Hard Rock

Intervista Axton (Ed D’Amico)

Di Stefano Ricetti - 12 Febbraio 2009 - 14:54
Intervista Axton (Ed D’Amico)

Intervista infinita con Ed D’Amico, storica ascia dei coloratissimi Axton, gruppo che a proprio modo animò le cronache della NWOIHM, non solo dal punto di vista prettamente musicale.

Buona lettura.

Stefano “Steven Rich” Ricetti  

Nella foto: Ed D’Amico

Da dove deriva il nome Axton e chi l’ha scelto.

L’incarnazione precedente della band, parlo della prima metà degli anni ’80, si chiamava Axton System United. Dei successivi Axton c’era solo Marino Gianoli, che però allora suonava la chitarra. Si trattava sostanzialmente di una cover band dei Judas Priest (e da qui si spiegano molte cose nel nostro sound). Quando questo ensemble si sciolse, Marino passò alla voce e formò un nuovo gruppo, che venne denominato semplicemente Axton. Non chiedermi cosa vuol dire, perché credo sia un nome di pura fantasia, io poi allora non c’ero ancora…

All’inizio proponevate un genere di HM molto British, accostabile alle band cardine di quel movimento. Dammi un tuo parere/ricordo per le seguenti:

DEF LEPPARD – In quegli anni iniziali, non erano per noi una fonte di ispirazione principale, noi eravamo un po’ più heavy, però ad es. avevamo in scaletta “Lady Strange” (da “High’n’Dry”).

JUDAS PRIEST – Direi la principale fonte di ispirazione degli Axton nei primi periodi, quando non avevamo pezzi nostri, e poi ancora per molti anni per rimpinguare la scaletta facevamo vari loro pezzi. Il look iniziale di Marino deve molto a Rob Halford. Ancora oggi abbiamo in scaletta “You’ve Got Another Thing Coming”.

SAXON – Altro gruppo che ci ha ispirato parecchio, all’epoca facevamo “Crusader” dal vivo.

IRON MAIDEN – Ovviamente erano l’altra nostra principale fonte di ispirazione, come tutti i metalhead dell’epoca divoravamo i loro dischi, andavamo ai loro concerti, e avevamo in scaletta vari loro brani. Ancora adesso, come bis, quando c’è da aggiungere qualche pezzo, facciamo “Iron Maiden”.

In generale, all’inizio la band faceva numerose cover di Judas Priest, Iron Maiden (come la maggior parte delle metal band dell’epoca), poi però a noi piacevano molto gli Accept, che è una band a volte sottovalutata ma secondo me fondamentale nel metal classico. Con i tedeschi ci ritrovavamo per l’attacco di doppia chitarra e per le ritmiche semplici ma granitiche. Poi i Riot, dei quali eseguivamo “Swords & Tequila” e i Motley Crue. Anche loro ci hanno impressionato non poco, avevamo anche qualche loro pezzo nella nostra live-set. Ma l’elenco sarebbe lungo…

Come è maturata l’idea della sterzata musicale e del cambio di look?

Mah, vivendo appieno “quegli” anni (seconda metà degli Eighties), anche noi siamo stati sicuramente influenzati dal filone un po’ più melodic-oriented. Ricordo che restammo quasi folgorati dalle esibizioni live di gente come Dokken e TNT, entrambi visti a Milano. Poi all’epoca ci fu l’invasione di band americane del cosiddetto filone Hair Metal (Ratt, Keel, ecc.) oltre ai danesi Pretty Maids. D’altra parte, va ricordato che anche molti mostri sacri del metal subirono l’influsso “americano”, potrei citare i Saxon di “Rock The Nations”, i Raven, gli stessi Maiden di “Somewhere In Time”, i Judas Priest di “Turbo” e di “Ram It Down”, Whitesnake, e così via. Così, anche noi, in modo del tutto naturale, pian piano musicalmente ci siamo spostati dall’heavy NWOBHM-style del demo “Time To Kill” (che comunque aveva già notevoli scorci melodici) a composizioni più ariose, fermo restando quella che è sempre stata la nostra caratteristica, cioè una robusta ossatura a base di due chitarre, che spesso fanno una parte ritmica pressoché identica.

Ciò a differenza della maggior parte delle band di Hair o Class Metal, che avevano una sola chitarra (Dokken) o una chitarra e una tastiera. Noi, per dire, la tastiera non l’abbiamo mai avuta, solo in studio e neanche su tutti i pezzi. A cavallo fra il 1986 e il 1987, dopo aver suonato alla H.M. Night di Sorisole (BG) con Sabotage e Steel Crown, abbiamo avuto una piccola svolta, con cambio di line-up. C’era l’esigenza di essere meno “truci” e di ricercare maggiore elaborazione in fase compositiva. Ecco che pian piano si giunge al genere dei pezzi che poi hanno formato l’Lp “Bad Desire”: un Class Metal con robusta base di chitarre, batteria quadrata e potente, aperture melodiche/armoniche e cori a tre voci. C’erano comunque sempre episodi più Speed e perfino con doppia cassa a manetta. Riguardo il “look”, semplicemente, a un certo punto, quando dovevamo pubblicare l’Lp, ci è venuta questa malsana idea di abiti più appariscenti e “make-up”.

Nella foto: Axton versione 1990

La cosa è durata lo spazio di neanche un anno, però è stata immortalata nella cover di “Bad Desire” e negli show di quel periodo. Noi allora l’abbiamo vissuto un po’ come cosa goliardica e di strafottenza rispetto ad una scena comunque non recettiva, e un po’ come ulteriore tentativo di adeguarci a certi standard delle produzioni estere, in particolare americane. Ovviamente, vista la limitatezza della scena hard’n’heavy italiana, non ci fu nessun discorso di natura “commerciale”, tanto di sola musica allora non campava nessuno (come anche adesso). Ti dirò che a vedere oggi le foto dell’epoca siamo noi i primi a riderci su… Però allora c’era anche chi non aveva alcun senso dell’umorismo, era il periodo in cui iniziavano a esserci all’interno della scena metal delle fazioni ben definite e quasi incompatibili tra loro (Thrashers/Glamsters, ecc.), quindi c’era anche chi ci guardava con aria da “traditori” o da “rinnegati”. In realtà poi era un’impressione sbagliata, perché noi la passione ce l’avevamo, e l’abbiamo dimostrato negli anni. Poi, eliminato il “look”, grazie anche all’ondata Grunge (unico lato positivo di quel movimento e di quell’epoca funesta…), siamo ritornati ad essere una no-look band, come eravamo sempre stati prima (salvo un bel po’ di borchie, eh,eh…) e come siamo anche adesso in fase di reunion, a maggior ragione, vista l’età!

Lecco è balzata alle cronache musicali per aver dato i Natali ai progressive hero Biglietto Per L’Inferno. Hai avuto modo di conoscerli di persona o comunque che ricordo hai di loro?

Noi nelle nostre bio ricordiamo sempre i nostri illustri predecessori e concittadini, anche se in realtà le coordinate musical/culturali in cui ci muovevamo erano distanti anni luce ed a ben vedere le due band non hanno niente in comune, se non la città ed il fatto di suonare hard rock in senso lato. Il “Biglietto” si inseriva nel filone dell’Italian Prog della prima metà degli anni ’70, un movimento che ha dato dei veri capolavori, come appunto il primo loro disco (e unico ufficiale), mentre noi eravamo in piena epoca di edonismo reaganiano (miii, quanto tempo è passato, sembra che parliamo dei faraoni egizi…). Loro sono venuti su con Deep Purple, Uriah Heep, Genesis, Yes e compagnia bella, noi siamo figli di Maiden, Judas, ecc. Anche se, naturalmente, anche noi abbiamo ascoltato a lungo i classici del decennio precedente, figurati che io sono sempre stato un fan dei Beatles e di John Lennon solista. Del Biglietto io conosco personalmente fausto Branchini (bs.) e poi ho intervistato Mauro Gnecchi (bat). Non li abbiamo conosciuti “in attività” perché allora eravamo dei bambini.

Un tuo ricordo della giornata passata a Sorisole in occasione del Festival Heavy Metal Night, insieme con Havoc, Sabotage e Steel Crown.

E’ stata una giornata memorabile, io ero andato già gli anni prima a vedere le precedenti edizioni. Ci siamo divertiti un mondo nel pomeriggio con quei mattacchioni degli Havoc. Danny e Marino si scambiavano i giornaletti porno… Avevamo portato un nostro piccolo seguito, e abbiamo suonato al 110% facendo uno show perfetto, per i nostri livelli. Quando siamo scesi dal palco, c’era Morby dei Sabotage che mi ha detto: “Non immaginavo che foste così bravi…”. Stavo per svenire! Poi ti dirò che quando abbiamo visto suonare loro, i Sabotage, e poi anche gli Steel Crown, abbiamo veramente capito cosa voleva dire calcare il palco in modo professionale, ed è stato lì che abbiamo realizzato che avremmo dovuto cambiare qualcosa e alzare un po’ il livello della band, musicalmente parlando. I toscani erano simpaticissimi e ci siamo pisciati sotto durante i sound check e la cena, mentre gli Steel Crown stavano un po’ sulle loro, d’altra parte che Yako De Bonis fosse un tipo un po’ particolare e anche introverso non è certo una novità, per chi ha seguito la scena italiana di quegli anni. Però che concerto, sia i “Sabs” che gli Steel Crown! Anche se alla fine noi stilisticamente ci sentivamo più vicini agli Havoc….

Stessa domanda per il concerto di Cilavegna (Pv), con Morgana, Moon Of Steel e R.A.F.

Lì eravamo circa tre anni dopo, stavamo per pubblicare il disco. John e Peter, gli organizzatori di Radio Studio Music, erano dei veri fan, tant’è che “Bad Desire” stazionò per molto tempo nella loro classifica e nella rotation della loro trasmissione. Morgana e anche i Moon Of Steel, seppur bravi, ci lasciavano abbastanza indifferenti come genere, mentre i R.A.F. erano stilisticamente molto simili a noi, io poi li conoscevo personalmente, specie Mario Riso, per via della mia fanzine. In un certo senso siamo anche stati influenzati da loro, il loro Lp “Fasten Your Seat Belts” è del 1988 e in effetti certi refrain e botta-e-risposta tra voce solista e cori li abbiamo poi usati anche noi su “Bad Desire”. Il nostro drummer Ciano, anche se vedeva in Tommy Lee una specie di idolo, stava sempre a sentire molto attentamente il SuperMario Riso sia su disco che dal vivo. Era una splendida serata d’estate, il parco era pieno, avevo portato la ragazza da cui ero “preso” in quel periodo, e abbiamo suonato bene, cosa chiedere di più? Avevamo un furgone scassatissimo con dentro pigiati noi, strumenti e masserizie varie (c’erano anche dei materassi, ma non per l’uso che potresti immaginare…), con il quale, sulla strada del ritorno, ci siamo persi nella campagna pavese.

La Vostra città non si è mai distinta più di tanto per essere una Rock City, immagino che per voi Axton non fosse proprio agevole muovervi senza destare sorpresa in un ambiente provinciale… come gestivate la cosa?   

Beh, Lecco è sempre stata un po’ provinciale da questo punto di vista, però calcola che in un’ora sei a Milano, e lì invece c’era il “movimento”. In città non siamo stati i primi in ambito hard/heavy, però sicuramente siamo stati quelli che sono durati più a lungo, e che hanno fatto più “casino”, anche dal punto di vista del passa-parola e dei commenti, spesso anche non positivi nella gente “normale”. Ma per noi giovincelli sfrontati allora valeva il motto “non importa come, basta che se ne parli”. Poi ti dirò che ho sentito, anche anni dopo, diverse band locali dire che si erano formate o avevano preso il coraggio di suonare di fronte ad un pubblico dopo avere visto i nostri concerti. E’ pur sempre una piccola soddisfazione.

Tamarr-Rock: cosa ti sovviene? Vai Ed e dai il meglio… 

Non c’entra tanto con la musica, quanto con una filosofia di vita, alla quale gli Axton si sono sempre rifatti. Siamo sempre stati mooolto tamarri, in primo luogo in quanto provinciali, rispetto per es. ai metallari milanesi, molto più “sgamati” di noi, poi per certe scelte, come appunto l’abbigliamento variopinto e il “look”, e poi perché facevamo delle tamarrate pazzesche. In effetti non è facile rendere il concetto di “tamarro” nel senso che gli attribuiamo noi. Sicuramente è qualcosa di grezzo e grossolano, di pacchiano, però c’è anche una connotazione positiva in questa definizione, di simpatia. Per darti un’idea, noi non facevamo una cosa in modo “normale”, ma a modo nostro, sempre ridendoci su in modo dissacratorio. Dovevamo registrare in studio? Marino arrivava con una valigia di riviste con le donnine e si perdevano due ore a commentare, coinvolgendo anche il tecnico del suono. Avevamo un furgone per gli strumenti e l’impianto esterno di amplificazione? Bene, una volta lo usava Marino per depositarci dentro i mobili che gli avanzavano da un trasloco, la volta dopo lo prendeva Ciano che ci andava a donne, e poi trovavamo qualche traccia dentro.

