Recensione: The Throne Within

Di Yose Dutto - 14 Settembre 2019 - 0:01
The Throne Within
Band: Ram
Etichetta:
Genere: Heavy 
Anno: 2019
Nazione:
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85

La nuova fatica degli svedesi RAM esce a vent’anni di distanza dalla formazione della band, avvenuta nel 1999. E non c’è miglior modo di festeggiare il loro ventesimo anniversario di carriera che con questo ottimo The Throne Within.
Album distribuito dalla Metal Blade sia in vinile che cd, non solo in versione semplice ma anche con diversi pacchetti a scelta, con magliette, toppe, poster e anche una versione deluxe.

Un riff da manuale dell’Heavy Metal apre The Shadowwork, brano che ci fa capire subito che i RAM rimangono fermi nella loro proposta, una garanzia per chi ama le sonorità più tradizionali e allo stesso tempo oscure. Proprio certe sonorità oscure sono per il sottoscritto il punto di forza dei RAM.
Highlight della canzone é senza ombra di dubbio il solo delle chitarre, degno delle famose coppie di asce come Murray/Smith, Downing/Tipton, Denner/Sherman
Si prosegue poi con Blades Of Betrayal, singolo che già al tempo della sua uscita nell’agosto 2019, aveva destato l’interesse di molti, il sottoscritto incluso, tanto da farmi pre-ordinare il bundle in vinile dell’album a “scatola chiusa”.
Canzone diretta che non dà un attimo di tregua all’ascoltatore, ma non stanca anche dopo ripetuti ascolti, da headbanging istantaneo e con il ritornello da cantare a squarciagola. Divertente anche il video, volutamente in stile ottantiano. Gia tra i classici del gruppo.
Ritmi cadenzati la fanno da padrone nella successiva Fang And Fur. Rallentano i tempi, ma la qualità rimane altissima. I riff delle chitarre, le parti arpeggiate nel ritornello, la “cavalcata” di basso ad accompagnare una batteria granitica vanno a creare un proprio anthem Metallico.
Violence (is Golden) cala un pó rispetto al fantastico trittico iniziale, rimanendo comunque su livelli alti. Tra ritmi serrati e riff taglienti sono la coppia Granroht/Jonsson a regalarci il momento da ricordare di questo brano, presentando dopo il solo una bella melodia a doppie chitarre.
I toni si alzano di nuovo con The Trap, brano che ricorda al sottoscritto i primi Accept, sia come scelta delle melodie che negli arrangiamenti. Altro brano che entra in testa e rimane fin da subito.
Riff Di chitarre sostenuti la fanno da padrone in No Refuge, brano che contiene alcuni cambi di tempo che fanno a rompere il ritmo della canzone.
Il mid tempo Spirit Reaper è il punto più alto del disco, grazie ad un ritornello melodico e malinconico, un lavoro maturo da parte di tutta la band, che senza strafare riesce a regalarci un brano di classe.
You All Leave è la “ballad” del disco, brano bello e malinconico, di scuola Priestiana. Si parte lenti, solo chitarre e voce per poi scaturire nel solo verso la metà del brano, dove il resto degli strumenti si uniscono per chiudere il brano in modo davvero bello e epico
A chiudere l’epica Ravnfell, canzone che uscí a luglio 2019 come singolo apripista dell’album e che vede come ospite Alan Averill dei Primordial.

L’album, a differenza del precedente Rod, non ha un vero filo conduttore per quanto riguarda le liriche. Si passa dal raccontare di un tradimento da parte di qualcuno che si pensava un amico, in Blade Of Betrayal, a il tema del suicidio in You All Leave, fino a raccontare in Fang And Fur di un gruppo di lupi che hanno attaccato i partecipanti di un matrimonio, avvenimento realmente accaduto nella tundra Russa.

Si sente chiaramente che tanto lavoro è stato fatto nella ricerca dei suoni e degli arrangiamenti, in un disco che è stato registrato e auto-prodotto nel loro Black Path Studio.
La coppia Granroth/Jonsson è in stato di grazia, macinano riff e soli di classe senza un attimo di calo. La sezione ritmica potente e precisa, una prova vocale convolgente e a volte sorprendente.

Un album ottimo per gli svedesi, probabilmente il migliore della loro carriera, che li riconferma tra i gruppi di punta del Metal più tradizionale, quel Metal che non ha bisogno di orpelli o produzioni ultra pompate e che darà sicuramente piacere nell’ascolto agli amanti del genere.

Certo non inventano nulla di nuovo, ma riescono comunque ad avere un loro marchio di fabbrica e suono riconoscibile da subito.

 

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