Heavy

Recensione libro: Fear Of The Dark, Gli Iron Maiden Negli Anni Novanta

Di Stefano Ricetti - 9 Dicembre 2020 - 14:09
Recensione libro: Fear Of The Dark, Gli Iron Maiden Negli  Anni Novanta

FEAR OF THE DARK

GLI IRON MAIDEN NEGLI ANNI NOVANTA

di Martin Popoff

Gli Uragani 41 – 234 pagine + 16 a colori – 16×23

ISBN 978-88-94859-43-0

22,00 Euro

Tsunami Edizioni

 

Quando una band dispone di un periodo eroico è proprio lì che si andranno a concentrare tutte le attenzioni postume. Ne abbiamo prova in questi ultimi anni, nei quali quasi tutti i vecchi leoni dell’heavy metal, per il tramite del loro management o di quello della casa discografica stanno facendo a gara nella prova di chi raschia meglio il barile. Testimoni sono le varie anniversary edition dei dischi epocali, la pubblicazione di live dei primi anni (al di là della qualità sonora), il ripescaggio di b-sides, pezzi inediti che magicamente saltano fuori da cassetti impolverati, oppure rough mix dei vecchi cavalli di battaglia. Di pari passo il merchandising e i filmati video e in generale tutto quanto fa cassetta.

La letteratura metallara segue più o meno lo stesso iter, ma con un’arma in più. Il potere rievocativo della carta non lo possiede nessun altro supporto. Nel momento in cui degli anni aurei di un gruppo si è saccheggiato tutto il saccheggiabile, il pubblico rischia davvero di averne piene le tasche di leggere sempre le stesse cose. Ultras (pensanti) compresi. Questa fenomenologia è stata portata all’estremo anche dalla politica delle riviste specializzate, sia ben chiaro. Della serie: revival è bello. Si, finché dura…

Tutto ‘sto bel pistolotto per arrivare a dire che, oggi, un libro come Fear Of The Dark, Gli Iron Maiden Negli  Anni Novanta, può avere il suo appeal e fare la sua porca figura vicino ad altre pubblicazioni della Vergine di Ferro inglese legate volutamente solo al periodo stellare, quello del decennio precedente. Si, perché molto probabilmente la spinta propulsiva di queste ultime si è  quasi del tutto esaurita.

Poi dipende da come lo si fa, un libro, chiaramente. Non basta appiccicarci sopra la scritta Iron Maiden per essere sicuri che funzioni.  Tempo addietro uscirono delle pubblicazioni acchiappa citrulli con riportato il nome della band inglese in copertina (ovviamente non il moniker con il font ufficiale), ma finirono presto nei cestoni dei libri a un Euro…

Martin Popoff è lo Stachanov della siderurgia applicata alla carta stampata, vado a braccio ma presumo sia l’autore che ha pubblicato più libri sul mondo dell’heavy metal di tutti. Prolificissimo, nel 2019 diede alle stampe Holy Smoke – Iron Maiden In The ‘90s, che oggi viene riproposto in lingua italiana dalla Tsunami Edizioni grazie alla traduzione operata da Stefania Renzetti.

Trattasi di tomo di 234 pagine (più sedici centrali zeppe di foto a colori) che in tutto e per tutto è da considerarsi come il sequel di Revelations, qui già recensito su queste stesse pagine web a sfondo nero e che trattava, per l’appunto, il decennio degli Iron Maiden precedente. Conoscendo Popoff, è lecito aspettarsi, prima o poi, il terzo capitolo di questa saga.

La formula vincente di Fear Of The Dark risiede nella disamina a 360° dell’universo Iron Maiden operata dall’autore. Non di soli Irons, si tratta: viene dato ampio spazio anche alla carriera di Bruce Dickinson solista, a quella di Adrian Smith e fatta menzione delle imprese di Paul Di’Anno di quel decennio. Come sanno anche i muri, gli anni Novanta furono molto movimentati per la creatura di Steve Harris: abbandonarono la nave sia Adrian Smith che Bruce Bruce Dickinson, fecero il loro ingresso Janick Gers e Blaze Bayley, uscirono i controversi The X Factor e Virtual XI. Un periodo comunque affascinante, proprio perché irto di novità e difficoltà.

Popoff lo racconta bene, quel decennio, e il libro si chiude quando il figliol prodigo Bruce Bruce fa ritorno alla casa di Padre Harris. Nel momento in cui l’autore indugia sul track by track dei vari album il ritmo della lettura accusa più di qualche colpo a vuoto, per poi riprendersi subito dopo nel momento in cui è la narrazione a impossessarsi del timone. Ad esempio quando il buon Blaze Bayley tratteggia la storia dei Wolfsbane: struggente, fottutamente reale e ammantata di malinconia per quello che poteva essere e non è stato. Al solito lo Stachanov canadese lascia parlare tantissimo i vari protagonisti e non risparmia citazioni da fonti esterne allo scopo di fornire un quadro quanto più completo delle situazioni e del periodo storico in cui si svolgono, con un occhio di riguardo anche a cosa fanno gli altri competitor, vedasi alla voce Metallica e Judas Priest.

Una perla, su tutte, tratta da pagina 9o, a proposito dell’entrata di Bayley negli Iron Maiden:

“Blaze deve essere felice come un maiale nella merda”

Bruce Dickinson

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti