Heavy Vario

Recensione libro: Fireball, l’avanguardia dell’heavy metal negli anni ‘70 e ’80 a Padova e nel Veneto

Di Stefano Ricetti - 30 Novembre 2022 - 8:16
Recensione libro: Fireball, l’avanguardia dell’heavy metal negli anni ‘70 e ’80 a Padova e nel Veneto

Fireball

L’avanguardia dell’heavy metal negli anni ‘70 e ’80 a Padova e nel Veneto

di Pasqualin R.

246 pagine

Crac Edizioni

18.00 Euro

 

 

 

Il metal ha mille sfaccettature, ma per me il metallo sono i Saxon, gli Accept, i Judas Priest 

Antonio “Bloodkiller” Ferro

 

 

Antonio e Renato Ferro sono due ragazzi che…

In realtà ex ragazzi ormai da tempo, uno classe 1955 e l’altro 1964, che sul finire degli anni Settanta e durante gli anni Ottanta vissero nella maniera metallicamente migliore la propria giovinezza. In modalità leggermente diversa, vista la differenza di età fra i due, vicina ai due lustri, ma altrettanto intensa.

Come scrissi a chiare lettere a pagina 17 del libro sulla storia dei Death SS,

perché le storie, se non vengono raccontate, poi inevitabilmente si perdono…

Fireball, l’avanguardia dell’heavy metal negli anni ‘70 e ’80 a Padova e nel Veneto, ultimo parto legato alla siderurgia applicata alla musica da parte di Crac Edizioni, serve appunto a fare questo: cristallizzare all’interno di quasi duecentocinquanta pagine le esperienze dei Ferro Bros, scintillanti agitatori di quel periodo, due che si sono fatti un mazzo così immolando l’intera propria esistenza, al netto degli impegni lavorativi, per un sogno dai contorni d’Acciaio.

Dieci-quindici anni di “fuoco e fiamme” considerando anche l’onda lunga del loro operato che hanno contribuito a divulgare il Sacro Verbo dell’heavy metal nel triveneto ma non solo, con possenti eco a livello nazionale. Fireball prima era semplicemente una fanzine, ben fatta ma con lo spirito di tante altre, antecedenti. Poi, associata a quel nome, preso in prestito dai trascorsi hard rock di Antonio a sfondo porpora nacque una casa discografica che nel giro di breve assunse anche le vesti di management per svariate band nonché di agenzia organizzatrice di concerti e festival.

I due protagonisti narrano di loro e della situazione musicale italiana attraverso una lunghissima intervista intervallata da spezzoni tratti dai vari numeri delle fanzine, complementari all’argomento sviluppato in quel momento. Un intrigante excursus che abbraccia a tutto tondo uomini, storie e avventure legate all’acciaio di casa nostra. Sgorgano tanto le chicche su Death SS, Paul Chain, Bulldozer, Dark Lord, Vanadium, Steel Crown (ma non solo di made in Italy si parla, da premio Nobel l’aneddoto a pagina 43 su Strong Arm Of The Law dei Saxon, situazione che vissi in prima persona e che altrettanto velocemente, aggiungo pure disgraziatamente, poi rimossi colpevolmente dalla memoria) quanto i fatti, quelli ai quali hanno da sempre puntato i Ferro, anteponendoli ai bla bla bla di altri e alla polemiche italiote, intrinseche in qualunque cosa si faccia, mosse per il 95% da invidiosi, falliti e frustrati.

Interessante la disquisizione sulle varie provincie del Veneto, viste dal “di dentro”, non solo in termini squisitamente metallici ma anche di propensione sociale e comportamenti così come la disamina su formazioni misconosciute, divenute successivamente di culto per alcuni, come Babylon, Canada, Wizard e Alverman.

Da sottolineare in positivo l’atteggiamento piuttosto distaccato sebbene carico di passione mantenuto dalla coppia protagonista lungo le pagine di Fireball, un esercizio ove l’oggettività la fa da padrona e non mancano nemmeno le stilettate, quando necessarie. Ai Metallica, solo per citarne una. Niente buonismo d’accatto o slogan tipo “formidabili quegli anni” in heavy rotation, così come non trovano spazio atteggiamenti trombonistici. Il libro fornisce un’analisi lucida di alcuni momenti irripetibili della storia e dell’evoluzione della musica dura nel nostro Pese nei quali qualsiasi metallaro del periodo si potrà ritrovare, con piacere, rifuggendo però quella logica stantia per la quale “una volta era tutto bello mentre adesso fa schifo qualsiasi cosa”. Determinate dinamiche facevano parte di progetto più grande, l’Italia era imparagonabile a quella del 2022 ma almeno oggi si può avere la certezza dell’effettuazione di un concerto in Francia o in Svizzera prima di mettersi in viaggio, una volta ci si doveva affidare alla mezza notizia di due mesi prima comparsa su di un magazine spesso straniero, ipotecando ferie, permessi con la scuola e sbattimenti vari magari per arrivare sul posto e manco trovare un cartello con scritto: evento cancellato. Tanto per fare solo UN esempio… Oh, poi le partite di calcio erano tutte alla stessa ora la domenica pomeriggio e i numeri dei giocatori andavano dall’1 all’11. Dal 12 in poi vi erano le riserve. Uno la partita o la vedeva allo stadio oppure si accontentava di mezzo tempo in differita in TV ogni morte di Vescovo, quando il match era definito di cartello. L’heavy metal era UNO E BASTA e la magia del periodo la si ritrovava nel gusto della scoperta, dell’attesa, del tape trading, nell’alta qualità delle uscite e nei rari numeri di Kerrang! che parevano la Bibbia. I contatti, dalle bollette salate, si sviluppavano all’ora di cena sul telefono fisso e i concerti assumevano i tratti di eventi unici e irripetibili. E via di questo passo. Ma indietro non si può tornare. Ogni epoca, come è giusto che sia, possiede le proprie luci e le proprie ombre. Ne va semplicemente preso atto, come hanno fatto i protagonisti del libro, a muso duro, ma in fondo in fondo mantenendo in angolino del cuore l’entusiasmo di un tempo. Che magari un giorno troverà di nuovo una sua congrua applicazione, chissà. Fine del pippone.

Antonio e Renato Ferro: due autentici dannati dell’heavy metal giustamente e meritatamente raccontati dentro Fireball griffato Crac. Se l’HM in Italia in quel periodo è decollato, una parte di merito va ascritta ai due Irons sopraccitati…

 

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti