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Are You Experienced? Kre’u – anteprima esclusiva “A Palas non Torred” + Intervista

Di Roberto Castellucci - 2 Maggio 2023 - 10:00
Are You Experienced? Kre’u – anteprima esclusiva “A Palas non Torred” + Intervista

In questo nuovo appuntamento con la rubrica Are You Experienced? ci addentreremo nell’entroterra sardo, in Barbagia, per occuparci di una nuova e intrigante realtà Underground: Kre’u. Dopo aver diffuso il videoclip del brano “A Sos Antigos” il gruppo pubblicherà il disco di debutto, l’omonimo “Kre’u“, il 9 maggio 2023. Prima di dare la parola a Ignazio Cuga, ideatore e fondatore del progetto, potrete gustare in anteprima per TrueMetal.it il secondo singolo estratto dall’album, “A Palas non Torred”. Avanti tutta!

Benvenuto su TrueMetal.it! Iniziamo in modo ‘semplice’, per così dire: quando, come, perché e (soprattutto) dove nasce il progetto Kre’u? Ci puoi
spiegare il significato di questo nome?

Salute a voi di TrueMetal.it e grazie infinite per l’attenzione, e un grande onore per me rispondere alle vostre domande. Kre’u nasce nell’agosto del 2020, da alcuni versi ‘poetici’ che mi sono venuti in mente e hanno girato nei miei pensieri per qualche giorno finche non ho deciso di trascriverli. Premetto che nonostante reputi il Sardo la mia lingua madre, prima di tale momento non sono mai stato in grado di scrivere in ‘Limba’. Comunque, nello scrivere tali versi, senza quasi rendermi conto, una parola suggeriva la successiva come in una sorta di trance frenetica che si è trasformata presto in un fiume in piena. Ecco così che, in relativamente poco tempo, mi son ritrovato con alcuni testi completi ed ho provato a musicarli. Con mia grande sorpresa ed incredulità, le metriche testuali funzionavano alla perfezione sui riff che avevo scritto cosi spontaneamente, come se qualcosa di invisibile mi stesse guidando. Ebbi conferma di questo sottoponendo le prime due tracce demo al mio collaboratore e amico di una vita Filippo Mereu, persona di cui mi fido ciecamente per onestà intellettuale, conoscenza della lingua e capacità di analisi oggettiva della composizione (lui è un compositore che viene dall’ambito della musica acusmatica/elettroacustica e con una laurea al conservatorio in Musica Elettronica e ingegneria del suono, nonchè parte integrante del progetto sia per le parti ‘ambient’ presenti nel lavoro, sia per quanto riguarda il Sound Design, il Mixing ed il Mastering). Visto il nostro rapporto e la sua conoscenza in materia sonora, senz’altro mi avrebbe dato un parere sincero, e cosi fu! Sentire l’esaltazione e l’emozione dalla sua voce è stato per me il via libera definitivo, la conferma che la strada era quella giusta. Tutta la genesi e la lavorazione di questo primo album a livello compositivo è avvenuta principalmente nella mia casa/laboratorio, rifugio di amata solitudine e luogo intimo di riflessione e creazione (io vengo dall’ambito delle arti visive e questo aspetto si è spesso riversato sulla musica). Il nome Kre’u significa ‘quercia’ e l’ho scelto pensando soprattutto al concetto di un essere maestoso la cui vita può durare secoli, che vede passare dinnanzi a se le storie di generazioni e generazioni, le loro fatiche, le loro tribolazioni, le loro gioie e speranze come la loro ira, i loro errori, le loro disgrazie, i loro drammi, le loro vendette. Voglio specificare che mi interessa soprattutto la ricerca di un collegamento ‘spirituale’ con l’uomo naturale pre-industriale, incorrotto, puro, pregno di struggente innocenza e contemporaneamente ferale nell’ira, renitente alla schiavitù e alla sottomissione, e che riconosce come proprie solo le leggi dei propri Avi, il cosiddetto Re Pastore raccontato magistralmente dalla poesia sarda, la cui rima nasceva spontanea anche tra i più umili cantori e che, per quantità e qualità, smentisce in un attimo il taglio Lombrosiano con il quale spesso in passato (ma anche nell’attualità) siamo stati descritti. Anche in Sardegna purtroppo questo aspetto sta scomparendo, proprio a livello antropologico, e mutata la grana umana, si fanno avanti sempre di più altre aspirazioni, sembra quasi che ci si stia rassegnando senza nemmeno provare a capire, figuriamoci a lottare. Per questi motivi, per i quali non basterebbe certo uno spazio cosi ristretto a sviscerarli tutti, Kre’u vuole esistere, come un collegamento, seppur immaginifico/letterario, con ciò che eravamo fino a meno di un secolo fa, almeno per mettere in discussione la condizione di colonia a cui sembriamo definitivamente condannati.

Per un ‘continentale’ come me l’elemento di maggior rilievo, sin dal primo ascolto dei singoli – di titolo e titolo, è la scelta di utilizzare esclusivamente la lingua regionale sarda. O, per meglio dire, quella che io identifico come tale…i testi sono stati scritti impiegando un Sardo comprensibile in tutta l’isola o si è optato per un particolare dialetto? A cosa dobbiamo questa scelta?

I testi, per la maggior parte, sono stati scritti sulla parlata di Ovodda, che è il mio paese natale. E’ una variante della zona linguistica della Barbagia di Ollolai, che presenta varie similitudini fonetiche con le parlate di paesi quali Mamoiada, Orgosolo, Gavoi, Ollolai, Fonni, Oliena, Lodine. Ho voluto scegliere questa variante innanzitutto perchè e quella che conosco meglio e che parlo sin dall’infanzia, ma soprattutto perchè contiene in se delle cellule fonetiche inedite anche per quanto riguarda la dizione e la scrittura. E’ una lingua dura, piena di aspirate, colpi di glottide e terminologie, soprattutto provenienti dal mondo pastorale e contadino, originali e letterariamente inedite. Normalmente le lingue usate in poesia sono tradizionalmente il Logudorese e il Campidanese che sono le macro-categorie del nord e del sud Sardegna e sono certamente parlate molto più dolci. In questo caso, visto il processo naturale con cui è venuto fuori questo lavoro, osare con una scrittura così poco conosciuta è, a mio parere, un valore aggiunto che ben si adatta al Black Metal proprio per questo aspetto viscerale e primigenio che il genere contiene in sè già dalla sua genesi e contemporaneamente per la malleabilità e libertà intuitivo/compositiva che offre anche a livello di contaminazioni. Tornando alla domanda, sicuramente anche per alcuni Sardi la comprensione del testo sarà ardua, ma niente paura! Pensando a questo, anche per non chiudere la degustazione dell’album nella sua interezza al possibile ascoltatore anche non Sardo, abbiamo voluto inserire nel booklet (di ben 20 pagine) dell’album, le traduzioni dei testi in Inglese, per cui da quel punto di vista credo che i concetti espressi possano arrivare a chiunque abbia un po’ di curiosità e buona volontà in più. Oltretutto, storicamente, il Black Metal ha sempre fatto uso di idiomi nazionali o tradizionali, per cui non ho mai vissuto questo aspetto come qualcosa di invalicabile, tutt’altro! Penso agli Ulver, ai Taake, ai Negura Bunget eccetera…per me è assolutamente un valore aggiunto che tiene viva l’anima dei popoli e il loro legame con la terra e con gli antenati. E’ un atteggiamento soprattutto spirituale secondo il mio modesto parere.

Cosa raccontano e di cosa parlano i testi di Kre’u?

Principalmente il mio racconto è un’epica del passato, nella maggior parte dei casi l’uomo e ancora immerso nella Natura, nella vita pastorale pre-industriale, una vita di gran solitudine, nomadismo e lontananza ma che sapeva unire ancor di più le comunità nei momenti di vicinanza, nella gioia o nel dramma. Un mondo antico in cui i ruoli maschile e femminile sono ancora ben definiti, infatti, l’Uomo è il Padrone del ‘Fuori della Casa’ e la Donna del ‘Dentro la Casa’, il che non significa assolutamente reclusione, bensì organizzazione, anche delle rendite, solo la Donna ha questo potere, gli uomini sono in pascoli lontani durante le stagioni più fredde nel Gennargentu. Questo, unito sempre ad uno sfondo naturale/contestuale variamente descritto nei testi, e il contenuto principale del progetto a livello lirico/attitudinale. Entrando nei dettagli del disco, sostanzialmente, il concetto più pregnante è quello della Vendetta ed il senso di una Giustizia (variamente personificata, ma sempre rispondente all’azione invisibile di una giustizia che definirei ‘karmica’) che si abbatte su chi non si attiene alla natura ed al carattere morale de ‘su Connottu’, il Conosciuto, la legge ancestrale di questa specifica realtà che è ed è stata la Sardegna, una struttura che nei millenni ha sempre modificato la natura integrandosi con essa, identificandosi in essa, riparandosi da essa ed accogliendola a seconda degli eventi ma sempre con in mente l’essere parte di un tutt’uno, come lo sono i cinghiali e i cervi, i monti e le caverne, il mare e le acque del sottosuolo. Specificamente sono tre i brani che si incentrano su questo tema principale da angolazioni diverse: “Notturnu” (Notturno), brano 02, è a modo suo più intimista nel rivolgersi all’interno nella riflessione sui sentimenti dell’Odio, del Rancore, dell’impulso viscerale alla Vendetta come qualcosa reclamata dal cielo stesso. Viene descritto lo stato d’animo come un mare in tempesta che si rivolta dal fondale stesso e che per potersi acquietare vorrebbe ingoiare l’intero cielo notturno, da cui innumerevoli stelle osservano gli innumerevoli destini degli uomini. Il tema della Vendetta torna nel brano 05, “Ebbia su Sambene” (Soltanto il Sangue). Qui la Vendetta è gia stata compiuta e l’assassino è un Bandito in fuga, si nasconde nella Natura selvaggia, nelle innumerevoli grotte naturali e rocce scavate dalle acque (tafoni). Ha ucciso per compiere il terribile giuramento fatto a suo fratello morente (presumibilmente ferito a morte), sigillato nell’orazione ‘Soltanto il sangue possa riparare all’offesa nelle generazioni. I loro figli possano morire a frotte, i figli miei possano macellarli!’. Ma il Fato è già scritto nelle vene di chi si e macchiato di sangue, la tensione nervosa, la tristezza nel ripensare a giorni di dolore e condanna e poi, la coscienza di essere anch’egli portatore di quello stesso dolore ai danni dei nemici, di essere anch’egli portatore di Morte, una Morte che come la Volpe, vuole approfittare del momento propizio per mangiare a sazietà. Ritorna di nuovo quel giuramento al fratello carnale, “su Carrale”, quella terribile maledizione che alla cronaca nera e nota come ‘faida’. “A Palas non Torred” (Ch’egli non possa tonare indietro), brano 06, si rivolge ad un personaggio che è appena morto. Una voce gli racconta il suo funerale mentre egli già sente le ossa sgretolarsi, cosa e stato della sua vanità ora che e stata inghiottita dall’ombra? In una successione temporale rovesciata (ovvero la vita rivissuta al contrario) la voce gli racconta di come le preghiere delle donne attorno al suo cadavere fossero in realtà una mera sceneggiata formale, poichè all’interno dei loro veri pensieri, già l’avevano raccomandato al demonio! Il refrain e una manifestazione di quel pensiero: ‘speriamo che non possa trovare la strada del ritorno, che il diavolo lo tenga!’. Nuovamente la voce giudicante si rivolge al defunto elencandogli tutte le malefatte compiute durante la vita, quelli che sono stati ricattati, abusati, derubati, lasciati a morire di fame, delle offese fatte ad ogni famiglia della comunità. Gli comunica come ormai fosse troppo tardi per chiedere perdono, visto che già i vermi gli avevano divorato gli occhi, per cui non avrebbe più visto l’Alba. Gli racconta di quanto fosse stato arrogante a pensare che la Giustizia, qui impersonificata da un’ombra nera nella stanza in cui egli dormiva, non lo stesse osservando (da tempo), e infatti, quella stessa ombra lo affoga nel suo stesso sangue, con una sola azione di taglio quasi clinica non gli lascia neppure il tempo di pronunciare la parola ‘perdono!’. E irrilevante sapere chi fosse quell’ombra, visto che il protagonista aveva tanti nemici, per cui è comunque quella Giustizia Provvidenziale che agisce. Torna il refrain dove si ribadisce lo stesso concetto che se ne debba stare all’inferno e lo si raccomanda allo stesso Lucifero (Lutziferru). Lucifero è nominato come riferimento generale al ‘capo dei diavoli’, non perché esista alcuna ‘goetia’ sarda, anzi, in generale possiamo dire che il diavolo verrà sempre nominato in riferimento alla superstizione e mai come entità operante a se, per cui il progetto non ha nessuna correlazione col satanismo, né filosoficamente, né esteticamente, cioè, non sfoggerò mai pentacoli o croci rovesciate perché non appartengono in nessun modo alla narrazione, la quale si esplica comunque con una malevolenza sottile da novello Minosse di dantesca memoria che consegna il dannato al giusto cerchio ed al giusto girone. E’ curioso notare come San Lucifero fosse uno dei primi vescovi cattolici a venire in Sardegna a convertire i pagani. “Sa Morte ‘e su Pastore” (La Morte del Pastore), brano numero 03, è una fotografia esplicativa di quella Natura violenta e selvaggia, che tutto può togliere in un attimo fulmineo. Un pastore ed il suo gregge vengono travolti da una tempesta di neve nell’attraversare il valico delle montagne in direzione della pianura del Campidano, lungo le vie della transumanza. Ecco che sulla montagna sbiancata come se fosse corpo dissanguato, il vento tormentato e la neve incessantemente sempre più alta si sono tramutati in una trappola fatale. L’uomo incredulo e disperato cerca con vani tentativi di salvare le sue pecore ma le vede morire penosamente abbattute in un colpo solo, finchè, al colmo della disperazione anche le sue forze lo abbandonano e non gli resta che arrendersi al freddo sonno nell’abbraccio della neve. Il suo ultimo pensiero è quel Campidano, con la sua mitezza tanto bramata e mai raggiunta. Questo brano mi sta particolarmente a cuore perché è secondo me quello che si avvicina di più ad una poesia. “A Sos Antigos” (Agli Antichi), traccia 05, si ritorna al lato più riflessivo ed al rapporto diretto uomo/ natura, solo nelle solitudini boschive ed ombrose delle montagne è possibile allontanarsi ed ancora meravigliarsi della bellezza della creazione, sotto Lecci millenari che conoscono ogni tempo, fra i quali graniti ciclopici affiorano dall’alba dei tempi. E’ il regno dell’Astore di giorno e del cielo stellato di notte, e le stelle sono le sentinelle dell’eterno sforzo del mondo, un mondo ancora vivo che resiste nonostante sia abitato da parassiti che non fanno altro che sporcarlo ed avvelenarlo, chiusi nelle loro piccole menti ed insignificanti aspirazioni hanno infranto il patto con la natura e coi loro antenati e, mentre nuove barbarie si apprestano ad arrivare, coloro che hanno già preso ‘la via per il bosco’ e non intendono rispecchiarsi con le vili aspirazioni del presente, necessitano ed invocano, per poter continuare a vivere vite degne, le forze degli antichi Giganti, metafora dell’autodisciplina morale, spirituale e marziale di chi non si piega, di chi non obbedisce! Il brano numero 01, “Dae una Losa Ismentigada” (Da una tomba dimenticata) è la mia interpretazione di una poesia scritta da Peppinu Mereu, poeta in ‘Limba’ tra i più noti in Sardegna, morto di sifilide nel 1901 a 29 anni. Poeta che per primo affronta tematiche di critica al regime Savoia ed allo status quo, disgustato dagli anni in cui fu arruolato nei carabinieri. Scrisse anche alcune poesie ascrivibili al decadentismo, suggestione probabilmente proveniente dalla Scapigliatura Milanese che a sua volta rubava dai poeti maledetti francesi. Considero questo brano come un tributo alla cultura poetica sarda, argomento vastissimo e pieno di veri campioni dell’improvvisazione in rima, a cui non mi avvicino minimamente se dovessimo confrontare la mia Musa e la loro, che rispetto e conosco ed apprezzo in larga scala e che reputo sia un patrimonio da tutelare. Già solo questa presenza ingombrante, ripeto, scardina da sola tutta la narrativa che vuole il Sardo ignorante e primitivo. Qui il personaggio del testo già marcisce in un ossario di spoglie sparse, nel tremendo silenzio della Morte, mentre la donna che gli aveva giurato eterno amore, non si cura più di quell’amante confinato all’oblio dei suoi ricordi, distratta dal mondo e dalla sua stessa giovinezza, mentre egli, morto per lei ed ora abbandonato minaccia di tornare nei suoi incubi, ma poi, in uno strascico di pena ed accusa la invita a cogliere un fiore dalla sua tomba e posarselo sul seno, perché ella si ricordasse di quanto l’avesse amata, visto che se l’era ormai dimenticato. Ovviamente l’assenza di batteria mi ha portato ad una forma strutturale un po’ diversa, in cui si nota l’influenza di certo cantautorato più o meno liminale (tipo un certo Nick Cave epurato dal blues, per intenderci) che però a mio parere regge nel contesto dell’atmosfera generale dell’intero lavoro.

Un altro elemento di spicco è l’utilizzo del ‘canto a tenore’. Qualche anno fa trascorsi una piacevole vacanza a Cala Gonone, nota frazione marina di Dorgali. In quell’occasione ebbi la fortuna di assistere ad una festa patronale in cui si alternavano sul palco molti tenores: fu uno spettacolo unico e affascinante. Due curiosità, sperando vivamente di non scrivere qualche castroneria. In primis: chi è, o chi sono, i boghes presenti nei brani di Kre’u? In secundis: come mai hai deciso di inserire il ‘canto a tenore’ in un disco Metal? Francamente mi stupisce che nessuno ci abbia mai pensato prima!

In realtà non è totalmente esatto dire che io sia il primo che ci ha pensato, diamo a Cesare quel che e di Cesare! L’hanno fatto prima i Losa nel loro ultimo EPMastrucatum di qualche anno fa, anche se in maniera diversa. Mentre loro hanno utilizzato direttamente un gruppo a Tenores (cuncordu) come ospite, qui mi sono occupato io stesso della cosa in maniera un po’ più sperimentale, infatti il mio modo non è certamente quello tradizionale, piuttosto una sorta di sintesi. In quello tradizionale ci sono tre voci corali suddivise in ‘bassu’, ‘contra’ e ‘mesu boghe’ che sorreggono la ‘boghe’ che è colei che canta le parole. Il mio invece potrebbe essere interpretato come una sorta di mix tra ‘bassu’ e ‘contra’, l’intenzione era certamente quella di ‘suggerire’ l’effetto ‘cuncordu’ però integrandolo il più possibile fluidamente nel contesto dei brani. Non dimentichiamo che, essendo il canto a Tenore una musica di origine popolare, priva di partiture, è molto difficile riuscire ad integrarla a livello di tonalità tra strumenti che invece sono basati su una teoria musicale codificata. Forse si potrebbe raggiungere un risultato soddisfacente solo nel caso in cui gli altri strumenti si mettessero al servizio del ‘cuncordu’ e non viceversa. Tutte le voci presenti nell’album sono state eseguite dal sottoscritto e la motivazione è molto semplice: l’arcaicità di questa forma espressiva, forse la più tipica e caratterizzante della Sardegna, è la più antica forma di musica e probabilmente di preghiera, di contatto con le divinità e di propiziazione della fertilità che conosciamo, è un elemento che ha certamente contribuito a rendere più evocativo tutto il lavoro e nonostante abbia preferito non abusarne, sarebbe stato un vero peccato tralasciarlo.

Nella pagina Bandcamp di Kre’u lo stile musicale, a mio avviso molto originale e personale, viene definito ‘Black-Dark Metal old school’. Quali gruppi e/o artisti pensi abbiano maggiormente influenzato la composizione dei brani del disco?