Nella foto: Marino Gianoli

Come niente indossavamo nei concerti qualche capo di abbigliamento di dubbia provenienza, tipo la calzamaglia luccicante della nostra ragazza o il cantante con gli stivali da vigile urbano motociclista di suo padre. Marino voleva avere una piantana per il microfono un po’ fuori dal normale? Bene, detto-fatto, ha preso un volante di auto tipo Momo, ci ha piazzato su un tubo di alluminio, ed ecco la piantana. Io con il naso da porcello posticcio sul pezzo finale “Redlight Boys”, sempre Marino con gli occhiali da saldatore, o con la sua mitica valigia da concerto, di alluminio e con dentro di tutto. Per non parlare delle carte false che facevamo con i vari negozi di strumenti, anche in giro per la Lombardia, per farci dare quelli nuovi ritirando i nostri usati, un “giro” da paura. Nella sala prove, per insonorizzare, avevamo rivestito le pareti con dei drappi di velluto recuperati da me in un cinema a luci rosse di Milano che stavano demolendo. Marino e Ciano che quando avevano bisogno di soldi svendevano di tutto per due lire (compresi demo-tape e Lp!) Potrei raccontare per ore, d’altra parte, la stessa copertina di Bad Desire è un po’ sopra le righe… Tutte queste cose nefande, goliardiche e comiche possono riassumersi con il termine di “tamarrate”, e quindi chi le faceva veniva identificato con il termine di “tamarro”.

Forniscimi un tuo pensiero sulle seguenti band della NWOIHM (una per una):

GOW – Mai conosciuti direttamente, avevo un disco, se non ricordo male erano quasi Glam.

SPA – Anche questi torinesi, mai avuto a che fare, peraltro non mi piaceva un granché il loro Hard Rock registrato con una chitarra troppo pulita (spero di non confondermi).

X-HERO – All’epoca non li conoscevo, anche se ricordo di averli sentiti nominare spesso, adesso sono nostri compagni di etichetta. Per molti versi trovo similitudini con noi, soprattutto nel tentativo di proporsi in una veste “professionale” e “americana”.

R.A.F. – Li conoscevamo direttamente, anche perché loro erano sotto management Barley Arts, e io avevo a che fare con tale agenzia per i concerti, in veste di redattore della fanza “Metal Invader”. Abbiamo suonato un paio di volte insieme, e poi li ho visti tante altre volte dal vivo. Secondo me non hanno raccolto quanto meritavano, purtroppo sono presto caduti in disgrazia nella scena Metal per via della collaborazione con Jovanotti. A me piacciono tutti i loro dischi, a cominciare dall’EP dell’85, ricordiamoci che allora l’heavy italiano in pratica non esisteva, e meritano rispetto già solo per questo.

DANGER ZONE – Le cose più recenti erano ai livelli dei gruppi americani: molto bravi e vicini al nostro modo di interpretare l’hard rock melodico.

HALLOWEEN – Mai avuto rapporti, ricordo un loro mini-LP, e poi che erano sempre citati nei saluti sugli LP degli Helloween tedeschi.

SHABBY TRICK – Mi pare gravitassero nell’area di influenza Klaus Byron-Musical Box Promotions, almeno all’inizio. Devo avere un loro Cd da qualche parte. Erano Sleazy-Street-Glam, o no?

SHARKS – Grandi! A mio parere sono stati tra i pochissimi esponenti italiani di un certo melodic hard rock o A.O.R. che dir si voglia, con Drama, Elektradrive e pochi altri; poi avevano un potenziale in più perché cantavano in italiano. Infatti il disco è uscito su CGD, all’epoca una major. Poi però si sono “persi” anche loro.

HAVOC – Avevo dei loro demo, erano molto divertenti e simili a Motley Crue, Faster Pussycat e compagnia variopinta. Anche loro si prendevano poco sul serio, ma non erano male, negli States gruppi come loro hanno inciso 4/5 dischi come niente…

Mai avuto scazzi con altre band?

Non è che avessimo molte occasioni…in realtà i rapporti diretti con altre italian band erano rari. Un po’ di attrito lo avemmo con i Moon Of Steel proprio al Festival di Cilavegna. Loro pretendevano di essere più in alto nel “bill” dello show sostenendo che erano più famosi di noi, noi dicevamo invece che, a parte i R.A.F. che avevano fatto da spalla anche a band internazionali, gli altri gruppi della giornata erano tutti famosi allo stesso modo, quindi dovevamo metterci d’accordo o tirare a sorte. Poi quella stessa sera Marino ha fatto una delle sue solite “tamarrate”, mettendosi sotto il palco mentre suonava Morgana, che era di forme prosperose, e gridandole “bella tettona!!!”: per tutta risposta si è preso un “parere” in diretta mondovisione! Non fu uno screzio, però, più che altro l’ennesima tamarrata!

