Recensione: Néant

Di Tiziano Marasco - 26 Marzo 2015 - 0:00
Néant
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2014
Nazione:
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55

Molti hanno trascorso la propria gioventù ad ascoltare gruppi scandinavi che per orgoglio nazionale cantavano nella propria lingua. Non stupisce dunque che verso la metà degli anni zero abbiano cominciato a sbucare altre band vogliose di adattare il metal più estremo alla propria lingua. Sono poi comparse band che mischiavano varie lingue all’interno di uno stesso disco, sino ad arrivare all’emblematico caso di una band russa infatuata della Finlandia (naturalmente i Kauan).

L’evoluzione non sembra destinata ad attenuarsi, anzi, forse ci troviamo innanzi ad un primo cambio di tendenza. Questo cambio si presenta con il monicker Atrum tempestas, vale a dire un gruppo dei mille laghi che canta in una lingua che col metal ha relativamente poco a che fare: quella degli Alcest, o forse sarebbe meglio citare Albert Camus e Jean Paul Sartre dato che l’ultima fatica dei finlandesi si chiama Néant, il nulla. Nichilismo allo stato puro, dunque, che lascia sottintendere, data la scandinava matrice dei nostri, che gli Atrum Tempestas siano dediti al black metal. E ovviamente non si sbaglia. 

Va detto comunque che la proposta del combo si attesta su livelli canonici ma non troppo e vira verso le lande più atmosferiche del genere. Il che produce una opener di un quasi quarto d’ora di buona fattura, Quitter ceux qui étaient dejà partis. Una cavalcata tetra fatta di chitarre, tante e malinconiche, con molti gustosi passaggi strumentali, interpretati con passione e spirito black dei primordi. Nulla di nuovo dunque, ma comunque qualcosa che stuzzica il nervo acustico. A tale opener purtroppo si contrappone una seconda canzone, S’éclipser molto più classica, in tutto e per tutto un mero quanto dimenticabile riempitivo. Va un po’ meglio nel passaggio conclusivo, Et après, le néant, che recupera le buone idee della prima traccia,pure suona piuttosto fiacca e molto meno ispirata.

Mettendo assieme dunque quanto sentito nelle tre composizioni, unendolo al coraggio di tentare la carta di una lingua che col black non ha gran feeling ma soprattutto tenendo conto che Néant si attesta su appena trentadue minuti scarsi di musica, risulta piuttosto difficile promuovere questi finlandesi. Non si tratta certo di un discaccio, dal néant assoluto siamo ancora piuttosto lontani. Pur tuttavia non vi è un motivo valido che possa distinguere gli Atrum Tempestas dalla marea di gruppi black atmosferici che sempre più spesso compaiono sulla scena, tanto più che in genere questi gruppi osanodi più, si fanno autori di un sound più articolato. C(è di peggio, non si discute, ma per trovar di meglio non serve fare molta fatica.

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