Bejelit: studio report
A tre anni da “Age of Wars”, tornano a farsi sentire i Bejelit. La band aronese è al momento occupate nella scrittura e nella registrazione dei pezzi che andranno a comporre il loro terzo album. Con quattro pezzi completati, registrati e mixati, il gruppo ci ha invitato nel loro nuovo studio per un ascolto in anteprima.
In questo periodo sono cambiate alcune cose per la band. Buona parte del tempo passato dal loro ultimo cd è servito, infatti, a riorganizzare e a far crescere il gruppo come musicisti e come società. Ora i Bejelit dispongono di un grande studio di registrazione di loro proprietà (oltre 400 metri quadri), la cui apertura, anche ad altri gruppi, è avvenuta proprio questa estate. Soprattutto, dopo l’esperienza con il cantante Tiberio Natali, durata un solo album, è tornato in forza al gruppo Fabio Privitera, storico singer della band con loro fin dagli esordi. La vita di Fabio, però, ora è a Roma, proprio il suo trasferimento nella città eterna fu, ai tempi, il motivo della separazione dai Bejelit. Questa distanza tra i componenti del gruppo ha, conseguentemente, portato anche a una considerevole riduzione dell’esperienza live della band. Il gruppo è quindi stato costretto a puntare solo su concerti e festival che garantiscano la maggiore visibilità possibile (come nel caso dello scorso Metal Camp), tralasciando a malincuore le esibizioni nei locali di mezza Italia che li avevano portati ad essere conosciuti ed apprezzati.
Il rientro di Fabio ha anche comportato il parziale ritorno ad alcune soluzioni, a livello di linee melodiche e vocali, che i fan della band avevano conosciuto sull’esordio “Hellgate”. Non si tratta, però, di un passo indietro, la musica dei Bejelit, come vedremo fra poco, si è infatti evoluta in questo periodo, andando a incorporare nuove influenze e presentando nuove idee. Prima è però necessario spendere un paio di parole su come si è articolato lo studio report.
Il gruppo ha deciso di strutturare questi appuntamenti d’ascolto ad invito. Per questo motivo non più di un paio di testate per volta han avuto occasione di sentire in anteprima i brani. Nel caso di TrueMetal.it, il sottoscritto si è trovato in compagnia di Gianluca Moraschi di EntrateParallele. L’atmosfera era tranquilla e rilassata, come un incontro tra vecchi amici, e le battute erano all’ordine del giorno. Questo, però, non ha impedito a noi giornalisti e a loro musicisti di essere professionali sulle cose serie.
Per cominciare qualche informazione sul nuovo disco: il titolo sarà “You Die And I”, gioco di parole che ruota attorno alla parola morire. Proprio la morte sarà un po’ il filo conduttore di tutti i brani del cd. Nessun concept album, ma dieci (questo dovrebbe essere, alla fine, il totale dei titoli in tracklist) canzoni che si rifanno a libri, film, fumetti e ispirazioni personali, tutte legate da storie di morte o diversi modi di vedere il trapasso e l’aldilà. Canzoni che, ci dicono i Bejelit, pur non volendo esprimere un giudizio su fatti, persone o idee che possa essere scambiato con quello della band, osano un po’ di più rispetto al loro passato nel trattare situazioni e personaggi che potremmo definire “scomodi”.
Di queste composizioni, risultato di una selezione e, in parte, rielaborazione, tra oltre 60 brani, il gruppo ha già completato la registrazione e il mixaggio di 4 pezzi che ci ha fatto ascoltare in assoluta anteprima.
Si comincia con “Rostov”, canzone che dovrebbe fungere anche come apripista di “You Die And I”. Una song in pieno stile Bejelit: potente, cattiva. Un vero e proprio pugno in faccia per cominciare bene. Per certi versi è quello che fu “Bloodsign” su “Hellgate”. Le differenze però ci sono e si sentono fin da subito. Tralasciando le migliorie tecniche e di registrazione, inevitabili a distanza di anni, il sound è diventato più oscuro e sporco come precisa scelta della band, anche per rendere meglio le tematiche affrontate nel cd.
Il testo parla, come il titolo lascia presagire, del cosiddetto “mostro di Rostov”, al secolo Andrej Chikatilo uno dei più famosi (o forse sarebbe meglio dire “famigerati”) serial-killer dell’era moderna, accusato di aver ucciso, stuprato e, in alcuni casi, mangiato parti di 53 tra donne e bambini. Il brano inizia con una una ninna nanna che subito viene spezzato da chitarre distorte al limite del thrash e una batteria indiavolata in doppia cassa. Più che una canzone dei Bejelit, in questi primi secondi, sembra di trovarsi di fronte un pezzo black. L’ingresso della voce di Fabio ci fa fare un salto indietro di alcuni anni e ci conduce fino al ritornello dai toni epici che ad alcuni potrebbe ricordare gli Iced Earth, anche se il gruppo americano non è mai stato tra i punti di riferimento della band aronese. Compaiono anche le tastiere, ma l’intermezzo sinfonico in cui sono protagoniste si mantiene pacato, quasi in secondo piano.
