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Enforcer (tutta la band)

Di - 21 Marzo 2013 - 10:30
Enforcer (tutta la band)

Autori di tre album di qualità crescente, gli svedesi Enforcer sono tra le punte di diamante di quel ricco filone che, negli ultimi anni, sta recuperando filologicamente attitudine e suoni dello speed metal ottantiano. Si vedano, ad esempio, band come Cauldron, Steelwing, Alpha Tiger e Striker.

Li abbiamo intervistati per sapere qualcosa di più sulla genesi dell’ultimo “Death by Fire”.

Notevole come, nel corso dell’intervista, ricorra spesso il termine unique per definire il suono e la musica degli Enforcer, a significare come la band non percepisca se stessa come un mero clone dei grandi di trent’anni fa, ma voglia portare linfa nuova nel mondo del metal più tradizionale.

“Death by Fire” è il vostro terzo album. Quali sono le principali differenze rispetto ai precedenti dischi?

La principale differenza rispetto ai precedenti album è che, questa volta, abbiamo prodotto, registrato, mixato e masterizzato il disco da soli. In questo modo, abbiamo potuto tenere sotto controllo ogni dettaglio, dall’idea iniziale fino al prodotto finale. Quindi, quello che sentite è Enforcer all’100% e nient’altro. Ogni singolo aspetto del disco è qualcosa di cui siamo completamente responsabili. Il suono e la produzione è esattamente come noi vorremmo presentare le canzoni e non come dovrebbero suonare secondo il gusto di altri. Invece che editare più take e creare pezzi tecnicamente perfetti, abbiamo portato al limite le nostre abilità strumentali per rendere al meglio l’idea complessiva del sound degli Enforcer. Ad esempio, la batteria è stata registrata quasi del tutto in un solo take, il che rende il suono molto personale.

Inoltre, abbiamo lavorato sull’album come unità complessiva in modo molto più cosciente di prima. Mentre i dischi precedenti includevano canzoni scritte dai singoli membri della band, questo album è davvero il risultato del lavoro di un gruppo, nel senso che vede il totale impegno di ciascuno al prodotto nel suo complesso. Avevamo una visione comune e abbiamo abbozzato l’idea del disco prima della scrittura stessa delle canzoni. Lavorando in questo modo, ci siamo potuti muovere verso un obiettivo comune, così da produrre un disco unico.

I testi e i titoli di “Death By Fire” vanno mano nella mano con il concept musicale del disco: precisare chiaramente l’idea di quello che sono gli Enforcer. Questa volta abbiamo deciso di realizzare un album forse più oscuro e serio che in passato. In vero, questo è sempre stato il nostro approccio musicale e il tipo di testi delle nostre canzoni: lo abbiamo semplicemente raffinato, il che ci ha consentito di mettere in atto un processo più coerente, semplice e diretto. L’obiettivo dei nostri testi è di amplificare le sensazioni che proviamo quando scriviamo e ascoltiamo la musica. L’heavy metal è essenzialmente divertimento e gioco: e questo è il modo in cui anche i testi dovrebbero essere proposti.

Il vostro suono è pesantemente influenzato dallo speed metal degli anni ottanta. Un’altra sostanziale fonte d’ispirazione per voi sembra essere la NWOBHM. È corretto sostenere che questi sono i vostri principali modelli di riferimento?

Credo che, ad oggi, siamo riusciti a sviluppare il nostro stile personale abbastanza bene e stiamo lavorando per non somigliare ad altri artisti, concentrandoci sul realizzare un prodotto unico. Ciò è particolarmente vero per quanto riguarda questo album. Quindi, direi che la nostra massima ispirazione sono gli Enforcer stessi: la ragione di ciò è che sono orgoglioso di quanto abbiamo raggiunto e stiamo facendo qualcosa che, col passare del tempo, diventa sempre più unico.

Resta comunque un fatto che, nel momento in cui creammo il nostro concept di base, fummo ampiamente ispirati sia dallla NWOBHM che dall’heavy metal scandinavo e americano dei primi anni ottanta.

Quando e come avete iniziato ad ascoltare heavy metal?

Ascolto heavy metal da quando, a quattro anni, ebbi una compilation con pezzi del “Black Album” e di “…And Justice for All”. Da allora non ho mai smesso.

La Svezia è una sorta di paradiso terrestre per il metal. Come lo spieghi?

Non saprei. Il metal non è mai morto qui in Svezia. Quando, negli anni novanta, in altre nazioni il metal era finito, noi avevamo grandi band come Dissection e Nifelheim, entrambe estreme ma ben piantate nella tradizione dell’heavy metal. Credo che abbiano ispirato moltissime band della nostra generazione.

Perché avete scelto il titolo “Death by Fire”?

Perché dice molto della nostra musica. È semplice e diretto, come un pugno in faccia.

Cosa mi dite del testo di “Satan”?

Tratta della fine del mondo, la distruzione di tutto ciò che chiamiamo universo, con Satana nel ruolo del distruttore che si oppone al Dio cristiano, inteso come il creatore.

Parlateci del processo di scrittura delle vostre canzoni.

È sempre diverso ed è sempre stato diverso in tutti i nostri album. Solitamente, uno di noi arriva con un’idea per una canzone che, poi, sviluppiamo insieme. Altre volte, qualcuno ha un’idea già definita fin dall’inizio.

Siete appena stati in tour con i Grand Magus e gli Angel Witch. Cosa provate a condividere il medesimo palco con delle vere leggende del metal come questi ultimi?

Il tour è stato splendido e le reazioni del pubblico sono state travolgenti. Il rapporto con le altre band è stato ottimo.

Gli anni ottanta hanno definito gli standard per il suono analogico. Qual è la vostra opinione in merito all’imporsi della tecnologia digitale nel mondo musicale dell’ultimo decennio?

Non cambia niente, a patto che tu sappia come vuoi che sia il tuo sound. Un buon ingegnere dovrebbe essere in grado di lavorare con entrambe le tecnologie. Quello che mi spaventa è l’approccio nei confronti della musica e le mode a livello di produzione. Questo non ha nulla a che fare con il fatto che un prodotto sia analogico, o digitale: questo è solo moda. Quella che noi stravolgiamo quando produciamo il nostro suono.

Intervista a cura di Carlo Passa