Più o meno nello stesso periodo di Bad Desire è uscito anche Seventheaven dei Vanadium, per quel che mi riguarda il capolavoro della loro discografia. Ho trovato parecchie similitudini, a livello generale, fra i due album. Conosci Seventheaven? Concordi sul fatto che vi siano analogie fra i due?

Conosco molto bene i Vanadium, anche personalmente, li vedevo a tutti i concerti che passavano da Milano, li avevo intervistati varie volte per la fanza, li avevamo invitati a Lecco come ospiti d’onore nella prima edizione del mitico “Heavy Halloween Party”, poi nel ’95 gli abbiamo fatto da spalla al Palasport di Bellagio. Se posso dare un parere da appassionato di heavy italiano (ho tutti i loro dischi), “SeventhHeaven” pur essendo bellissimo e tutto sommato più vicino alle nostre sonorità, era anche un prodotto atipico nella discografia dei Vanadium (c’erano perfino coriste donne). Però ti assicuro che noi non fummo per niente ispirati da tale Lp, a quell’epoca ascoltavamo Dokken, White Lion, Bonfire, ecc. e, in Italia eravamo più vicini a gente come R.A.F., Revenge, Elektradrive, ecc. I Vanadium restano però per me i padri dell’heavy italiano (ma non dimentichiamo che hanno radici profonde nell’hard anni ’70), e restano gli unici ad avere inciso stabilmente per una major, ad avere video trasmessi in RAI, ecc. insomma ad avere fatto una vita (quasi) da musicisti professionisti.

Per scrivere un pezzo come One Last Time – da Bad Desire – bisogna essere in possesso di una classe di livello superiore. Spiegami come è nato, come si è sviluppato e soprattutto da dove è fuoriuscito il testo di un brano immortale come quello. 

Ti ringrazio anzitutto per gli apprezzamenti. Il pezzo è nato quasi per caso, un po’ come molti altri. C’era Renzo, l’altro chitarrista, che aveva questo arpeggio discendente, ci abbiamo lavorato su mettendogli il refrain e il bridge, io l’assolo, e poi la coda finale di tastiere ce l’ha aggiunta a sorpresa il mitico “Batman”, fonico proprietario dello studio dove stavamo registrando il disco. Ti dirò che negli anni a seguire abbiamo provato ad attaccargli un finale con la band al completo per poterlo fare dal vivo, un po’ come i White Lion con “When The Children Cry” elettrificata (e in effetti ci vedo delle similitudini, tra i due pezzi), ma non veniva bene e non se n’è fatto mai niente. Il testo, partendo dall’atmosfera un po’ malinconica della musica, tratta della tristezza, del senso di freddo e di abbandono che si provano quando ti lascia qualcuno cui tenevi molto. Può parlare della morte di una persona cara, ma anche essere riferito più in generale al distacco in amore, in famiglia, ecc. Per questo lo abbiamo dedicato ai padri prematuramente scomparsi di Marino e Ciano.

Nella foto: Ed D’Amico in versione black&white

Condividi la sensazione, scritta all’interno della recensione, che il riff portante di Symbol Of My Sex sia vicinissimo a quello degli Heavy Load in Heavy Metal Angels (In Metal And Leather)? 

Ti giuro che non mi ricordavo neppure come suonasse la canzone che citi, l’ho risentita adesso, appositamente per questa intervista e mi è tornata in mente. Sicuramente gli altri della band non l’hanno mai ascoltata. Però non è l’intero riff, sono proprio solo le tre note discendenti iniziali ad assomigliarsi, poi lo sviluppo è diverso, la loro è anche un po’ sincopata come ritmo. Visto che praticamente nessuno di noi conosceva il pezzo, non si tratta neppure di plagio involontario, cosa piuttosto frequente in ambito musicale. Sai, quando ti resta in mente un pezzo di altri e tu lo rifai più o meno uguale pensando che sia nuovo… A noi è capitato di fare un brano come “Can’t Get Away” sul demo, poi sono usciti i grandi Malice, metto sul piatto “License To Kill”, e sento un riff quasi uguale. Di sicuro non abbiamo plagiato i Malice, siamo usciti prima noi, e di sicuro i Malice non hanno plagiato noi. Son cose che capitano, un musicista nostro concittadino ed amico dice che le note sono solo sette, prima o poi le devi combinare in modo simile a qualcun altro!

Spiegami i presupposti di un brano atipico come Blond Woman (La Dona Biunda), per di più inserito in un disco tutto d’un pezzo e ben identificato come Bad Desire. A mio avviso siete stai dei precursori, operando una scelta molto coraggiosa. I vari Longobardeath, Atroci e Prophilax erano ancora di lì da venire… Vai Ed… 

Beh, questo è un altro esempio di “tamarrata”! Eravamo in un pub con le chitarre acustiche ed abbiamo improvvisato quella canzone tradizionale milanese, io ne ricordo una versione di Nanni Svampa. Ci siamo divertiti un mondo, il tema è quello portante più o meno di tutta la nostra carriera (la patatina…), quindi abbiamo ricreato in studio l’ambiente del pub, con un po’ di amici, le bottiglie di birra che si sentono tintinnare e le acustiche, e il gioco era fatto! Lo abbiamo talmente voluto inserire, che è stato registrato quando già tutto il resto del disco era pronto, poi abbiamo inserito il pezzo di nastro nella bobina con il lato 2 del disco, allora si giuntava con dello scotch, adesso coi computer è un altro pianeta. Dal vivo veniva allungata con altre strofe, ed era divertente.

Bad Desire è uscito nel 2008 in versione remaster insieme con il Vostro demo Time To Kill per la Heart Of Steel Records di Primo Bonali e Mirko Galliazzo. Oltre al valore musicale intrinseco del Cd, il booklet è molto curato, tanto da risultare imperdibile per tutti i nostalgici della New Wave Of Italian Heavy Metal.

Ancora una volta, ti ringrazio per l’apprezzamento, vale doppio, provenendo da un esperto di metal italiano come te. La H.O.S. Records ci aveva affiliato sulla nostra pagina di MySpace, io gli ho risposto che forse, visto la “roba” che trattavano, potevano essere interessati a noi, poi io ho avuto un po’ di vicissitudini e casini miei per cui non li ho più richiamati per mesi, infine ci siamo risentiti e abbiamo progettato insieme l’uscita. A noi interessava pubblicare finalmente su cd “Bad Desire”, che all’epoca era uscito solo su vinile. Lo abbiamo rimasterizzato, poi abbiamo curato la parte grafica, che come al solito per H.O.S. è molto ricca, in parte tenendo quella originale, in parte aggiungendo nuove foto e curiosità. Infine, Primo ha pensato giusto aggiungere tutto il demo “Time To Kill”. Noi da principio eravamo un po’ scettici, perché stilisticamente tra i due lavori c’è una certa disomogeneità, però poi, sentitolo rimasterizzato, mi pare sia stato fatto un gran bel lavoro, e mi sono stupito proprio per la resa del demo (l’Lp non era già male di base). Per noi entrambi i lavori hanno una grossa importanza, pensa che “Time To Kill” è anch’esso una piccola rarità, ne vendemmo oltre 800 copie, un colpaccio per quell’epoca, essendo noi praticamente sconosciuti, e ci procurò recensioni in varie riviste e fanzine sia italiane che estere. “Bad Destre”, beh, lì c’è forse il meglio degli Axton, e a risentirlo oggi a quasi vent’anni di distanza direi che dà ancora i suoi punti. Suona tutt’oggi attuale, specie in questi tempi di riscoperta di certe sonorità e di reunion di moltissime band di quel periodo.

Trovo che in LIKE A THUNDER la Vostra proposta musicale si sia fatta più ragionata, perdendo quel quid di pazza follia colorata che vi contraddistingueva. Sei d’accordo?   

In un certo senso sì, ma non fu ragionato a tavolino. E’ un lavoro che viene dopo quel popò di rivoluzione che è stata l’era Grunge. La scena Hard-Class-Melodic non esisteva praticamente più, quella italiana non era mai neppure decollata davvero; inoltre, anche per noi si era chiusa un’epoca, forse più spensierata e caciarona. Eravamo cresciuti, chi aveva iniziato a lavorare, chi si era sposato, insomma, erano cambiate tante cose. Poi, c’era anche una certa disillusione per aver fatto tanti sforzi e aver avuto riconoscimenti non commisurati. Dal punto di vista compositivo è più frutto dell’apporto di tutti i membri, ed è quindi anche più vario, addirittura sperimentale in alcuni punti (vedi la conclusiva “Another World”, ma anche la strofa funkeggiante di “Lay Down”). Ci si trovano pezzi assai melodici, ma anche “pestoni” come la title-track. Da non trascurare che durante le lavorazioni di questo Cd abbiamo perso per strada il batterista Ciano e il chitarrista Renzo… Quindi, è inevitabile che tutto ciò si sia riflesso nella musica.

Un tua definizione stringata sui Vostri lavori:

Stringata? Proviamo…

TIME TO KILL – NWOBHM-oriented, contiene i primi pezzi composti da noi in assoluto, è il lavoro che ci ha fatto conoscere. Se solo lo avessimo potuto registrare un po’ meglio (vedi batteria), ma d’altra parte è pur sempre un demo. Contenendo al proprio interno ben sette pezzi, è come se fosse il nostro primo Lp.

BAD DESIRE – Classic/Class Metal, forse l’apice della band, frutto di tanta esperienza acquisita suonando ovunque. A mio avviso coniuga bene melodia e potenza, è un lavoro che riascoltato oggi non ha perso nulla, anzi è da rivalutare e riassaporare. Da non trascurare che rimasterizzazione gli ha dato nuova vita!

LIKE A THUNDER – L’epoca della disillusione su tante aspettative, non a caso lo abbiamo pubblicato su una nostra etichetta personale. C’è dentro tanta rabbia, ma anche la determinazione di fare finalmente i brani che ci piacevano in quel momento, indipendentemente dal fatto che suonassero più “Metal” o più “Class”, o anche semplicemente “Rock”. Di lì a un anno/un anno e mezzo, ci siamo sciolti.

 

AXTON BAD DESIRE

 

 

Negli anni Ottanta curavi una mini-zine. Puoi parlarne diffusamente?

Si chiamava “Metal Invader” (dal brano degli Helloween) e dietro ci stava un’idea innovativa per i tempi: io la definivo “mini-zine”, perché in pratica era un foglio formato A3 ripiegato, che formava quattro facciate scritte fitte fitte (avessi avuto allora i computer di oggi!). Era distribuita nell’area lecchese, nei pub, negozi di dischi e di strumenti, e a Milano solo da Mariposa e da Mayland Elektronics. La cosa innovativa era che era gratis, cioè c’erano 2/3 sponsor che ci avevano su una piccola pubblicità, e con quella pagavo le spese. La stampa “free”, che si trova oggi un po’ dappertutto, era ancora ben di là da venire. Quindi i kid passavano, la vedevano e la prendevano, era il massimo della diffusione. L’ho iniziata nel 1985, l’anno dopo sarebbe nata l’unica rivista interamente heavy metal in Italia: “H/M”. Non c’era neppure “Metal Shock”, quindi lo scopo era principalmente di diffondere la “fede” in queste lande provinciali ancora vergini. C’erano interviste a band locali e nazionali, recensioni di concerti su Milano e di dischi, poi c’era una sezione con le date live che passavano in zona e a Milano. Una volta mi ricordo che avevo pubblicato una recensione un po’ severa di “Somewhere in Time” degli Iron, e il mio batterista mi ha detto: ma chi ti credi di essere per stroncare gli Iron? Invece avevo ragione, e anche se poi ho rivalutato quel disco, era comunque la cosa peggiore che avessero fatto i Maiden fino a quel momento. Ho poi chiuso nel 1994, quando ormai non aveva più senso perché c’era piena l’aria di riviste. Inoltre non avevo più tempo per farla…

Nella foto: un numero di METAL INVADER, direttamente dalla collezione di Steven Rich.

Cosa pensi della situazione editoriale HM italiana? (riviste, webzine etc etc) ?

Ti dirò che non riesco più a seguire costantemente la stampa specializzata, adesso leggo solo “Rock Hard” e “Metal Maniac”. Poi c’è l’interessantissimo progetto di “Classix Metal”, di cui dovresti sapere qualcosa… Ormai però la carta stampata ha un po’ fatto il suo tempo. Quanto alle webzine, sicuramente sono più al passo coi tempi, io però leggiucchio qualcosa ma non riesco a farlo con continuità, sempre comunque in ambito Hard/Heavy, con un occhio di riguardo alla melodia.

Esiste un video ufficiale di voi Axton? Se si, avete intenzione di farlo uscire in futuro?

No, niente di serio se non delle vecchie Vhs ora riversate su Dvd, risalgono al periodo 88/89 e la qualità video non è un granché, l’audio poi… Forse qualcosa si potrebbe utilizzare come bonus su eventuali future ristampe (c’è in ballo quella di “Like A Thunder”), ma se deve essere una cosa scarsa, meglio non farla. Comunque, nessun video inteso in senso proprio, né videoclip. C’era una ripresa televisiva del 1986 di due brani del demo, fatta in una emittente locale, ma credo che anch’essa sia inutilizzabile.