La seconda traccia è “Death-Row”, in questo caso ispirata al mondo del cinema e in particolare al film “Sotto Shock”. Nel film, scritto e diretto dal maestro dell’horror Wes Craven, un condannato a morte per sedia elettrica si muove attraverso i cavi dell’alta tensione per entrare nelle case della gente e perpetrare la sua vendetta. Sotto il profilo musicale si tratta, probabilmente, della canzone meno brillante tra quelle ascoltate in queste prelistening. Il sound è, infatti, molto simile ai precedenti album del gruppo, più classicamente power, soprattutto per l’uso delle tastiere, con vari inserti sinfonici e dall’atmosfera meno oscura e cattiva rispetto a “Rostov”. Si respira anche un po’ di Blind Guardian lungo i minuti della sua durata. Questo fa si che il pezzo sia sicuramente orecchiabile e molto melodico, ma, in sostanza, nulla di nuovo rispetto a quanto si è potuto apprezzare dai Bejelit in questi anni
Si slega in parte dal filone della morte nei testi la successiva “Saint from Beyond”. Invece di raccontare una storia, in questo caso le lyrics lasciano spazio a vari pensieri introspettivi e originali che non prendono spunto dalla letteratura, dal cinema o dai fumetti, ma solo dalle esperienze personali dei membri della band. Anche musicalmente la canzone varia ed è forse l’esperimento più particolare e meglio riuscito tra le tracce che saranno presenti sul futuro album. L’apertura è demandata all’elettronica che poi lascia spazio agli strumenti e a un incedere lento, quasi doom, del pezzo e alla voce pulita praticamente recitata. I riferimenti che potrebbero tornare alla luce son alcuni passaggi di certi brani dei Dream Theater per le linee vocali e in generale il prog e l’heavy classico per il suono e i riff delle chitarre. Se con la precedente i Bejelit sembravano non aver voluto osare troppo per affidarsi a soluzioni che conoscevano bene, in questo caso riescono a sorprendere confezionando un brano che potrà anche non piacere a tutti, ma presenta sicuramente una nuova anima, ai più probabilmente inaspettata, di questo gruppo.
Per i fan della prima ora “Shinigami” sarà un pezzo molto gradito. Se la band aveva iniziato ispirandosi principalmente a “Berserk” di Kentaro Miura, non per questo ha mai disdegnato il mondo dei manga in generale. Lasciato momentaneamente da parte Gatsu, i Bejelit rivolgono la loro attenzione a uno degli ultimi titoli di maggior successo dal sol levante, vale a dire “Death Note” di Tsugumi Ohba (storia) e Takeshi Obata (disegni). Cosa succederebbe se un brillante studente entrasse in possesso di un diario su cui basta scrivere il nome di una persona per farla morire? Deciderebbe, forse, di portare giustizia nel mondo un omicidio dopo l’altro? E se si facesse prendere la mano? Domande a cui i Bejelit danno risposta con la loro musica, con un pezzo molto tirato e veloce che sembra non dover rallentare mai. A metà un inserto vocale di Daniele cambia il ritmo della canzone e dà spazio a un passaggio di chitarra acustica per poi tornare sui ritmi dell’inizio. Le tastiere son presenti lungo tutta la durata del pezzo, ma sembrano quasi invisibili in quanto seguono le linee melodiche degli altri strumenti dando profondità al suono, ma senza ritagliarsi uno spazio a se stante.
Finiti i pezzi “ufficiali”, i Bejelit ci hanno deliziato con qualche sample di canzoni ancora in divenire. Nulla di definitivo, nulla su cui si possa fare una vera e propria recensione, ma se i semi daranno i frutti che sembrano promettere, potrebbero essere dei pezzi davvero interessanti.
Dopo questo studio report, non si può che rimanere curiosi nei confronti di come suonerà il disco una volta finito e nella sua interezza. Rimane solo da risolvere il problema del gruppo che è attualmente senza un contratto nonostante due album molto apprezzati da pubblico e critica. Ci auguriamo che presto una label si ricordi di loro e gli offra la possibilità di dare alle stampe il loro nuovo disco e di segnare, definitivamente, il loro ritorno sulle scene.
Report realizzato da:
Alex “Engash-Krul” Calvi