Recensione: City Of Gold

Di Carlo Passa - 24 Ottobre 2014 - 18:00
City Of Gold
Band: Striker
Etichetta:
Genere: Thrash 
Anno: 2014
Nazione:
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70

Terzo disco per gli Striker, conterranei di gruppi storici come Anvil ed Exciter: e si sente. La band suona un thrash ottantiano venato di speed apparentemente senza compromessi. In vero, rispetto alle prime due uscite, questo City Of Gold presenta qualche variazione sul tema, che in alcuni episodi porta nella direzione di un approccio meno aggressivo e più tipicamente heavy metal. A risentirne positivamente è la dinamicità complessiva del disco e, quindi, la piacevolezza dell’ascolto. Meno monocorde dei suoi predecessori, City Of Gold è anche meno ispirato a livello di scrittura, anche a causa del fatto che l’ondata revival che ha prodotto ottime band come Enforcer e Alpha Tiger inizia a mostrare la corda.
Più che richiamare alla memoria le melodie e gli arrangiamenti degli Exciter, la canzone d’apertuta Underground sembra un omaggio agli Anthrax del periodo d’oro (tra Spreading The Disease e Among The Living), grazie soprattutto alla voce di Dan Cleary, vero epigono di Joey Belladonna. Proprio il timbro acuto e pulito di Cleary contribuisce a stemperare un poco il thrash degli Striker, donandogli un sapore heavy metal d’antan che valorizza le composizioni dei canadesi. Un esempio è City Of Gold, un pezzo metal ibernato nel 1985 e dotato di un bridge che più canonico non si può: lo avrete sentito cento volte, ma è sempre un piacere riscoprirlo, nascosto tra qualche solco che chissà se tornerete mai a ripassare dopo i primi ascolti.
Start Again è uno dei momenti migliori del disco, con il suo ibrido di speed-thrash ed heavy metal: grandi assoli (pulitissimi e di gusto melodico notevole), riffoni compatti e un generale senso di freschezza sono le componenti vincenti di un pezzo davvero piacevole.
Ed ecco Bad Decisions. Mi viene in mente il caso di Escape su Ride The Lightning, non tanto perché i due pezzi si somiglino (anzi), ma in quanto Escape suonava fuori posto su quel capolavoro immortale: nonostante l’altissima qualità che i Metallica sapevano garantire in quegli anni gloriosi, decenni dopo Escape suona ancora come un tentativo almeno straniante di proporre qualcosa di più abbordabile rispetto al resto del disco. Bad Decisions è così: la ascolti e ti chiedi cosa c’entri con quanto hai sentito fino a quel punto. Forse gli Striker si sono divertiti a giocare a fare i Dokken: fatto sta che la canzone è un hard & heavy che suona quasi class metal. La si ascolta con piacere, ma davvero sembra scritta da un’altra band.
A maggior ragione il contrasto si accentua alla luce della successiva Crossroads che, pur non dicendo niente di nuovo, ripropone la formula “picchio, vado veloce e poi facco un assolo melodico”, che pare la più adatta alle corde degli Striker.
All For One va presa per quello che è, senza chiederle più di quanto possa dare: un inno alla fratellanza che non può mancare in un disco che fa dell’ortodossia metal la propria bandiera. E gli Anthrax tornano a far capolino, così come nelle successive, molto aggressive, Mind Control e Second Attack, che suonano come B-side scartate dalla band newyorkese.
All I Want rallenta il ritmo, mettendo ancora in pausa il thrash: l’inizio e le strofe richiamano un po’ i grandi Metal Church, mentre nell’inciso risuona tutto il canone metal anni ottanta che siete in grado immaginare. Niente di memorabile, come anche il puro speed di Rise Up, forse l’episodio più scarso del lotto.
Infine, Taken By Time è un Bignami dell’intero disco, alternando buon metal classico a qualche accelerata tipicamente thrash. Ma anche qui siamo su livelli bassini.
Gli Striker sono la classica band che divide. Se avete apprezzato i primi due dischi dei canadesi, ascolterete volentieri anche City Of Gold. Se li trovavate troppo canonici e derivativi, in questo disco non c’è proprio niente che possa farvi cambiare idea.
City Of Gold è un prodotto professionale, suonato con dedizione (lo si percepisce) e capacità. Certo, non inventa niente di nuovo e, anzi, gode di se stesso nel riproporre stilemi a tratti abusati. Nel 2014, molto metal è anche questo: ottimi mestieranti appassionati che vivono all’ombra della gloria degli eroi che furono. E pare sempre più difficile scovare qualche band che possa davvero avvicinarsi ai fasti dei grandi del passato.

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