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Recensione libro: Mercyful Fate – Il Patto Immortale

Di Stefano Ricetti - 22 Dicembre 2020 - 13:48
Recensione libro: Mercyful Fate – Il Patto Immortale

Mercyful Fate – Il Patto Immortale

di Martin Popoff

Gli Uragani 40 – 282 pagine + 18 di foto in b/n – 16×23

ISBN 978-88-94859-40-9

Tsunami Edizioni 

€ 20.00

 

 

Mercyful Fate, Il Patto Immortale, è uno degli ultimi parti letterari della Tsunami Edizioni. Diretto discendente dell’originale Black Funeral, Into The Coven With Mercyful Fate, vede la luce in lingua italiana grazie all’opera di traduzione operata da Stefania Renzetti. Trattasi di tomo di 282 pagine di solo testo più 18 di foto in bianco e nero che vede, come autore, una vecchia conoscenza del settore: Mr. Martin Popoff.

Il prolifico crazy canuck, solo per restare nell’ambito della casa editrice milanese, ha sinora visto pubblicati i suoi lavori afferenti Scorpions, Whitesnake, Black Sabbath, Megadeth e Iron Maiden e i lettori appassionati di hard rock ed heavy metal su carta, negli anni, anche in Italia, hanno iniziato ad apprezzarne lo stile. Che sintetizzando prevede una profonda analisi dei fatti (per quanto sia possibile), l’aggiunta di pareri personali che servono a caratterizzarne lo scritto ma soprattutto briglie sciolte a tutti quanti, titolati a vario modo, abbiano da raccontare storie e aneddoti legati alle varie vicende. Grazie a questo sistema, Popoff ha sfornato sino a oggi una cinquantina di libri che fanno del ritmo e della facilità di lettura il proprio mantra.

All’interno di una così vasta platea è normale che qualche prodotto sia affetto da qualche peccato. Ed è proprio il caso di Mercyful Fate, Il Patto Immortale, un’opera senza dubbio intrigante e pregna di aneddotica che però sconta una certa ripetitività di fondo. L’autore più volte riprende e sviscera concetti e fatti già trattati in precedenza, nella sua esposizione. Nulla di mortale, sia chiaro, le tonalità dell’inciampo permangono nell’ambito del veniale ma da uno come il canadese era lecito aspettarsi una maggiore cura nella stesura.

Detto questo, il libro griffato Tsunami sa aggredire il lettore come ci si attende da una storia che va a raccontare di uomini gesta e avventure legate a una fra le band più malefiche e inquietanti del firmamento heavy metal: i Mercyful Fate. Un gruppo con i controcolleoni che sin da subito aveva le idee chiarissime e suonava come “una macchina” (intesa nella sua accezione benevola) in virtù di prove su prove figlie di una determinazione allo zenit. Melissa (1983) e Don’t Break the Oath (1984) “sgorgarono fuori” che era una bellezza e, insieme con l’esordio omonimo del 1982 (sebbene quest’ultimo più a livello di messaggio e di iconografia) andarono a tracciare le coordinate stilistiche e di concetto che tanti gruppi estremi successivi avrebbero sviluppato e fatte loro.

Mercyful Fate, Il Patto Immortale, passa al setaccio tutti i dischi del Fato Misericordioso e tratteggia brevemente anche la carriera del King Diamond solista. Innumerevoli gli interventi esterni atti a conferire forza al racconto come pure interessanti risultano degli spaccati che vivisezionano il modo con il quale venivano recepiti i Mercyful là fuori. Su tutti la disamina contenuta a pagina 92, ove vengono scomodati anche Motörhead, Venom, Rush ma anche, a sorpresa ma con arguzia, Bee Gees, Pavlov’s Dog e Family. Non mancano poi i siparietti con i piccoli scazzi fra i componenti, le polemiche legate ai “Mercyful Fake” e i sabotaggi – quello operato dai Manowar nei loro confronti ha fatto la storia – oltre a tutta una serie di episodi per certi versi agghiaccianti in ambito esoterico e paranormale che tanto accomunano i danesi a un altro gruppo alle nostre latitudini. Roba da brividi.

 

Come to the sabbath, sabbath

Sabbath, sabbath

Come to the sabbath now here we come

Come To The Sabbath, da Don’t Break The Oath, 1984

 

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti