Hard Rock Heavy

L’evoluzione dell’ Heavy Metal serbo. Capitolo 1

Di Valeria Campagnale - 1 Settembre 2025 - 15:30
L’evoluzione dell’ Heavy Metal serbo. Capitolo 1

Questo è il primo di una serie di due articoli che intraprende un viaggio nel cuore dell’ Heavy Metal in Serbia, esplorando come una generazione di musicisti ha forgiando un sound tanto potente quanto la storia della loro terra. Dopo aver fatto un’incursione nell’ Metal albanese, con l’articolo Aquile di Metallo: Viaggio nel Metal Albanese” ,continua il nostro viaggio, addentrandoci nel territorio serbo. Un luogo in cui questo genere, non è stato solo un genere musicale, ma una vera e propria forza culturale e sociale, capace di riflettere e spesso anticipare i cambiamenti politici e sociali del paese. La sua storia è un intreccio di creatività, resistenza e identità nazionale, che ha attraversato diverse epoche, dalla Jugoslavia di Tito fino alla Serbia contemporanea.
Gli anni ’80 segnarono l’esplosione della New Wave, del Punk Rock e dell’Heavy Metal in Jugoslavia, in particolare a Belgrado. Questo movimento, noto come “Novi Val” (Nuova Onda), portò una ventata di energia e un approccio più diretto e critico ai testi. I giovani musicisti si allontanarono dalle sonorità complesse del Progressive Rock per abbracciare un sound più crudo, che rifletteva le tensioni sociali e politiche crescenti.
Con lo scoppio delle guerre jugoslave, la scena Metal, così come quella Rock, subì un duro colpo. Molti musicisti si schierarono apertamente contro il regime di Slobodan Milošević, usando la loro musica come forma di protesta e veicolo di messaggi pacifisti. Questo fu un periodo di divisione e difficoltà, in cui questigenrimuicali lottarono per la sopravvivenza.
Dopo il crollo del regime di Milošević, la scena Metal serba ha continuato ad evolversi, pur affrontando le sfide di un mercato musicale globalizzato e della frammentazione post-jugoslava. Festival come l’Exit di Novi Sad hanno riportato la Serbia sulla mappa musicale internazionale, dando una nuova vetrina a band emergenti e a veterani della scena.
Oggi l’Heavy Metal serbo è un panorama diversificato, con band che esplorano generi che vanno dal Metal old school a quello estremo, dimostrando una vitalità e una resilienza che hanno radici profonde nella storia del paese. La musica, ancora una volta, funge da specchio di una società in continua trasformazione, portando avanti l’eredità di una scena che non ha mai smesso di combattere per la libertà e l’espressione artistica.

 

Annathema: Le origini dell’Heavy Metal serbo

 

Nel panorama della musica serba, l’evoluzione dell’Heavy Metal affonda le sue radici nei primi anni ’80, un’epoca di fervore musicale. Tra i nomi che hanno plasmato il genere, gli Annathema emergono come pionieri assoluti. Fondato nell’ottobre del 1982, il gruppo fu profondamente influenzato da giganti internazionali come Motörhead, Judas Priest, Van Halen e AC/DC.
La formazione iniziale era composta da Miodrag “Strava” Balaban alla batteria, Dragan “Radoja” Radojčić alla chitarra, Mirko “Žile” Živković al basso e Vojislav “Ušar” Vilić alla chitarra e voce. Dopo un debutto dal vivo il 3 aprile 1983, la band interruppe la sua attività per il servizio militare obbligatorio, un rito di passaggio comune per i giovani dell’epoca.
Il ritorno del gruppo avvenne nel maggio del 1985, segnato da un rinnovato impegno nella composizione di musica originale. Questo periodo vide un cambiamento nella formazione: Ušar lasciò la band, sostituito dal chitarrista Branimir “Brana” Vukobratović e dal cantante Dušan “Francuz” Uvalić.
La svolta arrivò con la collaborazione con il manager Konstantin Pozlović, editore della fanzine “Explosive”. Grazie al suo supporto, brani come “Loud&Proud Deaf”, “Rough Sound”, “To Hell and Back” e “Killer Machine” ottennero un immediato successo. Questo portò la band ad intraprendere una serie di tour con star affermate del rock balcanico come i Divlje Jagode e i Griva. Tra il 1986 e il 1991, gli Annathema tennero circa un centinaio di concerti, esibendosi prevalentemente in Voivodina, ma anche in città chiave come Belgrado e Lubiana. Durante questo prolifico periodo, condivisero il palco con i tedeschi Destruction nel 1989 e con i veterani del death metal Bloodbath a Tuzla nel 1991. L’anno precedente, avevano anche tenuto un concerto in Romania.
Nel 1991, dopo un concerto da solisti a Belgrado, la band si prese una lunga pausa, che durò fino al 1998, anno in cui si riunirono. La formazione era composta da Stavra, Vuje, Žile e Ljuba, e in quel periodo registrarono l’album “Don’t Go Down”.
Il loro primo album omonimo fu pubblicato da Panonija Koncert nel 1989. Il secondo, “Empire of Noise”, seguì nel 1991 sotto l’etichetta Explosive Records. Nel 1997 uscì il terzo album, “Don’t Go Down”, in cassetta e per la stessa etichetta. La loro eredità fu celebrata nel 2010 con il box set “Annathema”, pubblicato da AreaDeath Productions, che racchiudeva i primi tre CD e due DVD, tra cui un’esibizione dal vivo in Romania nel 1991 e un’altra al festival Exit di Novi Sad nel 2006. Il loro viaggio musicale continuò nel 2012 con l’uscita del full-length “Decibel” per Miner Records.

