Prog Rock

Recensione libro: Pink Floyd, pigs might fly, la vera storia

Di Stefano Ricetti - 13 Ottobre 2025 - 9:40
Recensione libro: Pink Floyd, pigs might fly, la vera storia

Pink Floyd

Pigs might fly: la vera storia

di Mark Blake

Ean13: 9788827605318

Collana: MUSICA

Pagine: 448

Editore: CASTELLO

Prezzo: € 22,00

 

A elencare gli Osanna che nel tempo ha ricevuto Pigs Might Fly nella sua versione originale pare che i dubbi siano veramente a zero:

A rendere quello di Blake uno dei migliori libri mai scritti sui Floyd sono i dettagli minuziosi… delle vere e proprie chicche per i fan della band, tutte da gustare.

Classic Rock

 

Il lavoro di Blake, aggiornato di recente, potrebbe essere l’opera definitiva sul gruppo…

The Sun

 

Blake segue la storia di ciascun membro della band in maniera talmente precisa che l’espressione “biografia definitiva”, con questo libro, assume un significato tutto nuovo.

Mojo

 

Probabilmente per un bel po’ di tempo non vedremo altri libri dei Pink Floyd sugli scaffali: questo è già perfetto.

Kirkus

 

Delicato e approfondito…

The Guardian

 

Una panoramica superba, incredibilmente dettagliata e puntuale, della storia della band: indispensabile nella vostra libreria.

Brain Damage

 

Mark Blake traghetta la Floydologia nel XXI secolo con questo volume scritto splendidamente…

The Sunday Telegraph

 

L’opera più completa e ampia sulla storia dei Pink Floyd.

Record Collector

 

 

Il libro parte dell’esibizione dei Pink Floyd all’interno del Live 8 in quel di Londra nel 2005 dopo che Bob Geldof miracolosamente era riuscito a rimettere insieme la band, per poi passare in rassegna l’intera vita artistica del gruppo, partendo dagli albori dei vari protagonisti per poi abbracciare il lasso temporale compreso fra il 1967 e il 2017, anno nel quale si conclude il racconto dell’ultima edizione originaria aggiornata targata Aurum Press esistente sul mercato, sapientemente tradotta in lingua italiana da Sara Boero per Il Castello Editore, all’interno della collana Chinaski Edizioni di Federico Traversa, da poco sul mercato con il titolo di Pink Floyd, Pigs Might Fly, la vera storia.

Trattasi di un bestione di quasi 450 pagine scritte fitte senza alcuna foto all’interno, con qualche refuso di stampa ai minimi sindacali. Come ormai universalmente riconosciuto dall’intellighenzia letteraria rock mondiale Mark Blake, nel tempo collaboratore di Q Magazine e di Mojo ha messo nero su bianco il testo definitivo sui Pink Floyd.

Ci sono fondamentalmente tre modi di scrivere libri sulle band o su di una scena che sia legata a alla musica degna di tale nome. Da esterno, quindi raccogliendo il materiale più svariato a riguardo per poi cucirlo su misura magari integrandolo con impressioni personali, da semi esterno, aggiungendo alla prima modalità interventi di prima mano da parte degli artisti coinvolti, oppure da interno, quindi investito dell’onere e dell’onore dell’ufficialità.

Ognuna con i propri pregi e difetti. In un’ipotetica classifica, assumendo però che tutte e tre siano state condotte al meglio delle possibilità, la seconda solitamente vince per distacco, in quanto capace di radunare a sé il meglio delle altre due. Blake con Pigs Might Fly l’ha fatto: forte di una grandissima preparazione di base sui Floyd ha saputo integrare il proprio minuzioso e intrigante racconto con dichiarazioni e interventi ad hoc da parte dei vari componenti il gruppo, spesso inedite e fornite appositamente per il libro. Ma non si è fermato solo a loro, l’autore ha scandagliato l’intero universo legato al complesso britannico scomodando addetti ai lavori, roadie, conoscenti, compagni di scuola, perditempo, sanguisughe, fan e amici vari così da costituire un quadro il più possibile completo sul firmamento Pink Floyd.

Una compagine piuttosto burrascosa (eufemismo), la loro, capace di fornire in modalità assolutamente naturale svariato materiale piccante, ingrediente base per una sana, ma anche insana, costante e pressoché perenne polemica che da decenni accompagna le loro vicende. Storici, ormai, gli scazzi fra David Gilmour e Roger Waters, capaci di mettere in secondo piano quelli con (e fra) gli altri componenti. Blake dentro Pigs Might Fly ha saputo distillare al meglio anche le parti più pepate, che sono poi quelle che forniscono adrenalina a un libro, alternandole a vere e proprie chicche, costituendo quell’enclave legato all’aneddotica in grado di far compiere un ulteriore salo di qualità al narrato. Chiaramente è poi la storia a tirare le fila, da gruppo underground di ventenni a torso nudo a Pompei nel 1971 pronto a conquistare il mondo a quando nel 2005 il Guardian li definì “i soci anziani di uno studio di commercialisti”, lungo una traiettoria artistica, la loro, segnata da momenti tristi – il melodramma e il decesso di Syd Barrett, la morte di Richard Wright – e costellata da album che hanno inciso nel granito la storia della musica vendendo un numero mostruoso di copie in tutto il mondo.

Oltre alla militanza live di Terence “Snowy” White, poi nei Thin Lizzy, essendo una compagine inglese, quindi gravitante giocoforza intorno a Londra e al suo humus letterario, modaiolo ma soprattutto musicale Pigs Might Fly regala qualche riferimento legato anche al Metallo: la band ebbe un’audizione, poi andata male, con Gerry Bron, allora editore musicale e in seguito fondatore della celeberrima Bronze Records, etichetta simbolo dei Motörhead, ma anche di Angel Witch, Plasmatics, Diamond Head, Girlschool.

I Pink Floydrischiarono” di chiamarsi Megadeath – con la ‘a’ – e secondo l’autore, nel 1966, i Cream, il primo cosiddetto supergruppo, del rock, iniziarono a inventare l’heavy metal, così come The Wall conterrebbe  parti di heavy metal dissonante (?). Infine, l’assolo di chitarra conclusivo di Gilmour su “Sheep”, per Blake, costituisce un momento di puro riffing heavy metal.

 

Hai scritto qualche nuova canzone, Syd?

Risposta di Barrett: “mi dispiace, non parlo francese

 

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti