Recensione: Bite The Bullet
Sarebbe stato davvero un peccato perdere definitivamente il talento e le capacità dei fratelli Boge e dei loro Street Legal.
Uscito allo scoperto ben nove anni fa con un debutto dotato di fascino, carisma e ottime canzoni, il gruppo norvegese è poi letteralmente scomparso dai radar, rimanendo vittima di numerosi colpi di sfortuna, lunghe vicissitudini personali e traversie d’ogni tipo a livello di formazione, tante e tali da fiaccare la volontà e gli entusiasmi di chiunque.
Non della coriacea band dell’ex DaVinci  Bjørn Boge  però che, nonostante i guai a raffica, l’aver rischiato la pelle a causa di un grave incidente al tour bus ed i numerosi cambi di line up, mai ha smarrito la fiducia e la speranza di ridonare finalmente un seguito al suo ambizioso progetto.
“Thunderdome”, primo capitolo datato 2000, si era rivelato essere una sorta di nettare per le orecchie dei fan incalliti di Phyl Lynott e dei Thin Lizzy, e più in generale, di quel suono particolarissimo ed unico che aveva reso grandi e leggendari album come “Thunder and Lightning” e “Jailbreak”, ed in seguito aveva contribuito a donare lustro e merito a John Sykes ed ai suoi Blue Murder. 
Infuenze del resto che, insieme a molte altre citazioni illustri (Van Halen, Alcatrazz, Ozzy, Kiss), non sono mai state negate o taciute dallo stesso Boge, grande appassionato di tutto quello che il rock e l’hard rock hanno saputo proporre dagli anni settanta ad oggi.
Nessuna sorpresa dunque, nello scoprire quanto il nuovissimo e fiammante “Bite The Bullet” sia diretto discendente del suo “antenato”, disco da cui rileva in blocco le coordinate stilistiche e compositive, ampliandone, se possibile, l’impatto in termini di robustezza di suono e le similitudini con Lynott ed i grandi Lizzy.
La selezione di brani si attesta su di un livello francamente buono e sa offrire, in una panoramica di valore, non pochi spunti d’interesse e momenti piacevoli, perfezionati grazie alla maestria di un nucleo di musicisti davvero capaci, a partire dai fratelli Bjørn e Oysten Boge, (cantante e bassista il primo, batterista il secondo) per finire alla coppia di asce, costituita dal bravissimo Rolf Bjorseth e da un fuoriclasse eccelso come Tore Østby (ex Ark e Conception).
Partendo da un ipotetico apice assoluto, è impossibile non porre in evidenza la grandeur ed il malinconico romanticismo dell’eccellente “Shadow In My Heart”, più di un semplice omaggio ai già più volte citati Thin Lizzy. Un andamento lento e morbido, è il contorno per una ballata capolavoro, in cui la voce di Boge risalta con estrema enfasi ed ammanta di magia un pezzo orchestrato che cattura in una spira d’emozioni e suggestioni d’altri tempi.
Ma è il rock tonante quello che, più di tutto, costituisce il cuore dell’album.
Ecco quindi, scatenarsi una ad una, le tambureggianti e ardimentose “Loading Up”, “Somebody Up There Likes Me” e “Bite The Bullet”, avanguardia di fuoco di una tracklist che conserva numerosi altri motivi di vanto. 
La grintosissima e cattiva “Warriors of Genghis Khan” (la cui genesi è alquanto singolare) ad esempio. Oppure la veloce “Starship Trooper” pezzo che il singer, grande appassionato di cinema, ha voluto dedicare all’omonimo sci-fi movie.
Per non tacere inoltre della raffinatissima “Trapped” o della conclusiva, “piovosa” ed intensa “Silent Tear”, canzoni che, insieme alla riuscita cover di “Maniac”, (celebre pezzo di Michael Sembello che i meno giovani ricorderanno nella colonna sonora del film “Flashdance”), costituiscono la parte finale di un disco avvincente e completo, degno erede del brillante predecessore “Thunderdome”.
L’ascolto di “Bite The Bullet”, si presta dunque ad un paio di conclusioni finali, in fondo logiche ed inevitabili.
C’è di certo un pizzico di rammarico. L’aver rinunciato per così tanto tempo a quella che poteva essere una band di talento a causa d’innumerevoli colpi di autentica “sfiga”, è un vero peccato e fa pensare a quanto di buono si sarebbe potuto comporre e realizzare nel frattempo.
D’altro canto, l’aver ritrovato una realtà di questo valore, anche a distanza di nove anni, è comunque un motivo di soddisfazione, capace oltretutto, di alimentare ulteriormente il già ottimo periodo che il genere sta attraversando di questi tempi.
A questo punto, non resta che sperare in maggior fortuna per gli Street Legal, augurando loro di rifarsi del tempo perduto e augurando a noi, di riflesso, di poter gioire al più presto di altri album convincenti e ben realizzati come “Bite The Bullet”.
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Tracklist:
01. Loading Up 
02. Somebody Up There Likes Me 
03. Unconditional Love 
04. Warriors of Gengis Khan 
05. Shadow In My Heart 
06. Bite The Bullet 
07. Starship Trooper 
08. Trapped 
09. The Battle of Kringen 
10. Maniac 
11. Silent Tear 
Line Up:
Bjørn Boge – Voce / Basso 
Oysten Boge – Batteria 
Rolf Bjorseth – Chitarra 
Tore Østby – Chitarra 
 
                
