Recensione: Blessed Are The Sick

Di Vittorio Sabelli - 21 Aprile 2012 - 0:00
Blessed Are The Sick
Band: Morbid Angel
Etichetta:
Genere:
Anno: 1991
Nazione:
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95

Diciamola tutta, eravamo tutti pronti per un altro ‘uragano’ dopo il travolgente “Altars Of Madness” ma ecco che i Morbid Angel ci sorprendono con il secondo full-length “Blessed Are The Sick” che, soprattutto grazie alla varietà e al tiro parzialmente rallentato, fa da ponte con il successivo “Covenant” e chiude, al pari di Deicide e Obituary, la prima e migliore trilogia del combo floridiano, entrando di diritto nel gotha del death metal. E come già detto per i Deicide, non tentiamo azzardati paragoni tra i tre dischi, poiché ognuno è il giusto seguito del precedente, e lasciamo solo al gusto soggettivo l’ardua decisione, se proprio necessaria.

Guardando “Blessed Are The Sick”.
Se da “Altars Of Madness” la label Earache ha puntato sul ventenne britannico Dan Seagrave per la realizzazione dell’artwork di act quali Entombed, Dismember, Suffocation fino ai più recenti Decrepit Birth, destinati a rimanere alla storia quanto la musica sprigionata al loro interno, in “Blessed Are The Sick” la cover è l’opera “Il tesoro di Satana” del pittore, scrittore e occultista belga Jean Delville. Il dipinto, del 1894, ritrae peccatori, gente avida attaccata ai tesori materiali, i cosiddetti ‘bassi di animo, intrappolati nei tentacoli di Satana negli abissi marini. Anche nella copertina del successivo “Covenant” saranno inseriti elementi esoterici tra cui il libro della magia cerimoniale, in questo caso dell’occultista statunitense Arthur Edward White (Delville e White vissero entrambi 85 anni).

Ascoltando “Blessed Are The Sick”.
È obbligatorio l’ascolto visualizzando il dipinto: ci aiuterà senz’altro a entrare nel mood del platter. Nell’opener “Intro” regnano emozioni differenti a seconda dello stato d’animo con cui ci predisponiamo, le uniche certezze sono le voci contrastanti che emergono in un marasma di suoni industrial. E’ solo il preludio di “Fall From Grace”, dove un doomy iniziale ci introduce alla prima sezione: riff taglienti ci riportano a contatto con il ‘tiro’ inconfondibile del combo, cambi di tempo conducono a una prolungata sezione doom, inframmezzata dai soli di Azaghtoth prima e di Brunelle dopo. Le successive “Brainstorm”, “Rebel Lands” e “Day Of Suffering” proseguono il discorso intrapreso con “Altars Of Madness”, entrambe caratterizzate da ritmiche dispari, riff estremi, cambi di tempo e strutture formali che risaltano ancor di più il genio di Trey Azagthoth. “Doomsday Celebration” funge da intermezzo ed è l’immagine sonora del dipinto in copertina nel Musées Royaux des Beaux Arts di Bruxelles, dove in un salone buio un’illuminazione esalta l’imponente tela, con un organo a canne orchestrato. La title-track, anche se risulta divisa (“Blessed Are The Sick/Leading The Rats”), in realtà è un’unica traccia con la seconda parte affidata a un flauto. Gli spostamenti di accento di Sandoval vanno a contrastare il riffing iniziale introducendo la voce disumana di Vincent, che declama il testo tanto da permeare le zone oscure della mente e condurci alla reale visione del quadro di Delville: «World of sickness, Blessed are we to taste, This life of sin». Nella seconda sezione il ritmo rallenta ulteriormente, sopra un doom minaccioso le chitarre paranoiche introducono il flauto solo che chiude il brano con la breve melodia medioevale “Leading The Rats”. Che non sia stato da ‘spunto’ per il violino solo che gli At The Gates inseriranno nel loro disco d’esordio l’anno successivo? “Thy Kingdom Come” risale al 1987 ed è il brano che la band inviò al “Terrorizer” Pete Sandoval per reclutarlo nel gruppo a sostituire Mike Browning. E Sandoval, quasi a ringraziare, fa il treno impazzito con tempi dispari e raffiche fulminanti che conducono Vincent al climax del brano con il ritornello: «Evil curse is carried forth zombies rage, Burning holy images in life they were, Forced to hail, Eternal flames have purified their souls, Born again in blasphemy, thy kingdom come». Le successive “Unholy Blasphemies” e “Abominations” sono riprese dal primo disco “Abominations For Desolation” (1987), prodotto da David Vincent. Disco che non soddisfò Trey poiché convinto che i brani non rendessero giustizia al loro potenziale, tanto che cestinò l’intero lavoro che comunque l’Earache fece uscire postumo due mesi dopo “Blessed Are The Sick”. Questo malcontento portò lo stesso Azaghtoth a sciogliere la line-up della band allontanando John Ortega e Mike Browning e reclutando proprio Vincent alla voce e al basso: mai mossa si rivelò più vincente. Ecco allora che le nuove versioni di “Unholy Blasphemies” e “Abominations” sono caratterizzate da un Vincent devastante. Da notare nel primo brano il lavoro encomiabile della doppia cassa di Sandoval che lascia esterrefatti e l’inserimento di una sezione blast beats per il finale, mentre la versione originale continuava con impazziti soli di chitarra inframmezzati da ulteriori strofe. In “Abominations” i soli ultraveloci e i cambi di ritmo repentini portano dapprima a una sezione centrale, dove emerge la cadenza ritmica della voce e poi a un finale ancora dettato dalle sfuriate atonali delle chitarre. “Desolate Ways” è un’altra chicca che porta inaspettatamente la firma di Brunelle che, dopo l’uscita del disco, sarà giustamente allontanato perché non si dedicava all’evoluzione della band. Laddove la curiosità e il duro lavoro svolto di Azaghtoth lo portavano a esplorare gli ambiti più disparati ed estremi, Brunelle ‘faticava’ a stare al passo e rallentava, di fatto, il processo creativo. Per sua stessa ammissione nel momento in cui imparava un solo riff Trey ne aveva già altri dieci pronti: non è una coincidenza che tutte le ritmiche della chitarra siano affidate ad Azaghtoth stesso. In “The Ancient Ones”, ripresa anch’essa dal primo disco col titolo di “Azagthoth”, le due chitarre si alternano in soli fulminei e la sezione centrale è intrisa di riff e ritmiche di stampo prog che contribuiscono a esaltare il virtuosismo dei guitar-hero. Il discorso si sarebbe potuto chiudere qui ma, per l’ennesima volta, Azaghtoth cambia pelle e “In Remembrance” è un omaggio al suo amato mondo della musica classica: un pianoforte chiude delicatamente il cerchio di “Blessed Are The Sick”, masterpiece che occupa le posizioni alte dell’Olimpo del death metal, e da cui qualsiasi gruppo a venire e ogni amante della musica non può prescindere.

Un’ultima cosa: dal successivo “Covenant”, i Morbid Angel continueranno a cercare strade e fonti d’ispirazione diverse che li porteranno a percorrere un sentiero a volte troppo tortuoso, che inevitabilmente ha diviso i seguaci della band. Lasciamo da parte emozioni e rimpianti su quello che sarebbe potuto essere… questa è la Storia e i Morbid Angel, con “Blessed Are The Sick”, ce l’hanno saputa raccontare in maniera eccelsa.

Vittorio “VS” Sabelli

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Tracce:
1. Intro 1:27       
2. Fall From Grace 5:14
3. Brainstorm 2:35
4. Rebel Lands 2:41
5. Doomsday Celebration 1:50       
6. Day Of Suffering 1:54    
7. Blessed Are The Sick/Leading The Rats 4:47       
8. Thy Kingdom Come 3:25
9. Unholy Blasphemies 2:10
10. Abominations 4:27
11. Desolate Ways 1:41
12. The Ancient Ones 5:54
13. In Remembrance 1:26

Durata 39 min.

Formazione:
David Vincent – Voce e basso
Trey Azagthoth – Chitarra
Richard Brunelle – Chitarra
Pete Sandoval – Batteria
 

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