Recensione: Hideous Aftermath

Terzo disco in appena quattro anni per i perversi e disturbanti statunitensi Sanguisugabogg, ormai nome di punta della scena death metal internazionale. Con questo nuovo capitolo, la band conferma con prepotenza quanto già seminato con il devastante e quasi irraggiungibile esordio “Tortured Whole” (2021) e con il successivo “Homicidal Ecstasy” (2023).
Il nuovo lavoro si presenta come un macigno sonoro: riff ribassati, groove granitici e un muro di chitarre che, privato del sostegno classico di un basso dedicato, trova proprio nelle sei corde accordate all’inverosimile il marchio distintivo del gruppo. Un suono che è caustico, corrosivo e immediatamente riconoscibile, ormai marchio di fabbrica di quello che gli stessi membri amano definire “drug death metal”.
A colpire è anche la continua ricerca di soluzioni tecniche e strutturali: sezioni schizoidi che riportano alla mente gli Agoraphobic Nosebleed, sfuriate grind degne di Insect Warfare e un senso di groove che richiama i Pig Destroyer nelle loro versioni più accessibili. Un cocktail micidiale che, pur nella sua furia, mantiene sempre un equilibrio tra caos e fruibilità.
Tra i brani spiccano in particolare “Felony Abuse of a Corpse”, manifesto di brutalità oscena e devastante, “Repulsive Demise”, dove il groove diventa arma letale e travolgente e “Erotic Beheading”, episodio in cui la band riesce a coniugare violenza e soluzioni più contorte con grande naturalezza. Tre momenti che condensano alla perfezione l’identità del disco e l’essenza del loro approccio malato e perverso al death metal.
La produzione, va detto, potrebbe dividere: se da un lato appare imponente e stratificata, dall’altro rischia di risultare un po’ troppo “patinata”, limando la ferocia più viscerale e lasciando meno spazio all’improvvisazione dei singoli musicisti. I volumi sono perfettamente calibrati, ma talvolta questa precisione chirurgica sacrifica parte dell’impatto primordiale che il death metal più sporco sa regalare.
Nonostante ciò, i Sanguisugabogg dimostrano di essere oggi un punto di riferimento imprescindibile per il death metal contemporaneo. Con questo album, riescono a raccogliere le molteplici eredità del genere e a incanalarle in una visione personale, stratificata e coerente, che non teme confronti. Una conferma attesa, ma che li proietta con forza ancora maggiore nella cerchia ristretta delle band da seguire con attenzione assoluta.