a cui piace un giornale come OUTSIDER allora forse è arrivato il momento per me e Giancarlo di andare in pensione. Questo mondo non fa per noi.

La cosa deprimente è che molta gente non vede l’ora che non ci riusciamo. Invece di apprezzare due persone che si mettono in discussione e ci provano dannandosi l’anima a un’età in cui di solito si va in pensione e si pensa ai nipotini. Ma l’invidia è una brutta bestia con cui combattere.

 

 

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Outsider nr. 16

 

In ambito heavy metal, in Italia stiamo da anni assistendo al mancato ricambio generazionale del pubblico ai concerti (fatto salvo per i grandi eventi con i grossi nomi, che riescono a richiamare numeri importanti, anche se di estrazione musicale “trasversale”). Dal tuo punto di vista esiste un vero futuro per l’HM e per il rock in generale, andando oltre il concetto di nicchia? 

A mio parere il metal sta sempre più riducendosi da un filone di una buona portata, di ampi contenuti che spaziavano dal blues all’hard rock, in una serie di piccole parrocchie definite da una serie di etichette cui solo gli addetti ai lavori riescono a destreggiarsi. Lo spirito settario e razzista (se mi si passa il termine) degli appassionati, è da sempre un limite allo sviluppo, a un respiro ampio… Da questo punto di vista, no, il futuro  sarà sempre più settario e diviso in recinti sempre più stretti. Di nicchia della nicchia. Ed è un errore gravissimo che le pubblicazioni di un tempo non facevano. Il futuro del rock in generale è nelle mani di qualcuno – che al momento non esiste – che dia la svolta che venne rappresentata da una Woodstock, dal passaggio dal singolo all’album… o dalla creazione del cd… o dal recupero del contenuto culturale dell’oggetto musicale. Oggi come oggi, l’intera filiera della produzione musicale è in assoluta disgregazione e non vedo chi potrebbe impedire il lento declino. Basta guardare allo stato confusionale cui versano le case discografiche, gli artisti, gli addetti ai lavori. Persino sul supporto nessuno potrebbe scommettere cosa veicolerà la musica tra cinque anni.

 

Come ti spieghi che, nonostante la crisi nera e il “mostro” Internet che tutto divora, in Italia oggi vi siano ancora ben tre riviste legate all’HM che escono regolarmente in edicola? (Classix Metal, Metal Maniac e Rock Hard) 

I giornali di musica sono già di per se di settore. Quelli dedicati a un solo genere sono ancor più di nicchia. Il metal può contare su un pubblico fidelizzato e costante, piccoli numeri, ma che rappresentano uno zoccolo duro. Niente a che fare con i numeri di venti/venticinque anni fa, ma un pubblico su cui puoi contare. Inoltre è luogo comune che la passione che guida lettori e collaboratori porta i primi a comprare sempre ed i secondi a lavorare senza compenso; cosa che abbatte i costi senza dubbio. Il target del resto dei giornali musicali è estremamente più vario e con un approccio altalenante.

Quale il tuo rapporto con l’heavy metal, Max? Quali le tue band preferite? Esistono gruppi HM italiani che ti hanno emotivamente “preso” e perché? 

Non perdo la testa per il metal degli anni recenti. Niente melodia, tutta velocità e sfoggio di tecnica. Mi pare che manchi il cuore, l’istinto melodico che invece rilevavo in certi gruppi dei Settanta, Ottanta che vengono indicati come iniziatori di certe scuole di rock estremo. Preferisco e preferirò sempre i Blue Oyster Cult ai Cannibal Corpse, se è questo che volevi sapere.

 

foto 5

Max Stefani collage

 

Che ricordi porti del KERRANG! inglese anni Ottanta?

Un giornale coraggioso che non avrebbe che potuto nascere in un paese dove non solo il genere è sempre stato in auge, ma la stessa editoria di settore, intesa in modo generico, è fiorente e competente. L’esatto opposto di quanto accade da noi. Senza KERRANG! non avremmo mai avuto l’invasione di periodici metal. Resta un ideale cui tendere per gli amanti del genere.

Come vedi le webzine heavy metal italiane? 

Non mi occupo di metal anche se certi spazi , da noi, sono stati occupati con gruppi, più genericamente hard rock… ma se mi occupassi di solo metal, guarderei alle fanzine o ai siti web metal come un negozio di alimentari potrebbe guardare all’apertura di uno store gratuito a fianco. In fondo l’intero web ha messo in difficoltà l’intera filiera musicale, no? Dalla vendita del prodotto musicale, alla gestione dell’informazione, sia per velocità di presenza sul mercato che per la gratuità del prodotto.

Si spera allora che Outsider riesca a riprendersi…

Credo che Outsider sia un posto magnifico dove stare insieme a sognare e spero che la passione per la musica spinga tutti a unirsi per fare “proprio” questo progetto e a farlo continuare a vivere unico ed indipendente.

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti