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TrueMetalStories: Athena, nascita, morte e risurrezione di un mito

Di Marco Donè - 14 Gennaio 2019 - 10:00
TrueMetalStories: Athena, nascita, morte e risurrezione di un mito

TrueMetalStories: la rubrica in cui presentiamo band giovani e pronte a sfondare, o band di lungo corso che ancora non hanno ricevuto il successo che meritano.

 

PREMESSA

 

Italia, 1990: un anno particolare, che funge da spartiacque tra la prima ondata metal nata nel nostro paese, quella degli anni Ottanta, delle leggende Death SS, Necrodeath, Bulldozer, Strana Officina, giusto per citare qualche nome, e la seconda ondata, quella degli anni Novanta che, per un determinato periodo, ha visto i riflettori del metallo pesante puntati sul suolo italico, grazie a formazioni che hanno saputo primeggiare a livello europeo. In questa nuova puntata della rubrica TrueMetalStories ci addentriamo così in quella decade che tante soddisfazioni ha regalato alle compagini italiane, parlando però di una formazione che, inspiegabilmente e misteriosamente, ha riscosso molto meno di quanto avrebbe davvero meritato: stiamo parlando dei toscani Athena.

 

GLI ESORDI

 

La nostra storia inizia a prendere forma nel 1991. Il mondo musicale in generale, e il metal in particolare, è in fermento. Alcuni movimenti sono letteralmente esplosi, diventando in breve tempo una sorta di fenomeno commerciale planetario, come successo con il grunge. Dall’America, poi, si stanno imponendo dei nomi nuovi, Pantera e Dream Theater su tutti ma, in generale, Nuovo e Vecchio Continente ci regalano delle gemme assolute: i Sepultura hanno appena pubblicato “Arise”, il loro capolavoro, e i Kreator, pochi mesi prima, hanno toccato il loro apice espressivo con “Coma of Souls”. La vecchia guardia ha da poco dato alle stampe dei dischi che diventeranno assoluti manifesti di un genere e di un’epoca, come il caso di “Rust in Peace” dei Megadeth e di “Painkiller” dei Judas Priest, o lavori che, da subito, diventano un successo globale, portando il metal alle masse, come consapevolmente, o meno, sono riusciti a fare i Metallica con il loro lavoro omonimo. Ci sono poi dei movimenti, come il death metal e il black metal, che iniziano a imporsi in maniera autoritaria, in tutta la loro ferocia.

 

E l’Italia? Eh, l’Italia aveva già dato tanto nella decade precedente, ma le sue band, per quanto innovative, all’avanguardia e antesignane di generi che esploderanno di lì a poco, non erano state trattate e considerate con la stessa attenzione data a compagini di altre nazioni. Si sa che la musica, e l’arte in generale, non sempre riconosce subito ciò che spetta a colui che decide di usarla come mezzo di espressione e, spesso, proprio a causa di questa “ingiustizia”, la fiamma dell’ispirazione inizia ad ardere più viva che mai. Ed è con questo spirito che l’Italia del metallo pesante si affaccia negli anni Novanta, diventando ben presto un’assoluta fucina di giovani metal band, pronte a rincorrere un sogno, con la speranza di diventare i protagonisti del domani. La nostra attenzione si focalizza così in Toscana, una regione che “regalerà” alcune delle formazioni più importanti del nostro Paese, e di quella decade nello specifico. Ci concentriamo in particolare nella provincia di Pisa, dove cinque ragazzi sui vent’anni decidono di dare vita alla propria passione per la musica dura, formando una band. Sono giovani, e nel 1991 i loro nomi risultano sconosciuti ai più ma, tra non molto tempo, le cose assumeranno una piega diversa. È così che un certo Fabio Lione, assieme a Matteo Amoroso, Simone Pellegrini, Alessio Mosti e Leonardo Orlando, uniscono le forze in quella che diverrà la prima formazione ufficiale degli Athena.

 


Athena, la line-up del 1993

 

È con questa line-up, infatti, che solamente due anni dopo, nel 1993, gli Athena danno alle stampe il primo demo, intitolato semplicemente “Demo 1993”. Cinque sono le tracce che compongono “Demo 1993”, di cui una strumentale posta in chiusura d’opera. Il quintetto di Pisa si presenta alle attenzioni del mondo metal tricolore con un heavy roccioso e aggressivo, in cui trovano spazio delle aperture prog e power, mettendo a segno una “miscela” estremamente interessante, capace di attirare, da subito, le attenzioni di fan e addetti ai lavori. È solamente un demo, ma i Nostri mettono già in mostra una marcata personalità e un songwriting maturo, dove la struttura canzone è ben definita e sviluppata, senza scadere in passaggi forzati o banali. Il quintetto, inoltre, sfoggia una preparazione tecnica di livello, dove spiccano, in particolare, il lavoro delle due asce di Simone Pellegrini e Alessio Mosti, e la prestazione alle pelli di Matteo Amoroso. Anche l’allora sconosciuto Fabio Lione, nonostante risulti ancora un po’ acerbo in questa sua prima prova, dimostra di avere personalità e un potenziale enorme in previsione futura, un cantante su cui scommettere a occhi chiusi.

 

Ma proprio in questo momento positivo, prendono vita dei dissidi interni alla band, il cui risultato sarà una rivoluzione della line-up. Leonardo Orlando, che aveva preso parte alle registrazioni del demo, lascia il posto ad Alessio Sabella, bassista che alza ulteriormente il tasso tecnico del combo pisano. Entra inoltre in formazione il talentuoso tastierista Gabriele Guidi che, come vedremo, diventerà uno dei protagonisti per le future composizioni della formazione toscana. Ma se questi due nuovi “innesti” sembrano arricchire il “patrimonio” degli Athena, l’uscita di Fabio Lione, come vedremo, non avrà lo stesso effetto positivo. Lione, infatti, poco dopo la registrazione del demo, lascia la band. Sarà proprio lui, attraverso un’intervista su un vecchio Power Zone, il nr. 1/99, a svelarci alcuni dettagli riguardo la separazione:

 

Nel lontano ‘92 feci un demo con gli Athena, ma era qualcosa di più pesante rispetto a ciò che è poi uscito nel primo disco, potrebbe essere anche etichettato come thrash. Niente tastiera, due chitarre, molto heavy e, a quanto ne so, andò anche abbastanza bene, ma poi ci furono le solite litigate legate alla solita questione donne. Sono stato un anno fermo, ho preso qualche lezione di canto lirico, ho conosciuto molti italo-americani, e poi via via sono nati i Labÿrinth.

 

Gli Athena iniziano a far parlare di sé, stimolando l’interesse della Dracma Records, con la quale la band registra un brano, ‘Crystal Eyes’, contenuto nella compilation “Night Pieces III”, e in seguito di Pick Up Records e del produttore Pat Scalabrino (un binomio attivissimo in quel periodo e che, qualche anno dopo, diverranno il trampolino di lancio per la “scalata” messa a segno dai Labÿrinth n.d.r.). I Nostri trovano così il loro primo contratto e danno il via ai lavori per il disco di debutto.

 

Fabio Lione, intanto, dopo l’iniziale esperienza con gli Athena, si farà conoscere al mondo intero con un’altra compagine toscana, che tra non molto tempo diverrà una delle punte di diamante del metallo italiano: i Labÿrinth. Da questo momento in poi la storia di Fabio Lione è cosa nota, non sarà più uno sconosciuto, un promettente musicista, ma un punto di riferimento per molti cantanti, italiani e non solo.

 

LA SVOLTA

 

La decisione di Fabio non va però a intaccare la determinazione della band che, anzi, con la nuova line-up inizia a lavorare al materiale che andrà a comporre il primo full length griffato Athena. Il ruolo lasciato vacante da Fabio verrà ricoperto da Alessio Mosti che, come vedremo, eserciterà la doppia veste di chitarrista-cantante. Come detto in precedenza, i nuovi innesti Alessio Sabella e Gabriele Guidi vanno ad aumentare il tasso tecnico della band e, di conseguenza, la loro personalità e la capacità tecnico-compositiva andranno a incidere sul nuovo materiale. Per comprendere al meglio quanto appena detto, dobbiamo spostarci nel 1995 quando, via Pick Up Records, esce “Inside, The Moon”, debut album degli Athena. Con questo lavoro la formazione di Pisa attua una svolta rispetto a quanto proposto nel demo. “Inside, The Moon” è infatti un concentrato di prog metal, genere tornato alla ribalta dopo la pubblicazione di “Images and Words” dei Dream Theater, lavoro che, per certi aspetti, ha offerto una chiave di lettura nuova all’interno dell’universo metal. E non a caso abbiamo citato la band di Petrucci. In “Inside, The Moon” troviamo infatti passaggi riconducibili ai Dream Theater che si vanno a integrare alla perfezione in quella trama compositiva tipica delle band italiane degli anni Novanta, in cui la cura per la melodia ricopre un ruolo importantissimo in ogni singola traccia.

 


La copertina di “Inside, the Moon”

 

Sebbene sia “solo” un disco di debutto, “Inside, The Moon” è un lavoro maturo, in cui il quintetto combina con sapienza e grande capacità, tecnica e melodia. Dal punto di vista strumentale gli Athena non temono il raffronto con nessuno. Le trame sono articolate e intricate, ma nulla risulta fuori posto o forzato. Nessun passaggio è fine a sé stesso, tutto è in funzione della struttura canzone. È un album che richiede più ascolti per essere metabolizzato e che, di volta in volta, svelerà un qualcosa di nuovo non notato in precedenza. Manifesto di quanto appena detto è la splendida ‘Wind of Illusion’, che nei suoi quasi sette minuti di durata riesce a inglobare tutte le anime degli attuali Athena. Si parte dall’articolata introduzione strumentale, passando per una strofa dalla spiccata melodia che entrerà subito in testa, pronta a evolvere in un passaggio veloce e intricato, al limite del power, che lascerà il posto a una ritmica sincopata che ci condurrà nel finale strumentale in cui fanno capolino influenze Genesis e Dream Theater. Molto della svolta stilistica attuata in “Inside, The Moon” ricade sulle spalle di Gabriele Guidi, talentuoso tastierista e compositore che proprio con il debutto degli Athena si presenta al mondo del metallo pesante. Per capire di che pasta sia fatto e quale sia il suo background musicale basta ascoltare l’intro al pianoforte di ‘Deserts’, che ci riconduce all’impressionismo musicale di Debussy. “Inside, The Moon” presenta però un paio di pecche: una certa complessità strutturale, risultando così adatto ai palati più fini e poco accessibile agli orecchi meno “allenati”, e, soprattutto, la prova al microfono di Alessio Mosti. Se dal punto di vista chitarristico possono essere mosse solamente lodi all’operato di Mosti, la sua prestazione vocale presenta qualche difetto. Le melodie e le linee vocali risultano vincenti ed espressive, ancora una volta simbolo della maturità del quintetto pisano, ma, purtroppo, Mosti evidenzia più di qualche lacuna tecnica, non riuscendo a interpretare a dovere le parti. Un aspetto non di poco conto, tanto più se consideriamo il periodo estremamente competitivo quali sono stati gli anni Novanta.

 

 

NELLA LEGGENDA

 

1996, è passato poco meno di un anno dall’uscita di “Inside, the Moon” e gli Athena si trovano a vivere un altro terremoto interno anche se, come vedremo, questa scossa donerà nuova linfa vitale alla band toscana, grazie a una formazione che saprà entrare nella storia, nella leggenda del metallo italiano. Tutto ruota attorno alla figura di Fabio Lione. Con lui ci eravamo lasciati nel 1993, quando Fabio decise di lasciare gli Athena, la sua momentanea pausa, lo studio di canto lirico, l’ingresso nei Labÿrinth e la pubblicazione del seminale “No Limits”. Nel 1996 Fabio è un cantante maturo, l’universo metal ha iniziato ad ammirarne la voce e un certo Limb Schnoor lo ha contattato per entrare a far parte di un progetto nuovo, una band italiana, di Trieste, si chiamano Rhapsody e proprio in quel periodo stanno lavorando al disco di debutto. È in questo contesto così concitato della sua carriera che Fabio e gli Athena incrociano nuovamente le proprie strade. I rancori passati vengono messi da parte e Fabio riprende il posto dietro al microfono. Nello stesso periodo, però, Alessio Mosti decide di lasciare la band. Gli Athena non vanno però alla ricerca di un nuovo chitarrista e decidono di proseguire come quintetto, con una sola chitarra, quella di Simone Pellegrini.

 

È con questa formazione che nel settembre 1997 i Nostri entrano ai New Sin Studio di Loria (provincia di Treviso n.d.r.), di proprietà di Luigi Stefanini, che proprio in quel periodo si stanno trasformando in una sorta di La Mecca del power italiano (quasi tutte le band italiane che in quegli anni hanno provato a spiccare il volo sono passate per i New Sin Studio: Labÿrinth, Domine, White Skull… n.d.r.), per registrare il secondo full length della loro storia. Le registrazioni verranno ultimate a gennaio 1998 e il disco pubblicato nel giugno dello stesso anno per Pick Up Records, in Italia, e Rising Sun Production, a livello europeo. Stiamo parlando di “A New Religion?”, un lavoro di qualità eccelsa, in cui nulla è lasciato al caso, a partire dall’affascinante artwork curato da Robert Paiste per Digital Design, che dona al platter una sorta di aura mistica, intrisa di sacralità. Una soluzione azzeccatissima, per un disco che sarà destinato a entrare nella leggenda del metallo made in Italy, che già dall’impatto visivo trasmette una sorta di magia, come se gli Athena avessero già previsto questo scenario. Il suono è potente, curato, tanto che, sebbene siano passati ormai vent’anni dalla sua pubblicazione, è tutt’ora al passo con i tempi e, anzi, risulta ben al di sopra di alcuni standard attuali. Dal punto di vista musicale, rispetto al debutto, con “A New Religion?” è come se gli Athena avessero effettuato un salto nell’iper-spazio, attraversando un’intera galassia con un semplice schiocco delle dita. Il disco continua a evidenziare l’incredibile tecnica del quintetto, ma le composizioni assumono maggiore musicalità, riuscendo a trasmettere emozioni sin dal primo ascolto e a far passare per immediate anche le parti più intricate dell’album, aspetto tutt’altro che scontato e che in pochi possono vantare. “A New Religion?” è un ispiratissimo concentrato di power-prog, uno degli episodi più elevati usciti dal territorio italiano in quel periodo storico. Per provare a descriverne la bellezza e la ricercatezza citiamo ‘Soul Sailor’, forse il capitolo più power oriented dell’album. La canzone ruota attorno alla splendida e potente voce di un Lione in stato di grazia, strofa e ritornello catturano l’ascoltatore, entrano in testa già dal primo ascolto. Ma è il tappeto sonoro su cui si staglia la voce di Lione a fare la differenza. Dinamica, melodia, virtuosismi, tutto è semplicemente perfetto, pronto ad ammaliare l’ascoltatore, tenendone viva la sua attenzione. La prima parte di ‘Soul Sailor’ è più diretta, incentrata su un up-tempo con le tastiere di Gabriele Guidi a fare da collante ad ogni passaggio. Il finale vira verso lidi prog oriented, con alcune influenze Dream Theater, dove ogni singolo mette in evidenza delle capacità tecniche notevoli, grazie a una parte solistica degna di nota, dove brilla la prova di Alessio Sabella al basso. Ma si continua ad altissimo livello con ‘Apocalypse’, ‘Dead Man Walkin’’, ‘Secret Vision’, la splendida ‘My Silence’, che prende forma con il suo inizio a voce e pianoforte per poi evolvere in una composizione che avrebbe tranquillamente potuto uscire da “Awake” dei Dream Theater, dove spiccano le prove di Sabella e Amoroso alla sezione ritmica e un espressivo Lione al microfono. Di altrettanta bellezza la conclusiva ballad ‘Not Too Far’, insomma, uno di quei CD che una volta inseriti nel lettore difficilmente ne usciranno. Grazie a “A New Religion?” gli Athena si presentano al mondo intero come un quintetto ispirato e preparato, che può contare su una sezione ritmica di primissimo livello, con un Matteo Amoroso (batterista che meriterebbe maggiore considerazione n.d.r.) elegante, preciso, potente nel suo drumming, con uno stile che sembra derivare da “mondi” estranei al metal e questo suo “adattamento” al genere a noi caro lo fa risultare “fuori dagli schemi”, rendendolo ancora più avvincente, ben coadiuvato da un Alessio Sabella semplicemente strepitoso. La chitarra di Simone Pellegrini si rivela efficacissima e precisa in sede ritmica, inserendo armonizzazioni ricercate che si legano alla perfezione con le tastiere di Gabriele Guidi, importantissime per la struttura canzone di ogni singola traccia, esibendo virtuosismi ma anche semplici accompagnamenti, pronti a fare da collante e a donare maggiore pathos alle tracce. E poi c’è lui, Fabio Lione, autore proprio in questo lavoro di una delle migliori prestazioni della sua intera carriera: teatrale, passionale, potente, una prova maiuscola!

 


La copertina di “A New Religion?”

 

È normale aspettarsi che un disco di tale fattura si imponga sul “mercato” e raggiunga vendite da capogiro ma, invece, ingiustamente e inspiegabilmente, “A New Religion?” non riesce a ottenere quanto gli spetta. Siamo nel 1998, in Italia stanno esplodendo due band, due gruppi che diventeranno assoluti fenomeni capaci di catalizzare le attrattive di fan e critica: Labÿrinth e Rhapsody. Proprio nel 1998 entrambe le compagini danno alle il stampe il rispettivo secondo disco: i Labÿrinth sfornano il superlativo “Return to Heaven Denied”, i Rhapsody “Symphony of Enchanted Lands”, album che rivoluzionerà il modo di concepire il power. In un’epoca in cui internet è solamente agli albori e tanto si fa sulla carta stampata, forti anche del clamore che i rispettivi contratti con Metal Blade e LMP hanno creato, la critica “decide di spingere” maggiormente i lavori di Labÿrinth e Rhapsody, donando loro ampio spazio. Due band che avevano ormai i riflettori puntati addosso, non solo in Italia. Con il senno di poi, forse fu proprio questa coincidenza di eventi a penalizzare gli Athena, come il fatto di dover condividere Fabio Lione con i Rhapsody mise forse un po’ in ombra la band toscana.

 

Per l’occasione abbiamo contattato Gabriele Guidi, storico tastierista della band toscana, che approfondisce:

 

Sicuramente siamo stati penalizzati, soprattutto dal dover condividere Fabio con i Rhapsody. C’è da dire, inoltre, che all’epoca non eravamo preparati a gestire la situazione, e abbiamo incontrato molti ostacoli. Il potenziale di “A New Religion?” è indubbio, tant’è che tutt’oggi se ne continua a parlare. Al giorno d’oggi sarebbe stato diverso, ma all’epoca le case discografiche avevano molto più potere e c’è stata una sorta di convenienza a non spingere troppo il nostro progetto.

 

Nonostante questa “differenza di trattamento” gli Athena non mollano il colpo e, sfruttando l’iniziale impossibilità dei Rhapsody a esibirsi live, potendo quindi contare sull’apporto di Fabio Lione al cento per cento, i Nostri prendono parte a una tournée europea di spalla agli Axel Rudi Pell. L’esperienza si rivelerà positiva per la band anche se, proprio l’avventura europea, segnerà nuovamente il rapporto tra gli Athena e Lione, portando a un secondo e definitivo split. Sarà proprio Fabio, nella già citata intervista su Power Zone 1/99, a dare alcune spiegazione in merito:

 

Era molto triste ai concerti degli Athena sentire la band definita come “quelli che suonano con il cantante dei Rhapsody”. Mi dispiace che la situazione sia stata in qualche modo pesante per i componenti degli Athena, ma nonostante tutto ha avuto anche i suoi aspetti positivi. E comunque non credo sia colpa mia: abbiamo comunemente deciso che le nostre strade si dovessero dividere, nessuna pressione da parte di nessuno, solo artisti che si guardano dentro e fuori, cercando di capire cosa sia giusto fare. Anche i Rhapsody non hanno mai posto ostacoli a questa mia voglia di scrivere pezzi con gli Athena, quindi lo split è maturato in una situazione molto serena.

 

I Rhapsody sono ormai esplosi, in tutto il mondo Lione è conosciuto come il cantante della band triestina. La sua contemporanea militanza nelle fila degli Athena diventa un’arma a doppio taglio per la compagine toscana che, ingiustamente, non riesce a ottenere la risonanza che le spetta. Gli anni passeranno e fortunatamente lo scorrere del tempo renderà giustizia agli Athena e allo splendido “A New Religion?”, ma si sa, il senno di poi può portare con sé soddisfazione, come rammarico…

 

DALLE CENERI ALLA RINASCITA

 

Lione non sarà l’unico a mollare il colpo in quel 1998. Anche Alessio Sabella abbandona la formazione toscana, e lo stesso farà Matteo Amoroso, che qualche anno dopo incontreremo in un altro disco seminale della scena italiana, quel “Stream of Consciousness” pubblicato nel 2004 dai Vision Divine. Il timone degli Athena rimane così in mano all’unico membro fondatore rimasto, il chitarrista Simone Pellegrini, e al tastierista Gabriele Guidi. I due decidono di andare avanti, puntando però a dare una nuova svolta stilistica al sound degli Athena. Lo si intuisce subito dalla scelta del nuovo batterista, il leggendario Ross Lukater, drummer che non ha bisogno di presentazioni visti i suoi trascorsi con i Death SS (nel leggendario “Heavy Demons” e in “Do What Thou Wilt” n.d.r.) e Labÿrinth. L’idea del duo Guidi-Pellegrini è di non imporre nessun limite alla proposta degli Athena, ma mantenere comunque una solida base power. La scelta di Ross Lukater, batterista roccioso, potente e veloce, risulta quindi la decisione perfetta per mettere in atto questa nuova evoluzione. Subito dopo vengono assoldati Fabio Doveri al basso, musicista dalle spiccate abilità tecniche che ha accompagnato gli Eldritch in alcune date di spalla agli Angra, e Graziano Poggetti alla chitarra, un giovanissimo virtuoso dello strumento. Rimane da risolvere il nodo cantante… Trovare un degno sostituto di Fabio Lione non è cosa da poco, ma i Nostri, come vedremo, riescono nel miracolo. È un loquace Ross Lukater, in un’intervista su Power Zone 1/2001, a svelarci l’aneddoto che ci conduce alla scoperta del nuovo cantante degli Athena:

 

Ma veniamo al cantante… Quando ci siamo trovati a dover incidere un promo da distribuire alle case discografiche, abbiamo pensato di affidare le parti vocali a Morby, un ottimo cantante nonché mio grandissimo amico. La sua disponibilità, però, era vincolata alla sua attività con i Domine, quindi abbiamo deciso di rivolgerci a un altro cantante molto valido, quello degli Eldritch. Lui si era detto disponibile, però, contemporaneamente, ci aveva consigliato Francesco Neretti, un ragazzo sconosciuto ma, a suo dire, dalla grande classe. L’ho allora contattato, è venuto a fare un’audizione, ha cantato due pezzi del vecchio disco e l’impressione è stata favorevolissima, tanto che si è deciso di partire con lui.

 

Già, lo “sconosciuto” Francesco Neretti diventa il nuovo cantante degli Athena e, come vedremo, il suo contributo, assieme a quello di un autentico rullo compressore come Ross Lukater, risulterà fondamentale per il nuovo album. Come se fossero risorti dalle proprie ceneri, gli Athena si presentano così con una nuova e motivata line-up e non vogliono perdere assolutamente tempo. I Nostri, infatti, forti di un amalgama che si viene a creare velocemente e in maniera del tutto naturale, mostrando determinazione e unità d’intenti, a settembre 2000 entrano negli Euphonic Studio per registrare una nuova prova sulla lunga distanza. Ultimate le registrazioni a novembre 2000, “Twilight of Days”, terzo lavoro griffato Athena, vede la luce il 19 gennaio 2001. Questa volta anche la band toscana può vantare un contratto di tutto rispetto. Per “Twilight of Days” si è infatti “scomodata” la prestigiosa Noise Records, label che rappresenta una sorta di leggenda in ambito power, creando subito interesse attorno al nuovo disco di Gabriele Guidi e compagni. È sempre Ross Lukater, attraverso l’intervista citata in precedenza su Power Zone 1/2001, a raccontarci com’è nata la firma di questo contratto:

 

Le cose si sono evolute nel modo più semplice possibile. Abbiamo registrato in sala prove quattro pezzi, affidando poi il demo a Pat Scalabrino della Pick Up che, nel corso di un meeting discografico, ci ha proposti assieme ad altre band ad alcune label. Tra queste c’era la Noise che si è subito interessata al nostro prodotto e ci ha contattati. Il primo approccio, comunque, è stato un po’ titubante, infatti la prima cosa che ci è stata chiesta era se eravamo poi in grado di suonare le stesse cose dal vivo. Come dire, la considerazione per i musicisti italiani non è mai il massimo! Ma tant’è. Abbiamo risposto dicendo di fissarci una data in Germania per poter dimostrare loro il nostro valore ma la “discussione” è finita lì, tanto che ci è arrivato nel giro di poco tempo una bozza di contratto. Abbiamo risposto con una contro-proposta che non vincolasse i singoli elementi della band alla Noise e che li lasciasse liberi di coltivare altri progetti, la Noise ha accettato e noi ci siamo ritrovati sotto contratto con loro.

 

Gabriele Guidi approfondisce:

 

“Twilight of Days” è un disco che in realtà non è nato per il progetto Athena, è una sorta di power epic prog metal molto diverso dai sound precedenti. Decidemmo di usare il nome Athena perchè ci dispiaceva molto di vedere il progetto finire nel nulla…

 

Twilight of Days” arriva nei negozi di dischi a gennaio 2001 e rappresenta il banco di prova dei “nuovi” Athena. L’album vira prepotentemente verso il power e, rispetto al passato della band, si rivela un platter più immediato e maggiormente incentrato sulle chitarre. Un aspetto che mette in evidenza l’ottimo guitarowk in sede ritmica di Simone Pellegreni, per poi lasciare libero sfogo alla solistica di Graziano Poggetti. Questo aspetto permette a Ross Lukater di sentirsi pienamente a suo agio, pronto a viaggiare a velocità elevatissime di doppio pedale e a randellare pelli e piatti con il suo violentissimo stile di braccia. L’album presenta così canzoni dirette, melodiche e violente, come ‘Lord of Evil’, ‘Falling Ghost’ o ‘Till the End’, traccia al limite del thrash, con un riff abrasivo quanto basta. “Twilight of Days” è un concept album avvincente e, come tale, richiede delle atmosfere ricercate, che possano rappresentare al meglio il continuo evolvere della trama. Proprio questo aspetto sarà garantito dal lavoro di Gabriele Guidi alle tastiere, che rispetto a quanto mostrato nei precedenti dischi degli Athena, punta maggiormente al lato emotivo delle composizioni, cercando di dare i giusti colori ai vari momenti che affronteremo nell’evolvere della storia. Eccolo quindi inserire parti dal retrogusto misterioso, tetro ed enigmatico in ‘Your Fear’, epico in ‘Hymn’, oscuro in ‘Lord of Evil’, “limitandosi” a dare sfoggio della propria tecnica in sede solistica. La ciliegina sulla torta viene però data dalla prestazione al microfono di Francesco Neretti. La sua voce è pulita, melodica e rabbiosa allo stesso tempo, potente, capace di raggiungere note elevatissime, il tutto supportato da una tecnica strabiliante. Ovviamente, a questo dobbiamo associare personalità ed espressività, riuscendo così a trasmettere emozioni fortissime. Basta ascoltare tracce come la già citata ‘Falling Ghost’, in cui combina rabbia e melodia, regalando un tecnicismo che lascia senza parole nel finale di traccia, o nella strofa in cui pone degli accenti che seguono i colpi sui piatti di Lukater, senza scordare il suo operato in canzoni come ‘Your Fear’, ‘Touch My Heart’, ‘Lord of Evil’ o la sentita ballad ‘Take my Life Away’. “Twilight of Days” si rivela così un disco diverso da quanto fin qui espresso dagli Athena, ma non per questo meno avvincente.

