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GPS (John Payne)

Di Riccardo Angelini - 17 Ottobre 2006 - 0:04
GPS (John Payne)

Negli ultimi quindici anni, i pilastri degli Asia sono stati senza dubbio Geoff Downes e John Payne. Si può dunque ben immaginare come quest’ultimo abbia potuto reagire alla decisione di Downes di ricostituire la vecchia, storica formazione degli Asia, congedando gli altri membri. Payne compreso. Durante la nostra conversazione, il tono di voce del singer inglese ha tradito una comprensibile amarezza, segno che la ferita non si è ancora rimarginata. Ma John ha voluto parlare anche e soprattutto del futuro, delle sue aspettative per i suoi GPS e, naturalmente, della loro prima creatura, “Window to the Soul”.

Dimmi John, sei soddisfatto dei primi responsi al tuo nuovo album?

Sì, l’album è uscito in Europa verso la fine di agosto, e verso la fine di settembre uscirà anche in America (l’intervista si è tenuta nella seconda settimana di settembre, ndr), e devo dire che finora ho riscontrato molto più interesse e più recensioni di quello che vedevo quando ero negli Asia. Mi pare di attirare più attenzione adesso che sono nei GPS rispetto a prima.

Che cosa mi puoi dire del monicker “GPS”. Che cosa vi ha spinto a optare per questo nome?

All’inizio pensavamo di farci chiamare “One”, ma abbiamo scoperto che un’altra band ci aveva anticipati. Allora abbiamo iniziato a cercare alternative: dopo due settimane avevamo una lista di circa cinquanta nomi, e ogni singolo nome era già stato scelto da qualcun altro. Allora il nostro manager ci ha suggerito il monicker “GPS”, dalle nostre iniziali (Govan, Payne, Schellen, ndr). Non è che vogliamo caricarlo di chissà quale significato, ma ci è sembrato adatto, anche perché ci tenevamo ad avere un nome corto e immediato.

Parlando della musica, una delle prime cose che ho pensato quando ho sentito l’album è che si distacca in modo piuttosto significativo dalle tue ultime produzioni con gli Asia. Quindi vorrei sapere: le idee che hai usato in quest’album sono idee a cui avevi già pensato quando eri negli Asia ma che avevi dovuto accantonare perché non adatte a quello stile, oppure le hai elaborate in seguito allo split?

Alcuni titoli dovevano essere usati per il nuovo disco degli Asia, ma la maggior parte del lavoro è stata fatta dopo lo split. Poi inevitabilmente è presente una certa influenza di quel periodo, ma è anche vero che il sound dei GPS se ne distacca per molti versi. Per esempio Guthrie (Govan, ndr) ha maggiore libertà negli assoli, e le tastiere giocano un ruolo completamente diverso. A me piace il progressive e il pomp rock, così mi sono ispirato anche a quel tipo di feeling. È un album del tutto differente da quelli che ho fatto con gli Asia.

Ma a tuo parere in che misura la tua lunga esperienza negli Asia ha influenzato il tuo modo di comporre?

Per forza di cose ci sono dei punti di contatto: ho cantanto negli Asia per quindici anni. Ma penso di poter dire che se gli Asia mi hanno dato tanto, anche io ho dato qualcosa agli Asia. E questo è quello che è rimasto nei GPS.

Passiamo alle canzoni: sono tutte uscite dalla tua penna o hanno contribuito al songwriting anche gli altri membri?

Beh, io le ho scritte in buona parte. Ho scritto circa 15-17 canzoni, poi ci ho lavorato insieme agli altri ragazzi: abbiamo lavorato sulle chitarre, su alcuni testi, sugli arrangiamenti. Ecco, il loro contributo è stato relativo soprattutto a questa fase, in genere le strutture di base delle canzoni le preparavo io.

Quanto è durata complessivamente la lavorazione?

In totale il processo di creazione dell’album è durato circa sei mesi, ma la maggior parte del tempo è stato occupato dalla produzione dell’album, non dal songwriting.

Mi pare che le tastiere svolgano su Window to the Soul un ruolo fondamentale. Come sei entrato in contatto con Ryo Okumoto, e come valuti la vostra collaborazione?

