Recensione: Eufobia

Di Andrea Bacigalupo - 6 Dicembre 2016 - 9:30
Eufobia
Band: Eufobia
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2016
Nazione:
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La musica abbatte ogni barriera culturale ed ideologica e non conosce confini, questo è un dato di fatto. Un genere musicale nasce per espressione degli artisti in una determinata area per espandersi in tutto il mondo attraverso i molteplici canali della comunicazione.
Il buon esempio è dato dal “Rock Anglosassone” che racchiude il periodo storico che va dai Beatles e dai Rolling Stones (primi anni ’60) fino all’esplosione del movimento della NWOBHM (primi anni ’80), includendo il Beat, lo Psichedelico, il Progressive, la New Wave, l’Hard Rock e l’Heavy Metal. Evolutosi in Inghilterra, questo “macro genere”, nell’arco della sua storia estese le sue radici nel resto dell’Europa ed in America, influenzando il modo di comporre, di suonare e, soprattutto, di pensare di intere generazioni.
Erano gli anni in cui il vecchio continente era sostanzialmente diviso nei blocchi Occidentale ed Orientale, separati dalla linea tristemente chiamata “Cortina di ferro”. I paesi del blocco orientale sottostavano all’influenza politica e militare dell’Unione Sovietica, che li privò della loro indipendenza instaurando un regime di oppressione.
Questa situazione si ripercuotè anche sull’espressione artistica dei popoli, compresa la musica Rock. In quel periodo, infatti, anche se non era esplicitamente vietato ascoltare le produzioni provenienti dall’occidente, di certo era sconsigliato ed era difficile recuperare il materiale discografico. Inoltre, in quel periodo, furono poche le band occidentali che calcarono i palchi dell’Est.
Questo non scoraggiò i musicisti dei territori appartenenti al Patto di Varsavia, che svilupparono un movimento underground attingendo da quanto, comunque, riuscivano ad ascoltare e assimilare unendolo alla propria cultura e tradizione.
I primi gruppi Heavy Metal nacquero intorno alla fine degli anni ’70; tra essi si citano i bulgari Impulse, i cecoslovacchi Törr ed i Polacchi Kat.
Con l’apertura della Russia verso l’Occidente, il cui episodio più rilevante, per quanto riguarda la nostra musica, è stato il “Moscow Music Peace Festival” tenutosi ad agosto del 1989, pochi mesi prima del crollo del muro di Berlino, le cose cominciarono a cambiare ed oggi il Metal si è ben radicato nell’Est Europa offrendo un ampio panorama che va dallo stile più classico a quello più estremo. Nel 2010 il “Big Four” ha fatto tappa in molti di questi paesi, eleggendo la Città di Sofia come palco dove registrare la testimonianza storica del suo passaggio.
Ed è proprio dalla capitale della Bulgaria che provengono gli Eufobia, nati nel 2003 e con all’attivo tre full-length, il cui ultimo, semplicemente chiamato “Eufobia” è stato pubblicato il 01/11/2016.
Il genere è un Death Metal suonato senza mezzi termini, moderno, schietto e d’impatto, costruito sulla velocità e sulla potenza. Dieci esplosioni in rapida sequenza dirette ed essenziali, per una durata complessiva di circa trenta minuti, colpiscono chi ascolta da ogni direzione trasmettendogli rabbia, odio e voglia di vendetta, togliendogli il tempo per riflettere e spiazzandolo del tutto.
La soglia d’attenzione rimane sempre alta a causa di una certa imprevedibilità che non lascia spazio ad aspettative, non evidenziandosi un vero e proprio filo conduttore delle tracce, tanto che per comprendere pienamente il lavoro svolto dal quartetto necessita più di un passaggio.
Il rispetto per i grandi si percepisce dal songwriting, dove gli Eufobia applicano alle sonorità che esige il Death Metal le basi del Thrash tedesco e le tonalità essenziali e gravi della NWOBHM.
A mio parere, però, in alcuni momenti la compressione dei brani si traduce in un disordine ed in una cacofonia dei suoni eccessiva che va oltre l’impatto sonoro, diventando quasi sgradevole. Un esempio è il controcanto in “Devotion”, che distoglie l’attenzione dal corpo del pezzo. Le voci sono poi evidenziate poco dalla produzione e sono troppo monocorde pur se cariche di enfasi.
I pezzi che si pongono in evidenza sono l’aggressiva “Graveyard”, sostenuta da una batteria fulminante, la veloce “Hater”, con un cambio di tempo centrale che ne esalta la forza, l’eclettica “Unspoken”, che contiene il miglior assolo di chitarra, e l’arrabbiatissima “Scarecrow“, dai molteplici tempi e con un basso martellante che sostiene le strofe.
Oscura è la cover: nella Piazza di Sofia, davanti al palazzo del Partito Comunista, eretto nel 1950, un tiranno tiene il suo enfatico discorso protetto da un esercito che ricorda quello nazionalsocialista. Sull’ultima pagina si contrappone il monumento innalzato a Sofia alla fine degli anni ’40, in memoria delle gesta dell’Armata Rossa durante la seconda guerra mondiale, ad un dirigibile, simbolo dell’alleanza tra Germania e Bulgaria durante la grande guerra. Un modo concreto per evidenziare le oppressioni che la Nazione ha subito nel corso della sua storia moderna.
L’eufobia è la paura insistente ed ingiustificata di ricevere buone notizie, ma non credo che il combo abbia timore di riscuotere il consenso del pubblico. Album carico di buone idee espresse in modo chiaro; le poche sbavature riscontrare non sviliscono la sua qualità risultando, a tutti gli effetti, una buona prova.

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