Recensione: Cheek to Cheek

Di Giuseppe Casafina - 1 Aprile 2016 - 8:00
Cheek to Cheek
Etichetta:
Genere: Vario 
Anno: 2014
Nazione:
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100

“Era ora”, direte voi!

Era ora che TrueMetal concedesse voce ad artiste di grande respiro, sentite e strasentite non solo in radio, anche da qualsiasi intenditore di MUSICA con tutte le lettere maiuscole: ed è così che con grande onore ci accingiamo a recensire l’ultimo, grandioso disco della fortunata artista che tanto ama il rock duro e il metal che piace a noi metallari ma allo stesso tempo poliedrica, vale a dire Lady Gaga.

Un disco coraggioso, sensibile, che la vede protagonista assieme al crooner statunitense Tony Bennett, uno dei più grandi jazzman di questi tempi: che lei fosse un talento naturale già si sapeva e il successo interplanetario di autentici inni generazionali quali “Bad Romance” e “Poker Face” non è stato un caso, perchè la Gaga è partita dal basso come tutti, esattamente come i più grandi rocker della scena mondiale, per poi arrivare a toccare le meritate stelle non solo con un dito, ma con tutti gli arti del proprio corpo.

 

Cominciamo subito con il dire che questo disco è un capolavoro della musica jazz in grado di far impallidire dischi sopravvalutati quali “The Dark Side of the Moon”, “Machine Head” e “Sad Wings of Destiny”: qui, sebbene le chitarre distorte non siano esattamente parte del DNA di questo disco, riuscirete comunque a scuotere non il capoccione, bensì il bacino, con una propensione innata verso il movimento estremo, più che il semplice ed inutile headbanging.

Se si pensa che il tutto è nato quasi per scherzo, dopo una collaborazione avvenuta l’8 gennaio 2013 a Marion Evans, tra la Gaga ed il buon Bennett (a cui sono precedute numerosi attestati di stima tra i due artisti con l’intenzione di voler provare a realizzare un album assieme).

Il disco si apre benissimo, con una strabiliante “Anything Goes” dove gli acuti vibranti della Gaga (dove gente osannata come un Bruce Dickinson oppure un Rob Halford avrebbe solo da imparare) ben si miscelano al tono profondo e sentito di Tony Bennett (per dire, mica quelle vocette lamentose da quattro soldi tipo Aaron Stainthorpe dei My Dying Bride, qui siamo davvero su altri livelli), mentre il ritmo pulsante dello swing ben sostituisce le solite, ormai scontate  prevedibili cascate tuonanti di metallo.

Perchè la vita non è solo metal e, se a dirlo siamo noi di TrueMetal.it, forse qualcosa vorrà pur dire.

 

No, perchè questo disco è una pura e semplice esplosione di tecnica, talento, sentimento, intelligenza e soprattutto passione, una passione vibrante che ti tocca le corde dell’animo: un disco come questo su queste pagine vi provocherà uno shock sulle prime, ma poi basta ascoltare il ritmo terremotante di “They All Laughed” (roba da far impallidire gli Anthrax, ormai prossimi al declino dato l’esito a dir poco fallimentare del loro ultimo disco in studio) per capire che borchie e capelloni sono acqua passata, che forse la vita deve andare avanti ed è proprio grazie al jazz vibrante della coppia più scoppiettante del mondo della musica che il percorso della heavy music un tempo intrapreso da gente come Steppenwolf e Deep Purple si debba evolvere, e non per forza in qualcosa di più duro (altrimenti i Mayhem oppure i Cannibal Corpse sarebbero multimilionari) ma anche più morbido, levigato e perchè no, patinato.

Quindi, in queste quindici tracce troverete solo una pura espressione artistica con gli attributi dove, pur rinunciando alla violenza, viene fuori tutta l’essenza più pura di quel magnifico incrocio di frequenze sonore chiamato musica.

 

Pertanto, con somma commozione, il voto è degno del miglior capolavoro assoluto della Heavy Music.

Con orgoglio.

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