Dico la verità, io sono un melomane, sono sempre affamato di musica e sono un vorace collezionista già dagli anni 90 (ho superato la soglia dei 40). Certamente il Rock e il Metal sono il mio pane quotidiano da 30 anni e ho avuto varie fasi nel corso della mia vita per cui potrei compilare una lista interminabile di dischi ascoltati ed interiorizzati. Tutto e iniziato quando ascoltai, ancor prima di vedere il film, la colonna sonora del film ‘Phenomena’ di Dario Argento, (passato in cassetta da un amico con fratelli più grandi) nella quale oltre al Maestro Simonetti e i Goblin spiccavano “Flash of the Blade” degli Iron Maiden e “Locomotive” dei Motörhead, oltre ad un paio di brani Darkwave di Andi Sex Gang e alla stupenda “Valley” di Bill Wyman & Terry Taylor…fu una folgorazione! Lo stesso mi accadde con “17Re” dei Litfiba (quasi mi vergogno a dirlo ma è la pura verità e amo ancora quel disco alla follia). Da lì, avrò avuto forse 10 anni, ogni soldo che mi passava tra le mani era destinato all’acquisto di una musicassetta. Passando per i classici Black Sabbath, Iron Maiden, Metallica, Megadeth, Slayer e Motörhead, ma anche Pink Floyd, Led Zeppelin e Deep Purple a una certa arrivarono i Pantera, i Sepultura, i Testament in un crescendo verso musica sempre più pesante e violenta, Deicide, Cannibal Corpse, Death (“Human” e “Symbolic” soprattutto). Anche l’acquisto delle poche riviste che arrivavano in paese fu fondamentale. Posseggo ancora gelosamente numeri di Metal Hammer, Grind Zone, Psycho!. Il mio primo disco Black Metal fu “Tol Cormpt Norz Norz Norz” degli Impaled Nazarene e subito dopo “De Mysteriis Dom Sathanas” dei Mayhem. A ruota “To Mega Therion” e “Into the Pandemonium” dei Celtic Frost, “La Masquerade Infernale” degli Arcturus, “Adimiron Black” dei Gehenna, “Enthrone Darkness Triumphant” dei Dimmu Borgir, “Dusk and Her Embrace” e “Cruelty and the Beast” dei Cradle of Filth. “City” degli Strapping Young Lad, “Psalm 69” dei Ministry e “Demanufacture” dei Fear Factory mi fecero interessare all’Industrial Metal e da lì scoprii anche i Laibach (e il Martial Industrial), i Death in June (e il Neofolk), Lustmord, Raison d’Etre (e la Dark Ambient) e i Neurosis di “Through Silver in Blood”. My Dying Bride, Anathema e Katatonia ugualmente furono amore al primo ascolto. Quando arrivò Nick Cave and the Bad Seeds ripresi il criminalmente ignorato fino ad allora Fabrizio De Andrè (le cassette che comprava mio padre), ebbi un periodo Prog anni ‘70 con King Crimson soprattutto e le perle italiane Balletto di Bronzo e Museo Rosenbach e dopo mi tuffai nel Post-Punk…negli ultimi 10 anni invece, il mio amore assoluto sono stati gli italianissimi Ianva che meriterebbero a mio parere molta più considerazione. Ecco, mi fermo, ma potrei continuare per giorni. Tanto si e capito che sono malato, eheheeh...Menzioni Speciali: Diamanda Galas, David Sylvian, Scott Walker, Attila Csihar! Fondamentalmente il mio lavoro lo considero come Black Metal con un approccio quasi cantautorale se mi passi il termine. Solitamente il Metal lo scrivono i chitarristi: in questo caso, riassumendo, è scritto da un vocalist e forse è per questo che possiede, non dico originalità (anche perché non è detto che sia garanzia di bellezza) ma sicuramente personalità.

In un breve periodo il videoclip di “A Sos Antigos”, primo singolo estratto dall’album, ha superato le 3000 visualizzazioni. Ci puoi raccontare qualcosa riguardo alla creazione del video? Dove è stato girato, chi è e che cosa indossa il protagonista…mi piacerebbe anche sapere perché non si veda mai il mare. Un’idea a riguardo ce l’ho, avendo avuto modo di ‘vivere’ l’entroterra della Barbagia, tuttavia penso a tutti i Lettori che, ahimè, non hanno avuto la mia stessa fortuna e che ancora pensano alla Sardegna come ad una specie di ‘Maldive italiane’…

Innanzitutto vorrei ringraziare con tutto il cuore tutte le persone che ci stanno sostenendo e credono in Kre’u, è un risultato che non ci aspettavamo assolutamente e ci fa davvero piacere sapere che l’Underground è vivo e vegeto! La passione c’è ancora e la gente apprezza certamente la musica fatta con onestà e cura, siamo veramente entusiasti di scoprire questo e di ricevere apprezzamenti anche da chi non e dentro il Black Metal, anzi, spesso nemmeno dentro al Metal in generale. Il video è stato girato nella stessa giornata in due location differenti: una è Valverde sul Monte Ortobene che sovrasta Nuoro ed è la parte diciamo ‘boschiva’ del videoclip. L’altra location è un sito archeologico chiamato ‘Madau’ in cui sono presenti quasi integre due Tombe dei Giganti risalenti al Bronzo Medio e si trova in un altopiano tra i paesi Fonni ed Orgosolo a poco meno di 1000 metri sul livello del mare. Invece la faccia da galeotto che appare nel video sono io ed indosso l’abbigliamento tipico del pastore post-Prima Guerra Mondiale, quando al costume tradizionale si sostituì la cosiddetta ‘veste civile’ in velluto. L’unica cosa rimasta intatta nel vestiario del pastore dopo il ritorno dalla Grande Guerra è certamente la cappa in orbace spesso, come si può vedere nel video, detta Sa’u (sahu). Faceva un po’ da mantello e da coperta nelle lunghe notti di veglia passate nei pressi della capanna tipica del pastore detta ‘pinnetu’ o direttamente all’addiaccio. Il mare non si vede per il semplice motivo che è lontano dalla nostra zona (almeno 100 km da ogni lato per il raggiungimento delle coste più vicine dall’interno dell’isola muovendosi in orizzontale) e la nostra cultura è tipicamente montanara, conta che da noi non abbiamo neppure i nomi dei pesci nel vocabolario! ‘Barbagia’ significa soprattutto montagna, bosco, alture. La mia cultura è questa, io provengo da una famiglia di pastori e contadini e mi sento a mio agio a parlare di ciò che conosco. Ho vissuto un anno ad Alghero in passato e non sono mai riuscito ad abituarmi al clima, il mare lo vedo davvero poco durante l’anno. Comunque auspico e spero di poter ascoltare magari in un futuro non troppo lontano una band che abbia in se quella connotazione marina, magari che parli di ambientazioni quali la Baronia o la Gallura, sarebbe sicuramente una ricchezza in più, perché ogni zona ha la sua tipicità. Posso dire senza timore di smentita che la Sardegna, da questo punto di vista, racchiude in se tutti i climi e gli ambienti dell’intero Mediterraneo, e ha una storia ed una cultura che non ha nulla da invidiare a nessuno. Questo lo affermo senza nessun disprezzo verso le altre culture, anzi, credo che ognuno debba conoscere a fondo la propria, preservarla e valorizzarla, facendo attenzione a non cadere nelle facili attrattive esoticiste da turismo indifferenziato, che spesso si trasformano in vere e proprie pagliacciate prive di fondamento storico.

La pubblicazione di quest’intervista viene impreziosita dal video di “A Palas Non Torred”, secondo singolo estratto da Kre’u e concesso in esclusiva per 3 giorni su TrueMetal.it. Puoi approfondire i contenuti musicali di questo brano?

Per quanto riguarda i contenuti testuali rimando ad una delle risposte precedenti in cui mi sono già dilungato sui temi dei testi. Musicalmente questo è il brano più diretto, corto e forse più tipicamente Black Metal dell’album, posizionato in chiusura del disco stesso. Inizia con una intro processionale in cui viene cantata un’Ave Maria in “Limba” tra i rintocchi di campane funeree e un inserto Ambient che ne sostiene il taglio sacrale e mortifero. I riff sono costruiti essenzialmente su una scala araba che stavo studiando in quel momento alla chitarra. Mi piaceva molto l’idea di sperimentare su soluzioni insolite di questo genere pur conservando quell’attitudine frontale ed aggressiva, quasi Punk direi, che si può percepire in questo pezzo. Tre riff messi in fila in una struttura abbastanza classica strofa/ ritornello/bridge, con una timbrica vocale vicina a certe cose forse degli Immortal, immersa in un contrappunto di chitarre. Un pezzo feroce, tirato, malevolente e senza tanti fronzoli che ben si adattava a sostenere un testo cosi spietato e macabro. Credo che nel contesto dell’album sia un brano che riesce a chiudere come si deve tutto il discorso messo in mostra dai brani precedenti ed a dare in definitiva uno spettro completo di quanto multiformi siano le sfumature dell’intero full-length. Sicuramente gli ascoltatori piu ‘thrashari’ apprezzeranno.

L’edizione speciale di Kre’u è stata in prevendita su Bandcamp per pochissimo tempo…praticamente è andata sold out in un batter d’occhio. Per tutti coloro che non hanno avuto modo di metterci le mani sopra: chi ha scritto e di cosa parla il libro ‘Dustizia Mala’, incluso nella special edition del disco?

‘Dustitzia Mala’ non è proprio un libro ma più un opuscolo che graficamente si rifà un po’ alle vecchie fanzine e un po’ a certe vecchie pubblicazioni anarchiche ciclostilate. Ho pensato che poteva essere un modo interessante per introdurre gli ascoltatori in una prospettiva storica che potesse spiegare in breve le cause del Banditismo in Sardegna. Qui tengo a precisare che non mi occupo del tema dei sequestri di persona, attività criminale secondo me disonorevole, che è stata troppo spesso strumentalizzata soprattutto dai media e dagli apparati che con grande malafede indicavano la sua origine nella cultura pastorale. Niente di più falso! Il sequestro di persona è assolutamente sovrapponibile ideologicamente all’atteggiamento capitalista del ‘massimo risultato con il minimo sforzo’, ideologia portata in Sardegna ed imposta dai vili Savoia, alla quale ha aderito larga parte di una classe di possidenti e borghesi autoctoni che ha favorito l’instaurarsi di questa infame progenie. Nonostante l’Isola abbia subito secoli di dominazioni dal crollo dell’istituto dei Giudicati, il potere fu sempre percepito dai Sardi (la classe popolare) come ‘esterno’ con leggi proprie, altre, non appartenenti alla comunità nativa, portatore di disgrazia, di privazione della libertà (benché nella mente del Sardo antico si trattasse di semplice liberta fisica), sequestro dei beni…in sostanza, tempi in cui una persona poteva stare in carcere per anni solo per un semplice sospetto, o per il tradimento di una spia o infinite altre dinamiche, specie quelle legate al colonialismo ed allo sfruttamento delle risorse, per cui, un sospettato si dava facilmente alla macchia, diventando di fatto ‘Bandito’ pur di non passare per l’arresto. Non dimentichiamo che durante il regno dei Savoia venne abbattuto il 60 % dei boschi di tutta l’Isola per farne carbone e si passò con la cosiddetta Legge delle Chiudende da un demanio illimitato (seppur ancora in un contesto feudale) gestito dai nativi in un sistema di consuetudini secolare, ad una chiusura forzata degli appezzamenti di terra, con cui i possessori del capitale hanno, nella stragrande maggioranza dei casi, affamato la gente, creando come ariete una classe di possidenti al servizio dei dominatori. Questo è ciò che principalmente ha minato nel tempo l’autostima stessa del popolo. La Prima Guerra Mondiale ha fatto il resto, siamo stati la più gloriosa carne macellata d’Italia! In ogni caso non ho alcuna intenzione di fare il piagnisteo vittimista, ma voglio invece esaltare la figura di un tipo umano che non esiste più, sottolineare quali sono i passaggi storici ed antropologici che hanno demolito la coscienza dei Sardi e li hanno ridotti, da Re Pastori e costruttori di torri megalitiche, mai interamente piegati nemmeno dai Romani, a quest’oscenità insopportabile di resort e ville di lusso per i ‘grandi invidiati’ o il tumore colonialista di basi militari e raffinerie che son 60 anni ed oltre che fanno ammalare la gente di leucemia, cancro e deformazioni infantili ma…’senza lavoro come si fa?’. Oppure quando il graduato dell’esercito italiano dichiara, intervistato a proposito dei bambini nati deformi nei paesi del Salto di Quirra: ‘qui si chiamano tutti Carta e Lai’, intendendo che il motivo fossero gli incesti e non le sostanze rilasciate dalle loro esercitazioni…i nostri antenati si sottraevano, a costo della vita, dalle maglie della ‘Dustitzia Mala’, la legge straniera e mai riconosciuta dei Re prima, e dello Stato dopo. Il loro essere banditi era la loro dichiarazione di indipendenza, quel ‘non mi avrete vivo!’ che non concedeva tregua e che rispondeva al fuoco col fuoco, con la guerriglia alle varie cacce all’uomo, grazie anche ad una conoscenza estesa del territorio.

Forse è prematuro parlarne ora: le canzoni di Kre’u verranno prima o poi suonate dal vivo?

Ci stiamo lavorando! Sinceramente non ci aspettavamo questa magnifica accoglienza e fino a poco tempo fa non potevo neppure immaginare altro che un progetto da studio. Contiamo comunque di non far passare troppo tempo prima di essere pronti, a breve sveleremo anche i nomi degli altri componenti della band, per ora si confermano Filippo Mereu alle parti Ambient e al sound design e Nicola Piras alla batteria ed ovviamente io alla voce.

Il nostro interessante approfondimento riguardante il debutto di Kre’u giunge purtroppo al termine. Ringraziamo Ignazio Cuga per la sua disponibilità e lasciamo, come è tradizione, un ultimo spazio all’artista per rivolgere un saluto e un ringraziamento a tutti i Lettori.

Ringrazio tutti voi della redazione di TrueMetal.it per averci concesso questo spazio e tutti coloro che si stanno avvicinando a noi, fortificando giorno per giorno le nostre intenzioni ed il messaggio veicolato da Kre’u. Siate indomiti, non cedete le armi senza lottare, abbiate aspirazioni più elevate e non fatevi bruciare il presente perché la vita è qui e ora e tra un minuto c’è soltanto l’ignoto! Gratitudine eterna a voi tutti.

Ricordiamo che il disco di debutto di Kre’u verrà pubblicato il 9 maggio 2023. Seguite la band approfittando dei seguenti collegamenti:

Kre’u su Bandcamp: https://krehu.bandcamp.com/album/kre-u

Kre’u su YouTube: https://www.youtube.com/@krehu_0784

Kre’u su Facebook: https://www.facebook.com/krehu.barbagia