Recensione: New Gods, New Masters

Con “New Gods, New Masters”, pubblicato da Metal Blade Records, i Revocation, oltre a raggiungere il nono full-length in diciasette anni di carrriera (a cui vanno aggiunti split e anche un EP), confermano ancora una volta di essere una delle realtà più solide e continuative del metal estremo contemporaneo.
Il nuovo lavoro mescola con grande abilità thrash e death metal, come la band ci ha abituati sin dagli esordi, arricchendo il tutto con un groove moderno che dona dinamismo e pulizia al suono. La componente compositiva risulta brillante e frizzante, capace di catturare l’ascoltatore dall’inizio alla fine, mentre le linee soliste di Harry Lannon colpiscono per tecnica ed espressività, innalzando ulteriormente il livello di intensità e godibilità. “New Gods, New Masters” si muove su quel filo sottile che lega melodia, thrash e death metal (moderno), una direzione intrapresa anche da realtà come Havok, Arsis o Allegaeon e che si rivela ancora una volta vincente.
Se da un lato la band mantiene un profilo piuttosto controllato sotto l’aspetto della ferocia, dall’altro i centellinati momenti più brutali, inseriti con intelligenza, arricchiscono la varietà e l’impatto dell’insieme. Degna di nota anche la sezione ritmica firmata da Weber e Pearson, capace di dare sostanza e fluidità all’impatto ad ogni brano, mentre la produzione risulta limpida, potente e curata in ogni dettaglio.
Nel complesso “New Gods, New Masters” non si presenta inatteso per colpi di genio, né propone chissà cosa di stupefacente, ma si colloca senza dubbio, con distina dignità ‘metal’, tra le uscite più ‘gustose’ di questo autunno; è un disco che non sfigura in una Cd-grafia di livello e che (ri)conferma la band bostoniana come un punto fermo nel panorama del metal estremo internazionale.