 


La copertina di “Twilight of Days”

 

Ma i tempi sono maturi per questo cambiamento? Come vedremo, sebbene abbia riscosso molto meno di quanto realmente meritato, una grossa fetta di fan e addetti ai lavori associano al marchio Athena le sonorità di “A New Religion?” e risultano spiazzati dal cambiamento proposto. Sembrano non accorgersi che in “Twilight of Days” quattro membri su sei sono appena entrati in line-up, portando quindi forze e visioni nuove. Sembrano non volere ammettere che il duo Guidi-Pellegrini abbia tutto il diritto di staccarsi dal passato, che proprio in quel periodo risulta una sorta di gabbia dove, involontariamente, alcune figure divenute ingombranti con il passare degli anni li hanno rinchiusi agli occhi dei fan, e non solo. Il disco viene così accolto in maniera discorde e anche in questa occasione, sebbene per una motivazione diversa rispetto a quanto accaduto con “A New Religion?”, gli Athena ottengono meno di quanto realmente gli sarebbe spettato. Passa solamente un anno e, vuoi per una sorta di frustrazione per il non riuscire a conseguire quanto meritato, a non riuscire a raccogliere nel modo adeguato per gli sforzi seminati, o forse più semplicemente per degli impegni nella vita privata che per qualche componente della band iniziano a diventare prioritari rispetto al resto, gli Athena si sciolgono. L’Italia, senza accorgersene, perde così una delle sue band più talentuose e rappresentative. Alcuni di loro proveranno a giocare una nuova carta fondando gli Shining Fury, ma questa è un’altra storia…

 

Gabriele Guidi approfondisce:

 

Col senno di poi effettivamente sarebbe stato meglio non usare il nome Athena per “Twilight of Days”, proprio perché il pubblico si aspettava un disco molto diverso, più in linea con gli stili precedenti. Altra cosa da valutare è che dopo Fabio, per un cantante è molto difficile stupire e impressionare. La produzione, inoltre, ha sicuramente influito negativamente sul risultato e alla fine ” Twilight of Days “, pur avendo un valore compositivo-melodico notevole, non è stato recepito come avrebbe meritato, sicuramente anche a causa del periodo storico…

Nel 2007 abbiamo per la prima volta parlato di reunion con la formazione di “A New Religion?”, ma dopo qualche prova e aver scritto qualche pezzo la cosa è naufragata per i troppi impegni di un po’ di tutti i membri. La cosa si è ripetuta più volte negli anni, sempre però senza tradursi in qualcosa di concreto e si è trascinata più o meno fino a quando Fabio non è stato talmente sommerso dagli impegni da non poter più continuare con noi. A quel punto abbiamo contattato Giacomo Boschetto che si è da subito mostrato più che interessato al progetto e ha accettato di farne parte. Al momento stiamo ultimando la stesura del nostro quarto disco. Speriamo di sentirci presto, magari per parlarne più approfonditamente.

 

Dalle parole di Gabriele Guidi apprendiamo così, in esclusiva per TrueMetal.it, che gli Athena si sono riformati con la seguente formazione:

Giacomo Boschetto – voce
Simone Pellegrini – chitarra
Donatello Menna – chitarra
Alessio Sabella – basso
Matteo Amoroso – batteria
Gabriele Guidi – tastiere

 


L’attuale line-up degli Athena

 

I Nostri sono già al lavoro sul disco che sancirà il loro ritorno in scena, diventando uno degli album più attesi di questo nuovo anno. Gli Athena, come una fenice, sono risorti dalle proprie ceneri. Ciò che sembrava essere destinato a rimanere leggenda è ritornato ora a essere realtà. Non rimane che attendere…

 

Marco Donè

 

Nota: le foto di copertina e dell’attuale line-up degli Athena sono state realizzate da Damiano Tarantino