Ryo è molto importante per il sound dei GPS, sa fare delle cose magnifiche col mellotron e con l’hammond, inoltre ha un tocco molto caldo, comunicativo. Lui era sotto contratto con la nostra stessa label, negli Spock’s Beard, e il suo nome ci è stato suggerito dal nostro manager. “Questo tipo è incredibile” ci ha detto “provate ad ascoltare”. Così abbiamo fatto e subito ci siamo convinti che era lui l’uomo che stavamo cercando. Ryo ha accettato di suonare con i GPS, ma resta anche un membro degli Spock’s Beard, quindi si dividerà tra le due band.

Ora diamo uno sguardo al passato. Quali sono state le maggiori difficoltà che hai incontrato quando sei entrato nel mondo della musica?
 
All’inizio è difficile trovare qualcuno che creda in te. Agli inizi della mia carriera la radio si stava concentrando sempre più sulla musica pop, e non era facile trovare delle stazioni disposte a trasmettere musica diversa. Ma la difficoltà più grande era trovare delle persone con cui impegnarsi seriamente per fare una band. Sono in molti ad essere attirati dall’idea di mettere insieme un gruppo musicale, ma per riuscirci è necessario del duro lavoro e un sacrificio costante.

E secondo te come è cambiato il music business da allora a oggi?

In passato c’erano molte piccole label indipendenti che avevano dei gruppi anche importanti, e queste erano spesso persone che vivevano nel mondo della musica perché la amavano, non per fare soldi. Adesso invece l’industria della musica è nelle mani delle grandi etichette, le piccole label sono una minoranza. La Inside Out  è una di queste, e mi sono trovato molto bene a lavorare con loro: sono persone entusiaste di quello che fanno.

Parlando d’altro, quali sono stati i musicisti che hanno ispirato il tuo stile?

Ce ne sono molti. All’inizio per esempio ero ispirato da persone come Marvin Gave e Otis Redding, poi mi sono dedicato al rock e lì ho sempre apprezzato Ronnie James Dio, Steve Perry, Gleen Hughes: tutti grandissimi cantanti. Come chitarrista invece, prima di diventare anche cantante, ho avuto come punti di riferimento musicisti come Ritchie Blackmore, Jimi Hendrix, Santana: loro erano decisamente i miei preferiti.

Se per te va bene, vorrei farti un paio di domande in merito ai tuoi ultimi giorni con gli Asia.

Certo, nessun problema.

Come sei venuto a conoscenza della decisione di Geoff (Downes) di riunire la vecchia line-up, e come hai reagito alla sua decisione?

È stato uno grosso shock per me, perché eravamo negli studio a lavorare sul nostro prossimo album, e un giorno viene fuori questa voce, il giorno dopo viene confermata e quello dopo ancora mi sono trovato fuori dalla band. Insieme a Jay e Guthrie. Col fatto che eravamo nel bel mezzo delle preparazioni disco è stata una cosa che proprio non ci saremmo mai aspettati, siamo rimasti tutti e tre profondamente shockati. Una volta rimasto senza band, mi sono trovato sommerso da problemi enormi, sia a livello personale sia a livello finanziario. Abbiamo provato a chiedere di discuterne, ma non abbiamo ricevuto risposta, né per mail né per telefono. Ho solo potuto osservare che in un paio di giorni hanno cancellato quindici anni di carriera con la band. E quella era la fine. Quindi puoi capire che è stata una situazione veramente orribile.

Hai ancora contatti con Geoff?

No.

Passando a note più liete, sarà possibile vederti in tour in Italia (magari con gli Spock’s Beard di Ryo)?

Sì, abbiamo in programma un tour in Europa tra la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo, ma non credo che andremo con un’altra band.

Ok John, ti ringrazio, lascio l’ultima battuta a te, nel caso tu voglia dire qualcosa ai tuoi fan.
 
Bhe, spero che tutti abbiano voglia di dare una chance al nostro lavoro, perché scopriranno che quello dei GPS è un album fatto con grande passione, e rappresenta veramente quel genere di musica in cui crediamo e che amiamo.