Recensione: The Roots Of Trash

Di Orso Comellini - 20 Dicembre 2010 - 0:00
The Roots Of Trash
Band: Hyades
Etichetta:
Genere:
Anno: 2009
Nazione:
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82

«Finché ci saranno ragazzi che avranno bisogno di sfogare la loro rabbia, l’Heavy Metal sopravvivrà».
(Ozzy Osbourne)

Questo celebre aforisma sembra calzare a pennello per gli Hyades. Rabbia che trasuda dalla musica, dai testi e durante gli show dal vivo. Contro il moderno capitalismo, il consumismo, il potere dei mass-media e così via… Anche la copertina di “The Roots Of Trash” (sì: senz’acca!) è la rappresentazione di quanto detto. Essa è opera di un guru per il genere thrash: Ed Repka, diventato celebre per aver «dato vita» a Vic Rattlehead dei Megadeth e aver disegnato alcune delle copertine dei Possessed, Sanctuary, Toxik, Death, Nuclear Assault… Un artista navigato, quindi, che fin dall’inizio – già dalla precedente release – ha accettato di buon grado la collaborazione con l’act nostrano.

Ma gli Hyades non sono solo questo. Non hanno ambizioni da rockstar, sono persone autentiche che badano poco alle apparenze: non si sentono obbligati a indossare catene, borchie, croci rovesciate o ad assumere espressioni facciali e atteggiamenti (in foto tanto quanto nella vita di tutti i giorni) fatti apposta per apparire più «cattivi». Attitudine, questa, considerata da loro stessi conformismo come tanti altri. Di conseguenza, anche, niente «tastieroni» o mandolini e nemmeno innovazione a tutti i costi. Sono musicisti la cui priorità è di divertirsi e di fare divertire e che, in primis, si ritengono fan; cercando comunque di esprimere se stessi in tutto ciò che fanno. Ragazzi legati da una profonda amicizia, fatta di serate in scantinati graffitati con pizza, birra del discount e skate; ma anche di lunghe trasferte per trovarsi e suonare o comporre nuovo materiale. Tutto in nome della comune passione per la musica thrash della Bay Area, ma anche quella dei D.R.I., Sacred Reich, Tankard, Artillery, fino ai più recenti F.K.U..

I Nostri si sono formati nel 1996 quando erano poco più che ragazzetti sognatori e brufolosi cui piaceva tanto l’heavy e, come loro stessi non hanno mai temuto d’affermare, quando la padronanza degli strumenti era ancora tutta da venire. Da lì, la volontà di farsi una dura gavetta lunga anni. Anni costellati da una valanga di concerti e dalla pubblicazione di vari demo riuniti poi in “No Bullshit… Just Metal!”. Per poter così arrivare, con un’adeguata esperienza, alla registrazione del primo full-length “Abuse Your Illusion”, nel 2005, oltre che al contratto con la storica etichetta Mausoleum Records.
Lungo il loro corso si è potuto notare un progressivo avvicinamento al thrash a causa, probabilmente, di alcuni cambi di line-up – decisivi l’ingresso del devastante batterista Rodolfo “Rodeath” Ridolfi e in seguito del bassista Jerico Biagiotti, entrambi attivi con S.R.L. e Subliminal Crusher – ; avvicinamento culminato nel 2007 con la pubblicazione di “And The Worst Is Yet To Come”. Platter acclamato dalla critica specializzata e dai fan, che porteranno l’ensemble in trionfo all’edizione del Gods Of Metal di quell’anno, sul palco delle band vincitrici del MySpace Contest. Riuscendo, inoltre, nel ad andare in tour con band importanti come Manilla Road, Helstar, Omen, Anvil; accrescendo così la loro popolarità anche fuori dai confini nazionali.

A due anni di distanza il quintetto si ripresenta quindi sulle scene con l’album in questione, “The Roots Of Trash”, il lavoro più maturo della loro discografia.

Dopo una storia così ricca di buone premesse, le attese erano di alto livello. Gli Hyades, buon per loro, sono riusciti in gran parte a non deluderle con delle canzoni capaci di non sfigurare al cospetto dei grandi nomi del thrash cui il combo di Varese s’ispira. Bisogna dire che un maggiore utilizzo di parti soliste di chitarra, talvolta presenti e ben fatte (non sfoggio di virtuosismo fine a se stesso, sia ben chiaro, ma soli dotati di feeling/groove) e una maggiore eterogeneità tra un brano e l’altro, avrebbero fatto decollare l’album che, comunque, s’assesta su livelli più che lusinghieri.
Ritengo sia poco proficuo analizzare i singoli brani annotando che «quella determinata song» sembri essere scritta per essere inserita come bonus track nella ristampa di “Among The Living” o che «quel ritornello» ricordi la linea vocale di “Harvester Of Sorrow”. Preferisco rimarcare il fatto che canzoni come “Anti-Fashion Megamosh Force” (presa in giro dei «griffati»), “United In The Struggle” e “The Problem Is You”, si candidino come futuri classici da suonare dal vivo, con orde di thrasher che urleranno: «Take a Whisky, take a Beer!». “I Belong To No One”, come peso specifico, mi ha fatto subito pensare al capolavoro dei connazionali Extrema, “Tension At The Seems”; con un cambio di tempo centrale capace di far svitare il collo dall’headbanging. Ma è da “The Great Deceit” fino a “The Moshing Reel” (brano che riprende i temi delle canzoni canzoni “Wops Still Thrash” e “Hyades”) che gli Hyades riescono a esprimere il meglio del loro repertorio con canzoni più articolate, personali e coinvolgenti; nelle quali si riesce ad apprezzare l’ottima produzione curata da Andy Classen (Holy Moses) e l’eccellente affiatamento della coppia dei chitarristi. A chiudere il disco troviamo la cover di “Come Out And Play” che fece la fortuna dei The Offspring nella prima metà degli anni novanta, inserita perché già dal titolo rappresenta parte dello «spirito» della band lombarda, riproponibile magari a chiusura degli show con conseguente invasione pacifica di palco…

In attesa di un nuovo full-length, consiglio a tutti gli estimatori del genere di uscire dalla loro tana e di comprare “The Roots Of Trash”: ne varrà la pena, vedrete!

Orso “Orso80” Comellini

 

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Track-list:
1. Long Way Back Home 1:47
2. I Belong To No One 3:31
3. A.F.M.S. 4:44
4. United In The Struggle 3:45
5. The Problem Is You 3:37
6. The Great Deceit 5:49
7. Still In The Trash 3:40
8. Alive But Dead 4:44
9. Worse Than The Silence 3:17
10. The Moshing Reel 4:19
11. Come Out And Play 3:42

All tracks 43 min. ca.

Line-up:
Marco Colombo – Vocals
Lorenzo Testa – Guitar
Marco Negonda – Guitar
Jerico Biagiotti – Bass
Rodeath – Drums
 

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