Recensione: Death Becomes Us

Di Fabio Vellata - 17 Ottobre 2013 - 0:29
Death Becomes Us
Etichetta:
Genere: Hard Rock 
Anno: 2013
Nazione:
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80

Ecco. Ora si fa davvero sul serio.

Dopo aver conosciuto i colorati e chiassosissimi Superhorrofuck giusto un paio d’anni fa, occasione dell’esordio “Living Deadstars”, c’eravamo fatti un’idea molto precisa del gruppetto di “non morti” guidato dall’allucinatissimo Dr.Freak.

Divertimento, una bella dose d’immagine esagerata, tematiche scherzosamente horror e qualche canzoncina piacevole da ascoltare senza troppo impegno.
Una band “carina” insomma, curiosa per la forzatura dello stile con cui soleva proporsi e con un paio di pezzi cui prestare orecchio volentieri. Nulla però, per il quale spendere più di un benevolo buffetto sulle spalle o lanciarsi in eccessi d’ottimismo.
Pura nicchia. Niente di più, niente di meno.

Epperò…
… accade poi di trovarsi per le mani il nuovo cd – per altro anticipato alcuni mesi prima dal singolo “Gore Geous Dead” – e in una serata come tante, buttarlo in stereo pensando “vabbè, stacco un po’ il cervello”.
E succede di sorprendersi, dopo qualche minuto, in un’improbabile sessione di air guitar volante con tanto di scapocciate selvagge e corna alzate…

Benedetto sia l’hard rock ed i miracoli che sa generare.

Imprevisto e sorprendente: i Superhorrofuck saltano in un colpo solo la trafila della maturazione artistica, trasformandosi da un fragile combo di mattacchioni senza troppe pretese, in una scintillante band dall’identità definita e priva di incertezze. Un balzo verso l’alto che non ci saremmo mai immaginati tanto notevole.
Muscolosissimi, prodotti finalmente con una qualità di suono adatta ad esaltare la potenza di ritmiche punk’n roll dall’ardore che non concede requie. Compatti, determinati, professionali e focalizzati sull’obiettivo come navigati ed esperti alfieri della scena.
Lo avremmo giudicato a dir poco improbabile sino a poco tempo fa. Eppure, Dr. Freak, Mr.4 (gli unici superstiti della formazione originale) e compari, oggi sono questo: una delle migliori punk/rock band in ambiti nazionali, protagonisti di un nuovo album dalle forze centuplicate in cui le canzoni saettano deliranti come lame alla ricerca di giugulari inermi.

Non cambiano l’immagine e le tematiche, sempre incentrate su argomenti orrorifici da b-movie, strani inneggiamenti alla necrofilia e bizzarri ritorni dall’aldilà.
Quelle che cambiano, sono la convinzione e – soprattutto – le prospettive.
Attacchi corazzati come quelli di “Dead World I Live In”, “Down At The Graveyard”, “Death Becomes Us” e “Headless Groupie” li avevamo avvistati negli album di Michael Monroe, degli Hanoi Rocks, o di qualche debordante band scandinava. Certo, forse con qualche grammo di esperienza in più ed una consapevolezza ancora maggiore (e come ovvio, senza eccessi horror), contro-bilanciati però da una voglia di spaccare il mondo che nei Superhorrofuck non conoscevamo ancora così pulsante e volitiva.
Un segno netto e distintivo del cambio radicale delle aspirazioni, ora non più confinate nell’ambito del semplice divertissement di un gruppo di ragazzotti di provincia, ma molto più affine all’idea di una band dalle effettive e concrete possibilità di successo.

Errore grossolano, a questo punto, sottovalutare la proposta del coriaceo quintetto di Verona: estro, follia, un pizzico di genialità e forza d’urto costituiscono una ricetta che consente di raggiungere ottimi risultati, in particolar modo se supportati da suoni davvero efficaci e da una produzione in grado di esaltare l’impatto veemente delle chitarre.
Tutti elementi che, al netto di un look ancora una volta inguardabile (e di una copertina da spavento), non difettano in alcun modo in questo “Death Becomes Us” ma, anzi, talora paiono pure sovrabbondare.

La ricreazione è terminata ed ora sì. Ora i Superhorrofuck sono un gruppo che si fa davvero consigliare agli appassionati di suoni glam, ruvidi ed al confini con il punk.

Come dicevamo all’inizio?

Ecco. Ora si fa davvero sul serio…

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