Recensione libro: Ac/Dc, L’inferno non è così male

Di Stefano Ricetti - 20 Agosto 2013 - 0:10
Recensione libro: Ac/Dc, L’inferno non è così male

AC/DC: l’inferno non è così male
di Mick Wall
464 pagine, cartonato
Euro 22,90
Edzioni BD
www.edizionibd.it

Mick Wall, se va avanti di questo passo, passerà alla storia con il titolo di miglior biografo ufficiale – e non ufficiale – delle big band. Dopo aver curato quelle degli Iron Maiden e dei Metallica (disponibili nella Loro versione italiana curata da Edizioni BD), Ozzy Osbourne, Bon Jovi, Axl Rose, Led Zeppelin è ora la volta degli australiani Ac/Dc. L’inferno non è così male vede per la prima volta la luce nella Sua versione in lingua nostrana grazie al lavoro della succitata Edizioni BD di Milano, casa editrice che entro al fine del 2013 farà uscire altre due pubblicazioni con i crismi dell’ufficialità: la prima sui Kiss (Nothing to lose di Ken Sharp) e la seconda sui Motörhead (Vivi per vincere di Alan Burridge). Tradotto da Marco Piva Dittrich e Marco Farinelli sulla base dell’originario Hell ain’t a bad place to be – Orion Books Ltd, Londra, 2012 – il libro si presenta in una massiccia confezione a copertina rigida cartonata di 464 pagine. Peccato per lo straflacione afferente i Judas Priest nell’aletta della sovraccoperta nera a chiusura del volume, ove vi è scritto che portarono avanti la Nwobhm, patrimonio invece di ben altri, peraltro citati, tranne uno, mancante all’appello e assolutamente fondamentale, forse confuso proprio con i maestri dell’Acciaio di Birmingham, Signori del rumore attivi sin dal 1969, all’incirca ben dieci anni prima della famosa Nuova ondata del metallo britannico.

Al di là di questo, i primi capitoli, doverosi anche se invero un po’ pallosi, narrano le gesta dei tre ScotsAngus Young, Malcolm Young e Bon Scott – protagonisti principali della storia degli Ac/Dc sin dalla Loro nascita, in modalità estremamente autoreferenziale. Fa sorridere, ad esempio, credere che i soggetti di cui sopra, non di certo dei Marcantoni, tanto per usare un eufemismo, singolarmente non trovassero mai nessuno che tenesse Loro testa in termini pugilistici, quando ad esempio qua in Italia avevamo ultras Loro coevi all’interno delle curve dei Nostri stadi che molto probabilmente li avrebbero messi in grossa difficoltà… in Australia non esisteva nemmeno un energumeno assimilabile ai Nostri capipopolo da stadio? Magie del rock’n’roll, evidentemente!

L’opera viceversa decolla letteralmente nel momento in cui nascono gli Ac/Dc veri e propri, quelli con Dave Evans alla voce, colui che precedette Bon Scott, il quale narra con dovizia di particolari le direttive impartite dai due ducetti Malcolm e Angus Young. D’altronde la storia dell’Hard fatto musica insegna che per far funzionare a dovere i meccanismi di una band ci vuole UNO che si sbatta e che decida. Nel caso degli australiani, la coppia di fratelli operava come una sola entità, di fatto, spadroneggiando e licenziando un musicista via l’altro, Evans incluso.    

 

 

Successivamente all’entrata del teppista gentiluomo Bon Scott nelle file dell’allegra brigata vi è la vera esplosione del gruppo, che nel giro di pochi anni diverrà un riferimento imprescindibile per tutti gli appassionati delle sonorità dure. Anni e anni di stenti, rischi, piccoli furti per poter ingollare qualcosa finalmente vengono ripagati con un suffragio pressoché mondiale, meritato. Il Loro definitivo kick off colpisce evidentemente anche il mammasantissima dei cronisti metallici inglesi su libro Mick Wall, il quale da lì in avanti confeziona un’opera giornalistica di assoluta valenza enciclopedica – da sottolineare, senza alcuna collaborazione da parte degli Ac/Dc stessi, che si sono rifiutati di incontrarlo e di averci a che fare per il libro -, ancorché pregna di aneddoti e storielle fondamentali per capire appieno una parabola artistica lunga decenni, che ha saputo fornire autentiche perle viniliche del calibro di Highway to Hell, Back in Black (Il secondo album più venduto della storia, mica noccioline) e For Those About to Rock. Altro non si sarebbe davvero potuto fare per un ensemble che ha saputo vendere duecento milioni di dischi e si è reso subitamente riconoscibile anche dalle orecchie meno fini fra le altre migliaia di band che popolano il  panorama musicale universale.

L’Hard Rock Metallizzato del clan Ac/Dc ha fatto scuola, nel vero senso del termine, vantando migliaia di imitatori e tirando la volata anche a gruppi di recente costituzione che, misteriosamente, sono riusciti a raggranellare Osanna da più parti del globo, semplicemente copiando spudoratamente la ricetta dei fratelli Young & Co.

Luci della ribalta ma non solo, Wall attraverso i milioni di sigarette fumate, alcool a fiumi, droghe varie ed eventuali, sesso selvaggio e i party infiniti organizzati dalla band analizza e riporta alle cronache anche i dischi pleonastici e i momenti più bui, sui quali svetta tragicamente la morte di Bon Scott, protagonista indiscusso del libro, per molti “il cantante” degli Ac/Dc, nonostante il successore, Brian Johnson, sia uno che non scherza per nulla in quanto ad acidità vocale profusa e possieda comunque un Suo perché per tantissimi altri aficionados.

Tornando per un momento al monumentale Back in Black, per capirne a fondo lo slancio che riuscì ad ottenere, basti sapere che anche qui nelle Lande Italiche il disco venne acquistato, sia in vinile a 33 giri che nella più pratica e fruibile in auto musicassetta, da un pubblico inequivocabilmente trasversale, discotecari incalliti inclusi. A memoria dello scriba la situazione non si ripeté più, eccezion fatta per qualcosa dei Guns N’ Roses ma di portata senza dubbio di molto inferiore, anche perché avvenuta in tempi diversi.      

Passo dopo passo, inciampi inclusi, L’inferno non è così male arriva sino al 2012, portando in dote una band comunque imprescindibile, che fa parte di diritto della Storia del Rock con la “S” maiuscola, al di là dei gusti di ognuno. Il lavoro si completa di sedici pagine di foto a colori, fra le quali spicca quella inequivocabile di Bon Scott armato della inseparabile bottiglia nel 1979, l’anno prima del suo misterioso, ancora oggi, decesso. 

Rock’N’Roll ain’t noise pollution!

Stefano “Steven Rich” Ricetti