Recensione: The Moment

Di Stefano Ricetti - 19 Giugno 2025 - 11:06
The Moment
Band: Mario Vayne
Etichetta: Autoprodotto
Genere: Hard Rock 
Anno: 2025
Nazione:
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77

Mario Vayne è un polistrumentista australiano del Queensland con origini italiane: chitarrista, cantante e songwriter giunge con The Moment al proprio debutto discografico, in regime di autoproduzione. L’etichetta che marchia il lavoro, infatti, è semplicemente denominata Vayne One Entertainment.

Di sé racconta che ha iniziato a suonare dall’età di sette anni, da innamorato della musica, favorito dal fatto che i suoi parenti italiani non se la facevano mai mancare in quanto coinvolti attivamente nella cosa. A undici scrive la prima canzone ma poi, crescendo, a differenza delle classiche storie da libro Cuore che lo vorrebbero già rockstar in erba, inquadrato e proiettato sulle rutilanti strade del successo, Mario a causa della propria timidezza opta per una gestione maggiormente intimistica della propria innata passione e talento. Gli inizi, infatti, sono costellati da realizzazioni a livello strettamente personale, senza alcuna divulgazione. Poi la scelta di battere i vari club della zona, conquistandosi un buon seguito e un nome sufficientemente conosciuto, che gli permette alcuni passaggi sulle radio locali e l’approdo, in qualità di cantante, in alcune band, sia australiane che inglesi.

Raggiunta una certa maturità ed esperienza ritiene che sia il momento di riverberare su disco il proprio credo musicale et voilà ecco servito The Moment, un album composto da dieci canzoni per trentacinque minuti di ascolto.

Vayne, onestamente, ammette le influenze derivanti da band quali Cheap Trick, The Sweet, Little River Band, The Babys e Status Quo, quindi mammasantissima dell’hard rock anni Settanta, prevalentemente, ma è innegabile, dopo alcune passate ai pezzi contenuti dentro il disco che poi lo stesso Mario abbia fatto tracimare le proprie radici soprattutto nel decennio successivo.

The Moment infatti possiede le stimmate del classico prodotto anni Ottanta di stampo melodico, costruito su basi hard rock per via delle sonorità generose e con parecchi rimandi ad ambiti semplicemente rock, sulla scia di quanto fu realizzato con successo estremo dai vari Bon Jovi, Dokken, Winger, Def Leppard, Cinderella, solo per enumerarne cinque.

All’interno dell’album, anche pescando a caso, si casca sempre bene: dalla spudoratamente leppardianaRock N Roll Day” sino al lentone d’ordinanza, “Sorry Ain’t Enough” passando per l’accattivante title track, a seguire “Diary of a Heart”, diretta discendente dei Whitesnake ed “Electric”, pezzo che pare tratto dalla colonna sonora del film Top Gun del 1986, quello con Kelly McGillis, Tom Cruise e Val Kilmer.

Canzoni scritte con il cuore, dal gancio assicurato, poggianti sulla chitarra e innervate dalla voce rodata di Mario Vayne, personaggio del quale molto probabilmente sentiremo parlare in futuro, nel momento in cui potrà esibirsi dal vivo anche in Europa, accompagnato da una band degna.

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

 

 

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