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Bombarder: Dalla guerra allo Speed Metal di culto

Nel vasto panorama dell’Heavy Metal jugoslavo, i Bombarder si distinguono come un’icona di resilienza e intransigenza sonora. La band si formò a Sarajevo nel 1986 e si fece immediatamente un nome per le sue energiche esibizioni dal vivo, ancora prima di pubblicare il loro debutto discografico. Il loro primo album, “Speed Kill”, uscì su musicassetta nel 1989 e divenne subito un successo, vendendo tutte le 3000 copie stampate grazie a sonorità grezze e veloci. La formazione originale era composta da Nenad Kovačević alla voce, Maho Šiljdedić e Zlatko Slatinac alle chitarre, Senad Ljubunčić al basso e Senad Marava alla batteria.
Nel 1991, i Bombarder tornarono in studio per registrare il loro secondo album, “Bez Milosti”, prodotto da Mustafa Čengić. Subito dopo, Zlatko Slatinac fu sostituito dal chitarrista Jasmin Lamadžema. Nello stesso anno, la band pubblicò anche una VHS intitolata “Bombarder: Sarajevo – Novi Sad”, che offriva uno sguardo intimo sulla loro vita on the road, con filmati di concerti, interviste e momenti di backstage. Nonostante l’album “Bez Milosti” sia diventato un classico di culto dello speed metal nell’ex Jugoslavia, la formazione subì un’ulteriore perdita quando Senad Marava lasciò il gruppo per formare i D-Throne nel 1994.
Lo scoppio della guerra in Jugoslavia costrinse i Bombarder a un doloroso scioglimento nel 1992. La tragedia colpì la band anche personalmente, con la morte del chitarrista Maho Šiljdedić nel 1995. Al termine del conflitto, Nenad Kovačević, unico membro originale rimasto, si trasferì da Sarajevo a Belgrado e reclutò nuovi musicisti, inaugurando la seconda fase della band.
Durante questo periodo, i Bombarder pubblicarono altri tre album di tradizionale Thrash Speed Metal e una raccolta intitolata “Bez Ballads”. L’album “Crno, crnje od crnog” fu un’espressione diretta e brutale delle esperienze di guerra: nei testi, Nenad diede voce al dolore e alla rabbia, rallentando il ritmo complessivo dell’album rispetto ai lavori precedenti. Dopo un’altra breve interruzione, Nenad riformò la band nel 1996 con la formazione definitiva che si è mantenuta stabile nel tempo. Nel 1995, registrarono l’album “Ko sam ja su” pubblicato su MC, mentre il loro ultimo lavoro, “Ledena krv”, fu registrato a Belgrado, come i due precedenti. Questo album è considerato il più pesante della loro discografia, un mix di Speed e Thrash che si spinge occasionalmente verso sonorità Black e Death Metal. Non mancano brani più sperimentali, come la traccia omonima, che include la partecipazione di due cantanti della band Gothic Metal Abonos, e un pezzo moderno con campionamenti. I testi, come sempre in lingua serba, si immergono in temi fantasy e horror.
Il percorso dei Bombarder non si è fermato qui: nel 2011 hanno pubblicato l’album “Ima li zivota prije smrti?”, seguito l’anno successivo dal singolo “Kočijaš Bogalj”. La formazione attuale include il chitarrista Jaksa Vlahović e il batterista Milan Janković, (Abonos), insieme al chitarrista Rastko Licina e al bassista Predrag Saric (ex Sadismo).

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Burning Leaf: Radici profonde e suono potente

I Burning Leaf, un quintetto emergente proveniente da Pirot, una pittoresca città nel sud-est della Serbia, hanno saputo forgiare un’identità artistica che è intrinsecamente legata al territorio da cui provengono. La loro musica non è semplicemente una proposta sonora, ma una vera e propria eco del paesaggio montuoso e imponente che circonda la loro terra natale. Quest’influenza non si limita a essere un mero sfondo, ma si intreccia profondamente nel loro tessuto musicale e tematico, permeando ogni riff e ogni lirica con un senso di grandezza e misticismo che evoca le imponenti catene montuose e le tradizioni secolari della regione.
Il loro stile, un sapiente crocevia di generi, si distingue per la sua audace originalità. Partendo dalle solide fondamenta dello Stoner Rock, del Grunge e del Post-Metal, i Burning Leaf aggiungono una componente che li rende unici nel panorama musicale contemporaneo: l’integrazione di elementi della musica tradizionale e dei canti folkloristici serbi. Questa fusione inaspettata crea un dialogo affascinante tra la pesantezza e la psichedelia dei generi occidentali e la profondità emotiva e la ricchezza melodica delle loro radici culturali. Il risultato è un sound che trascende le etichette, offrendo un’esperienza d’ascolto ricca di sfumature, dove l’aggressività e la melodia si fondono in un’amalgama sorprendentemente armoniosa.
La band è composta da musicisti di talento: Aleksandar Kostic, la cui voce aggiunge una dimensione potente e carismatica; Nenad Golubovic e Stanko Kostic, le cui chitarre tessono intricate trame sonore; Uros Rakic, il cui basso fornisce una base solida e profonda; e Pavle Jovanovski, la cui batteria guida il tutto con un ritmo incisivo e dinamico. Il loro percorso artistico è un esempio di costante crescita. Dopo i demo iniziali, “Node Volume 1” del 2012 e “Node Volume 2” del 2013, che hanno segnato i loro primi passi, i Burning Leaf hanno compiuto un salto qualitativo notevole con la pubblicazione di due full-length acclamati. “Hold the Tides Away” (2022) e il più recente “Amber and Gray” (2024) hanno rappresentato la piena maturazione del loro sound. Questi album non hanno solo consolidato la loro direzione artistica, ma hanno anche sorpreso pubblico e critica, dimostrando una capacità rara di innovare all’interno di generi ben definiti e di creare un’identità sonora inconfondibile e profondamente autentica. Con ogni nuova uscita, i Burning Leaf continuano a confermarsi come una delle proposte più interessanti e originali del panorama musicale balcanico.

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Kamenolom: La rinascita del Metal Classico 

Nati a Belgrado nel 2018, i Kamenolom sono emersi dalle ceneri della band Rune, con l’intento di forgiare un nuovo progetto che ne fosse l’erede spirituale. I fondatori, Marko Lazović (Laza) e Rastko Rašić (Rale), già membri dei Rune, hanno unito le forze per dare vita a una band che non solo continuasse il loro percorso artistico, ma che lo portasse a un livello superiore, con un’identità ancora più definita e un focus tematico ben preciso. La loro musica è saldamente radicata nell’Heavy Metal classico, un genere che rivivono e arricchiscono con una personalità unica, attingendo a piene mani dalla ricca e complessa mitologia slava e dalle antiche tradizioni del paganesimo.
Le loro composizioni sono vere e proprie narrazioni sonore, che esplorano con passione i temi dei guerrieri, delle battaglie epiche e della ricerca della gloria. Ogni brano è un potente connubio tra riff di chitarra travolgenti e testi che si immergono profondamente nelle storie e nella cultura dei Balcani. Questo approccio distintivo, che fonde la forza del metal con le radici culturali della loro terra, li ha resi una presenza unica e riconoscibile nel panorama metal serbo. Oltre ai membri fondatori, Rastko Rašić alla voce e chitarra e Marko Lazović alla chitarra, la formazione si è completata nel tempo con l’arrivo di altri musicisti al basso e alla batteria, contribuendo a un sound compatto e coeso che li caratterizza.
Il loro percorso musicale è segnato da una serie di singoli che hanno anticipato il loro debutto discografico. Il 2024 ha segnato un traguardo importante con l’uscita dell’omonimo album “Kamenolom”, un lavoro che ha consolidato la loro reputazione e ha messo in luce la loro maturità artistica. Brani come “Grom Peruna”, “Valhala”, “Veruj” e “Oštrica” sono rapidamente diventati dei punti di riferimento per i fan, catturando l’essenza del loro sound. Nonostante vengano talvolta paragonati ad altre band locali come i Mortal Kombat, a causa dei legami tra i membri, la critica e il pubblico riconoscono unanimemente ai Kamenolom una propria individualità. La band si distingue per un approccio più “tradizionale” al Metal, puntando su riff potenti e memorabili che onorano le origini del genere, pur mantenendo una forte identità narrativa e tematica che li rende inconfondibili.