Il maggior rimpianto e la più grande soddisfazione della carriera degli Axton…

Mah, avevamo il rimpianto di aver registrato cose buone ma rimaste sconosciute ai più, invece ti devo dire che dalle prime reazioni alla ristampa di “Bad Desire” abbiamo capito che l’album aveva girato non poco, e che oggi viene considerato magari anche più di quando è uscito, forse perché certe diatribe tra sotto-generi dell’heavy rock sono un po’ tramontate. Adesso trovi il thrasher che allora storceva il naso, che invece si complimenta con noi, vent’anni fa non lo avrebbe mai fatto. La soddisfazione è quella, appunto, di ottenere sia pure un po’ tardi, un certo riconoscimento del lavoro fatto in quegli anni. Ci hanno menzionato su libri come “Italian Metal Legion” e come l’Enciclopedia dell’Hard Rock e dell’Heavy Metal, sezione Italia, ci hanno inserito in siti sia italiani che esteri, quindi forse qualcosa di buono l’abbiamo fatto, il nostro piccolo mattone per la “causa” l’abbiamo messo. Poi non ti dico la gioia di vedere il figlio dodicenne di un mio amico, al quale ho regalato il cd, che ha messo i pezzi sull’Ipod e se li ascolta a manetta suonando sulla sua air-guitar. Costituiva soddisfazione, nei bei tempi andati, constatare che c’erano alcune band locali che facevano cover di nostri pezzi, figurati che una faceva anche “La Dona Biunda”!

Cosa è mancato agli Axton per “farcela” sul serio? 

Un po’ eravamo noi dei ca**oni, o dei “tamarri” se si preferisce, nel senso che abbiamo fatto un mare di pirlate! Un po’ la scena italiana non ti consente di vivere suonando, e di questo tutto sommato siamo sempre stati consapevoli. Poi c’è da dire che non eravamo i più bravi in giro, forse qualcuno meritava più di noi, però vedendo che nessuno in realtà ha mai “sfondato”, anche questo forse non è vero. Avremmo dovuto nascere negli States, fare qualche sacrificio in più, studiare un po’ di più la musica, fare scelte scomode a livello di line-up, insomma non avremmo dovuto essere gli Axton!

Verso fine 2008 stavate per organizzare un concerto commemorativo, come mai è saltato tutto? 

Sì, l’idea c’è ancora, avevamo trovato un posto bellissimo nella nostra città, doveva aprire proprio in quel periodo, però ha avuto una serie di vicissitudini burocratico/organizzative e non se n’è fatto più niente. Non appena troviamo un posto adeguato (no pub, oratori e simili, thanx), facciamo il concerto. Lo vorremmo fare a Lecco o al limite negli stretti dintorni, e in una location degna, sennò è meglio evitare. Magari troviamo qualcosa di adatto nella primavera/estate, all’aperto, restate sintonizzati sul nostro sito e sulla pagina di MySpace, dove verrà scritto tutto.

Quale sarà il futuro degli Axton?

Bella domanda! Devo essere sincero: la band intesa come gruppo stabile che scrive pezzi – fa concerti – registra dischi continuativamente non esiste più. Adesso siamo sotto reunion nell’occasione della ristampa di “Bad Desire” e, fra un po’, di “Like A Thunder”. Peraltro non è la formazione classica (a parte che anche quella è variata negli anni, a ogni album, più qualche split qua e là). Dei vecchi ci siamo senz’altro io e Marino (voce), forse Renzo (chitarra). Se non c’è lui penso suonerà con noi il grande Franco Giaffreda (Evil Wings), poi ci sono i due “nuovi”, validissimi Jhos Terrazzi (basso) ed Edo Sala (batteria). Non escluderei a priori di fare, più avanti, nuove composizioni, però mi viene il dubbio che attribuirle al monicker Axton con gente diversa, e magari anche un genere parzialmente modificato, non sarebbe giusto. E poi ognuno di noi ha la sua vita: lavoro, famiglia, figli, ecc. ecc. Boh, chi vivrà vedrà, come dice la nostra canzone “Flash In Time”: we shall wait and see…

Finisci l’intervista come vuoi, Ed, grazie.

Ringrazio te e tutti gli appassionati della scena italiana, che sono ancora molti (lo sono anch’io, anzi mi considero prima di tutto un supporter di tale genere musicale), fate un’opera meritoria e perfino commovente. A chi gravita in questa scena dico: restate sintonizzati e credo proprio che avrete modo di sentire ancora nostre notizie. Per intanto cercheremo di promuovere al meglio le nostre ristampe. Qualora fosse possibile, non ci dispiacerebbe fare qualche apparizione live, magari in qualche festival di band italiane. Infine, sento il bisogno anche di ringraziare Primo della Heart Of Steel che ci ha “inseguiti”, spronati e coccolati in occasione di queste ristampe.
Hail To Italian Metal! Ă la prochaine…

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti