Recensione: Set Me Free
La storia dei piemontesi Only One Black nasce nel 2022, band nata con l’intento di coverizzare i più famosi artisti hard rock e heavy metal (qui l’intervista per saperne di più). Dopo un cambio di line-up, dal 2023 hanno virato sul progressive e l’anno scorso iniziano a comporre i primi brani inediti, prendendo ispirazione dai gruppi storici come Dream Theater, Symphony X, Rush e PFM. Forti di alcuni premi vinti meritatamente e dell’esperienza maturata in sede live, il 17 ottobre 2025 esce Set Me Free, il primo full-length preceduto dai singoli ‘Dark’, ‘Just A Mask’ e ‘Without You’. L’album tratta varie tematiche come la solitudine, il cambiamento, le relazioni interpersonali, e si compone di dieci tracce per una durata totale attorno ai 45 minuti circa.
Ma veniamo alla musica. Il disco si apre con tanta potenza ed energia: l’accoppiata “Silver Moon”-“Moonbeam” è infatti un binomio di raffinatezza e grinta. I primi secondi dell’opener ricordano “Pull me under” dei Dream Theater, poi il brano scorre in modo fluido, impreziosito dal timbro di Camilla Sedda, che sa essere delicato ma anche graffiante nelle note alte. La strumentale “Moonbeam” è un pezzo diretto, metal da manuale, con una sezione ritmica implacabile e un’ottima alchimia tra i membri della band.
Molto bella anche la seguente ballad “Without You” con testi in italiano. Il sound ha un lato retrò ma senza risultare stucchevole, mentre l’assolo di chitarra trasmette il giusto pathos. In “Just a mask” troviamo alcuni elementi djent accostati al miglior power metal italiano. “Dark” (tra i singoli che hanno preceduto l’uscita del disco) è uno degli esempi migliori dell’identità poliedrica degli Only One Black. Le atmosfere sono vagamente cupe e spigolose, ma il ritornello si staglia con la sua potenza magnetica; e che dire della sezione acustica al quarto minuto? Una trovata geniale e coraggiosa. In “Kill me” si esagera con alcune seconde voci troppo spiritate. “Beat of time” è invece un altro bel pezzo heavy con contaminazioni progressive. L’album si chiude con la titletrack, “Set me free”, dodici minuti divisi in due parti inframmezzate dalla breve “Exist Again”. Niente da dire, si tratta di un signor pezzo, con ritmiche granitiche, un bel groove e il solito afflato vicino ai Dream Theater che conferisce ricercatezza al tutto.
In conclusione, possiamo dire che parliamo di una giovane band molto promettente. Buona la base ritmica con il bassista Leonardo Capriotti e il batterista Luca Ferrero (rispettivamente classe 2006 e 2007) dotati di ottima tecnica ma ancora in cerca di un proprio stile distintivo. Gli assoli di chitarra, opera della coppia composta da Leonardo Piermaria e Davide Moretti, sono tutti ben congeniati e suonati a dovere, bilanciando virtuosismo e ispirazione. Che dire infine della voce della ventiseienne Camilla Sedda? Un concentrato di tecnica e istrionismo, difficile trovare di meglio.
In definitiva gli Only One Black propongono un progressive lunare, atmosferico, con pochi inserti di tastiere ma tanta potenza e voglia di stupire. Consigliati.