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Forever Storm: Sotto il segno della visione distopica

La Heavy/Power Metal band Forever Storm, nasce ufficialmente nel 2006, ma le sue radici affondano nel 2003 con l’incontro tra i chitarristi Miloš Miletić e Stefan Kovačević. Dopo l’ingresso del bassista Vladimir Nestorović, nel 2006, i Forever Storm pubblicano la loro primo demo, “The Sign of Thunder”.
La formazione si completa nel 2007 con il batterista Vuk Stefanović. Nello stesso anno, la band si esibisce in importanti festival serbi come Exit e Zajecarska Gitarijada, avviando un tour nazionale.
Nel 2008, vincono un concorso internazionale, ottenendo un contratto discografico con One Records per il loro album di debutto, “Soul Revolution”, pubblicato a fine 2009 con la copertina dell’artista di fumetti serbo Bane Kerac.
Con l’aggiunta del tastierista Nikola Marić, i Forever Storm promuovono l’album in Serbia. Nel 2010, partecipano al Wacken Open Air, classificandosi terzi nel concorso Metal Battle. Dopo un’apparizione televisiva in Bosnia che ne accresce la popolarità regionale, vincono il Avala Rock Fest nel 2011.
Nonostante l’abbandono di Marić, la band conclude i lavori per il secondo album, “Tragedy”, pubblicato a fine 2013 da EBM Records (Messico), promuovendolo in tutta la regione.
I Sign of the Thunder sono emersi rilasciando il loro primo demo, “Sign of the Thunder”, che ha gettato le basi del loro sound. Un anno dopo, nel 2008, hanno continuato a esplorare il loro stile con un nuovo demo, “Soul Revolution”.
Il vero punto di svolta è arrivato nel 2009, quando quel demo si è trasformato nel loro primo album completo, anch’esso intitolato “Soul Revolution”. Le tematiche della band sono la visione distopica del mondo, la prima guerra mondiale e la vita. Dopo l’uscita dell’album, la band ha mantenuto un ritmo costante, pubblicando una serie di singoli: “Paradox” nel 2011, seguito da “Mother” nel 2012, e “Nocturnal Wings” nel 2013. Proprio quell’anno, il 2013, si è rivelato un altro momento cruciale con l’uscita del loro secondo album, “Tragedy”.
Poi, un lungo silenzio ha avvolto la band, un’attesa durata dieci anni. Ma nel 2023, i Sign of the Thunder sono tornati in grande stile con il loro terzo album, “Од пепела до вечности” (Dalle ceneri all’eternità), un titolo che ha segnato un ritorno trionfale.

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Kerber: Oltre 40 anni di Heavy Metal balcanico

I Kerber (Кербер in cirillico serbo, ossia il mitologico Cerbero) sono un’altra band iconica del panorama Hard Rock e Heavy Metal serbo. Fondata a Niš nel 1981, la formazione è stata sin dai suoi esordi guidata dal carismatico frontman e fondatore Goran Šepa, noto a tutti come Gale.
Il loro debutto ufficiale avvenne nel 1983 con l’album “Nebo je malo za sve”, rivelandosi un successo immediato e, proiettando la band alla ribalta in tutta l’allora Jugoslavia. La loro musica si distingueva per la combinazione di potenti e incisivi riff di chitarra, assoli melodici e l’inconfondibile timbro vocale di Goran Šepa. Questo mix unico li ha resi un punto di riferimento cruciale nella scena rock balcanica, conquistando una vasta platea di fan.
Nel corso della loro prolifica carriera, i Kerber hanno dato vita a una serie di album che hanno segnato il panorama musicale. Tra i più significativi si annoverano “Ratne igre” (1985), “Seobe” (1986), “Ljudi i bogovi” (1988), “Peta strana sveta” (1990) e “Zapis” (1996). Il loro stile distintivo, che fonde l’energia pura dell’Heavy Metal con melodie orecchiabili, ha saputo creare un sound unico, amato dal pubblico e riconosciuto dalla critica. La profondità dei loro testi, spesso intrisi di poesia, esplora tematiche universali e complesse come l’amore, il conflitto e la spiritualità, aggiungendo un ulteriore strato di significato alla loro produzione musicale.
Nonostante le pause e i cambiamenti di formazione che si sono succeduti nel corso degli anni, i Kerber sono rimasti attivi, continuando a incantare i propri fan con esibizioni dal vivo che dimostrano la loro incrollabile energia. La loro storia e il loro impatto culturale duraturo sono stati immortalati nel libro “Kerber: Hronike troglavog psa” (“Kerber: Le cronache del cane a tre teste”), pubblicato nel 2022 da Čarobna knjiga, a testimonianza del loro fondamentale contributo alla musica rock dei Balcani.

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Vatreni Poljubac: L’anima Hard Rock dei Balcani

Guidati dal carismatico e poliedrico frontman Milić Vukašinović, i Vatreni Poljubac sono stati una delle band più influenti e distintive della vibrante scena Hard Rock e Heavy Metal dell’ex Jugoslavia. Fondati a Sarajevo nel 1977, subito dopo l’esperienza di Vukašinović come batterista nei leggendari Bijelo Dugme, la band si è rapidamente imposta per un sound audace e innovativo, capace di fondere la potenza dell’Hard Rockcon le sonorità emotive e le sfumature della musica folk locale. Questa miscela, sebbene inizialmente criticata dalla stampa per l’uso di elementi tradizionali, ha permesso loro di conquistare un seguito vasto e fedele.
La formazione originale, con Vukašinović alla voce e chitarra, affiancato dal bassista Shefqet Hoxha e dal batterista Perica Stojanović, ha debuttato con un successo fulminante. Il singolo “Doktor za rock and roll” del 1977 li ha lanciati nell’Olimpo del rock jugoslavo, aprendo la strada al loro acclamato album di debutto, “Oh, što te volim, joj!” (1978).
Negli anni successivi, i Vatreni Poljubac hanno consolidato la loro reputazione con una serie di album seminali, tra cui il doppio “Recept za rock ‘n’ roll” (1979), “To je ono pravo” (1980), e “Bez dlake na jeziku” (1980), che hanno cementato il loro status di pionieri del genere.
Dopo una breve pausa, la band è tornata nel 1985 con l’album “Iz inata”. Un anno dopo, ha siglato un’importante collaborazione con l’ex cantante dei Bijelo Dugme, Mladen Vojičić “Tifa”, per l’unico album in cui Vukašinović non ha ricoperto il ruolo di voce solista: “100% Rock ‘n’ Roll” (1986). Questo lavoro ha mostrato un’evoluzione del loro stile, avvicinandosi a sonorità più classiche, ispirate a band come Deep Purple e Whitesnake, e generando successi intramontabili come “Kad sve prođe ostaću sam”.
Dopo lo scioglimento della formazione storica, Vukašinović si è dedicato alla composizione per artisti del genere folk, prima di riformare i Vatreni Poljubac a Belgrado nel 1998. Da allora, la band ha continuato a mantenere viva la sua eredità, pubblicando nuovi lavori come “Sve će jednom proć’ samo neće nikad Rock ‘n’ Roll” (1999) e il più recente “Život je k’o fol ako nije R’n’R” (2022). Sebbene il loro impatto commerciale non sia più paragonabile a quello dei loro esordi, i Vatreni Poljubac rimangono una pietra miliare della storia del rock balcanico. La loro lunga e ricca discografia continua a testimoniare il loro ruolo di assoluti protagonisti in un’epoca d’oro della musica.

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Goblini: Icone del Punk Rock 

I Goblini, un nome iconico e imprescindibile nella scena musicale balcanica, sono da anni considerati i capostipiti del Punk Rock serbo. Fondata a Šabac nel 1992, in un periodo storico particolarmente turbolento per la regione, la band ha saputo conquistare rapidamente un vasto seguito grazie a un sound distintivo che ha superato i confini del semplice genere. La loro proposta musicale è una miscela esplosiva che unisce la furia e l’energia del Punk Rock con la pesantezza e la struttura dell’Heavy Rock, dando vita a un’esperienza d’ascolto unica, dinamica e travolgente. La formazione originale, pilastro della prima fase della loro carriera, era composta da Alen Jovanović alla chitarra, Vladislav Kokotović al basso e dal carismatico frontman Branko Golubović alla voce.
Nella loro prima fase di attività, i Goblini si sono affermati come una delle band più influenti degli anni ’90, un decennio cruciale per lo sviluppo del rock nei Balcani. Hanno lasciato un’impronta indelebile con la pubblicazione di cinque album in studio: “Goblins” (1993), “True Stories 1st Part” (1994), “In Magnovenj” (1996), “Re-Contra” (1999) e “Robbo with Mistake” (2013). Questa discografia è stata arricchita anche da due album dal vivo, “Live in KST” (1995) e “Tour in Magnove” (1998), che hanno catturato la potenza esplosiva delle loro performance, e da una raccolta antologica che ha celebrato il loro impatto duraturo sulla scena musicale.
Dopo un lungo periodo di silenzio, il loro attesissimo ritorno sulla scena nel 2010 ha riacceso la speranza nei loro fan più fedeli. Con una nuova formazione che, oltre ai membri storici, ha accolto Saša Šetka alla chitarra e Milan Arnautović alla batteria, la band ha segnato la sua rinascita con il singolo “Crno na belo”. L’evoluzione del gruppo è continuata nel 2012 con l’ingresso del chitarrista Leonid Pilipović, che ha sostituito Saša Šetka, portando a una nuova e prospera era. Con questa nuova line-up, i Goblini hanno pubblicato il loro acclamato album “Robba s greskom” nel 2013, un lavoro che ha confermato la loro rilevanza e la loro capacità di creare brani che risuonano ancora oggi, come i singoli di successo “Deca iz komšiluka”, “Evropa” e “Idemo”. Il trionfo di questo periodo di rinascita ha raggiunto il suo apice con un concerto memorabile nel 2014 a Belgrado, che ha richiamato oltre 4.000 fan, dimostrando che la loro influenza non si era mai spenta. La carriera dei Goblini continua a essere un esempio di fusione musicale di successo, con una discografia che invita gli ascoltatori a un’esperienza dinamica, coinvolgente e senza tempo.

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Kraljevski Apartman: Gruppo simbolo dell’Hard Rock serbo

I Kraljevski Apartman rappresentano una delle figure più influenti e celebrate della scena Hard Rock e Heavy Metal Melodico in Serbia e nell’intera ex Jugoslavia. Sebbene il loro talento e la loro prolifica carriera rimangano in gran parte sconosciuti al di fuori dei confini nazionali, la loro eredità musicale è un pilastro fondamentale del rock balcanico. Le radici del gruppo risalgono al lontano 1979, quando si formò con il nome di Apartman 69. Questo primo capitolo si concluse con la pubblicazione del loro primo album, “Seti Se Moje Pesme”, nel 1983, un lavoro che già preannunciava le sonorità che li avrebbero resi celebri. Dopo una lunga parentesi di silenzio, la band è tornata in scena nel 1997 con un nuovo nome e una nuova energia, dando alla luce l’album “Long Live Rock ‘n’ Roll”. Il titolo, un chiaro e sentito omaggio al celebre brano dei Rainbow, rifletteva la loro passione inestinguibile per il genere. L’album, inizialmente pubblicato su musicassetta, ha ricevuto un meritato tributo con la sua successiva ristampa in vinile nel 2022, per mano di Rock Express Records. Questo ritorno ha segnato l’inizio di una fase estremamente prolifica, che ha visto la band arricchire la sua discografia con una serie di lavori fondamentali, tra cui “Izgubljen u vremenu” (2000) e “Rocker” (2002), entrambi distribuiti dalla medesima etichetta.

Il nuovo millennio ha visto i Kraljevski Apartman consolidare ulteriormente il loro status. Nel 2004 è stato rilasciato il loro quarto album, “Ruka pravde”, un lavoro che ha cementato la loro reputazione. L’anno successivo, hanno celebrato il loro percorso con un live album, “Best of 1996-2005”, accompagnato dal DVD “Deset godina sa vama”, testimonianza della loro potenza sul palco. Il loro impegno creativo non si è mai fermato: nel 2008 hanno pubblicato un nuovo full-length, “Čuvar tajni”, e nel 2012, sotto l’etichetta Power Music, è uscito “Igre bez pravila”. Il loro ultimo lavoro risale al 2021, un singolo e video dal titolo “Bajkeri su noćas sa nama”, realizzato in collaborazione con il cantante Nikola Janković-Šopka, un brano che ha mostrato la loro continua capacità di evolversi e collaborare. Nel corso della loro lunga storia, la formazione dei Kraljevski Apartman ha subito numerosi cambiamenti, un’evoluzione naturale che ha però mantenuto un punto fermo nella figura del batterista Zoran Rončević. La band ha recentemente dovuto affrontare una perdita dolorosa e significativa con la morte del chitarrista Zoran Zdravković, avvenuta il 4 maggio di quest’anno. Zdravković non è stato solo un membro fondatore e un pilastro del gruppo, ma ha anche lasciato un’impronta indelebile in altre band come Bicikl, Exodus, Tvrdo Srce i Velike Uši e Zvučni Zid. L’attuale line-up, che continua a onorare il loro lascito, include Rade Marić al basso dal 2008 e Dejan Antić alla voce, che ha ricoperto il ruolo dal 2022 al 2025. Nonostante le difficoltà, i Kraljevski Apartman continuano a essere una forza vitale nel mondo del rock, un esempio di resilienza e dedizione.

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Gordi: Evoluzione e rinascita musicale

Sotto la guida del poliedrico frontman, chitarrista, autore e cantante Zlatko Manojlović, la band belgradese Gordi ha esercitato un’influenza significativa e duratura sulla scena musicale dell’ex Jugoslavia tra il 1977 e il 1984. Il loro percorso artistico è stato caratterizzato da una continua evoluzione stilistica, che ha permesso loro di esplorare e padroneggiare diversi generi. La loro carriera ha preso il via con l’album di debutto, “Čovek” (ZKP RTV Ljubljana, 1978), un’opera che affondava le radici nel Rock Progressivo. Successivamente, il gruppo ha virato verso sonorità più orientate al Rock Classico con la pubblicazione di “Gordi 2” (PGP RTB, 1979) e “Gordi 3” (PGP RTB, 1981).

La vera e propria svolta, tuttavia, è arrivata con gli album “Pakleni trio” (Jugoton, 1981) e “Kraljica smrti” (Jugoton, 1982). Queste due uscite discografiche hanno segnato il passaggio definitivo della band verso sonorità Heavy e Power Metal, allineandosi all’onda d’urto della New Wave of British Heavy Metal (NWOBHM) che stava conquistando il mondo. Nonostante all’epoca la critica non fosse particolarmente indulgente nei loro confronti, i Gordi riuscirono a creare un seguito di fan devoti, che riconobbero la loro capacità di offrire un sound e un messaggio unici. In questa fase Heavy, i Gordi si esibivano con la potenza di un power trio, dominato dalla figura di Zlatko Manojlović. Le loro performance dal vivo erano straordinariamente energiche, e il loro stile si rivelò così convincente da valergli un considerevole numero di fan anche a livello internazionale, con una particolare risonanza in Giappone e in America Latina.

A testimonianza della loro rilevanza e del loro impatto, i Gordi sono stati inclusi in diverse importanti compilation. Tra queste figurano “Międzynarodowa Wiosna Estradowa Poznań 79” (Polskie Nagrana Muza, 1979) con il brano “Čovek”, “Rok Koktel Br. 1” (1980) con la canzone “Pecaroš”, e “Pakleni Vozači” (1994) con il pezzo “Put Do Pakla”.

I Gordi hanno riacceso la loro leggenda con l’ultimo album “Fenix” con l’etichetta Croatia Records. La formazione attuale, che riflette una continuità con la loro ricca eredità musicale, vede il ritorno di Zlatko Manojlović (già membro di Zed Mitchell Band ed ex-Dah) alla voce e chitarra, affiancato da Dalibor “Dado” Marinković (proveniente da Bruno Mičetić Quintet e Parni Valjak) alla batteria dal 2023, e da Berislav “Bero” Blažević (anch’egli da Parni Valjak ed ex-Majke) alle tastiere, unitosi anch’egli nel 2023. Questa nuova configurazione promette di rinnovare la fiamma di una delle band più influenti e innovative del rock balcanico, unendo l’esperienza dei veterani a una nuova energia creativa.

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Dža ili Bu: Tra Punk, provocazione e l’anima del Rock 

Terminiamo questo lungo viaggio nel mondo dell’Hard Rock e dell’Heavy Metal serbo con un’altra band di grande importanza, i Dza Ili Bu. Ho scelto di trattare per ultimi proprio loro a causa della loro storia significativa e complessa, che merita un’attenzione particolare.
La band ha iniziato la sua carriera musicale nel 1987 come un gruppo Punk Rock. Nel corso degli anni, hanno saputo integrare sapientemente elementi di altri generi nel loro suono, pur mantenendo una forte coerenza nei temi. I loro testi, infatti, sono rimasti per tutta la loro carriera politicamente e socialmente provocatori, un tratto distintivo che li ha resi una delle band più influenti della scena Rock serba negli anni ’90 e 2000.
Nel 1988, i Dza Ili Bu registrarono una demo con due brani, “Mamin nov usisivac” e “Crveno”. Dopo alcuni cambiamenti nella formazione, il gruppo si è fatto notare con quattro canzoni nella compilation “Drugi talas – Beograd ’89” (“La seconda ondata – Belgrado ’89”). Nel 1990, hanno registrato nuovo materiale, pubblicato all’inizio del 1991 su una musicassetta intitolata “Lepa kaseta”per l’etichetta indipendente Dellirium, intraprendendo un tour in tutta la Jugoslavia.
Una parte dei brani di “Lepa kaseta”, insieme a nuove registrazioni, ha formato il loro primo album ufficiale, “Hej mornari”, pubblicato nel marzo del 1992 dalla Carlo Records. L’album era diviso in due parti: il lato A, intitolato “Prokleti Harold”, e il lato B, chiamato “Nevidljiva ribizla”. I testi di questo lavoro erano fortemente incentrati sulle tematiche legate al declino del socialismo in Jugoslavia.
L’anno successivo, la band ha pubblicato l’album “Spremanje ribljeg gulaša zahteva visoku koncentraciju”. Anche in questo caso, la band ha utilizzato due titoli distinti per i lati dell’album: il lato A è stato intitolato “Konj” e il lato B “Pas”. In questo lavoro, sono chiaramente percepibili influenze da band come ZZ Top e Red Hot Chili Peppers, portando avanti con coerenza le loro tematiche sociali e politiche.
Nel dicembre del 1995, i Dza Ili Bu pubblicarono il CD “Strani sud”, un lavoro che combinava sonorità Punk con testi apocalittici. Da questo album, brani come “Uradi sam” e “Ustani i kreni”, ispirati dalla complessa situazione politica del paese, riscossero un notevole successo.
Dopo l’uscita dell’album, il chitarrista Goran Majki lasciò la band per svolgere il servizio militare e si trasferì successivamente negli Stati Uniti, dove ottenne un master presso il NASA Center for Autonomous Control Engineering. Negli USA, formò la band God Dog con ex membri dei Dead Kennedys e dei Butthole Surfers.
La formazione dei Dza Ili Bu fu integrata con l’ingresso del chitarrista Igor Panić, e nel 1997 registrarono l’album “Kao da ničeg nije ni bilo”. L’album includeva una cover in lingua serba di “Teenage Kicks” degli Undertones, ribattezzata “Pas koji hoda sam”. L’edizione in musicassetta fu pubblicata da ZMEX nel gennaio 1998, mentre la band pubblicò l’edizione CD tramite la propria etichetta, Fabrika, che includeva sei video promozionali, una biografia e foto del gruppo. Nel 1999, l’etichetta pubblicò anche l’album dal vivo “Live 1999”. Tuttavia, nella primavera dello stesso anno, durante il bombardamento della NATO in Jugoslavia, la band si sciolse.
Il frontman Simeunović formò la band Gotich Industrial Chernobyl in House nell’aprile del 1999, pubblicando l’album “12” nel 2002 per l’etichetta Active-Time.
La band si riformò l’anno successivo. La nuova formazione, oltre a Simeunović, Milojević e Panić, incluse il tastierista Stevan Đorđević e il bassista Vladimir Markoš. Nel 2005, i Dza Ili Bu pubblicarono la compilation “Retrovizor”, che, oltre a brani selezionati dalla loro carriera, presentava quattro registrazioni dal vivo del gennaio 1999 e due nuove canzoni: “Ilegas” e “Opasne igre”, quest’ultima una cover della band synth-pop jugoslava Beograd.
Nel 2007, vide la luce il loro sesto album in studio, “Ultra muk”, pubblicato da Multimedia Records. Il disco conteneva quindici canzoni, tra cui una cover di “Lepi Mario” di Satan Panonski e i due nuovi brani della compilation “Retrovizor”. L’album presentava un sound più pesante, influenzato dall’industrial e dal nu metal, specialmente nelle canzoni a tema politico come “Metak”, “Rasprodaja” e “Silikonska dolina”.
I Dza Ili Bu si sono esibiti nei principali festival serbi, come il Novi Sad Exit Festival e il festival Nisomnia, e hanno aperto il concerto dei Kaiser Chiefs all’Arena di Belgrado il 19 giugno 2007. Per celebrare il loro ventesimo anniversario il 9 novembre 2007, la band si esibì in un concerto speciale al Centro Culturale Studenti di Belgrado, con la partecipazione di ex membri come il cantante Stojan Radičević e il trombettista Marko Petronijević. Nel 2009, una versione dal vivo di “Sećam se” apparve nella compilation “Groovanje devedesete uživo”.
Il venticinquesimo anniversario fu celebrato con un’esibizione al Vračar Rocks Festival del 2012, che vide la partecipazione del bassista originale Duško Milojević. L’evento fu accompagnato dall’uscita di un album compilation gratuito, “Dobre stvari”, scaricabile dal sito di MTV Serbia. L’album conteneva 25 brani che ripercorrevano l’intera carriera della band, inclusi tre nuovi pezzi. Nello stesso anno, il bassista Markoš fu sostituito da Vuk Pavlović (ex-Gangbangers) e un altro chitarrista, Vladan Vasiljević “Vaske“, si unì al gruppo.
Nel giugno 2013, la band pubblicò il loro settimo album in studio, “Kukovo leto”, per l’etichetta PGP-RTS. L’ottavo album, “Sedma sila”, fu pubblicato nel 2016 per Mascom Records e includeva una cover Punk Rock di “Odiseja” di Leo Martin e una nuova versione di “Živeo Staljin i Svetska revolucija”. Il brano “Diktatore”, dedicato all’allora primo ministro serbo Aleksandar Vučić, provocò la cancellazione di un loro concerto a Užice l’anno successivo, ufficialmente per “problemi tecnici”.
Nel 2022, è stato pubblicato l’album “Jasno i glasno”, registrato nel 2018 ma la cui uscita era stata posticipata a causa della pandemia di COVID-19. Nel 2021, l’album “Strani sud” si è classificato al 60° posto nella lista dei 100 migliori album serbi pubblicata nel libro “Kako (ni)je propao rokenrol u Srbiji”. Inoltre, i testi di sette brani dei Dza Ili Bu sono stati inclusi nel libro di Petar Janjatović “Pesme bratstva, detinjstva & potomstva: Antologija ex YU rok poezije 1967-2007”.
La band rimane tuttora attiva e continua a esibirsi dal vivo.

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