Black Thrash

Intervista Claudio Bonavita (ex Necrodeath)

Di Roberto Castellucci - 29 Gennaio 2023 - 12:00
Intervista Claudio Bonavita (ex Necrodeath)

Galeotto fu lo Shock’ Metal Fest, evento ligure tenutosi a Camporosso (IM) nel mese di luglio 2022. Galeotto perché, se noi di TrueMetal.it non fossimo stati presenti, probabilmente non avremmo avuto il piacere di pubblicare nel nostro portale una bella intervista a Claudio Bonavita, membro fondatore di un arcinoto gruppo Metal italiano. Qualche Nostro affezionatissimo Lettore, basandosi sulla semplice lettura del nome di questo musicista, potrebbe non aver colto il riferimento…mi si perdoni questo tentativo di costruire un po’ di suspense, ora mi spiegherò meglio. Il bill del succitato festival (qui il nostro live report) prevedeva, tra i piatti forti della seconda giornata, uno spettacolo dei nostrani, gloriosi Necrodeath, recentemente tornati alla carica con l’ultimo albumSingin’ in the Pain”. Il concerto di Camporosso della storica band ha regalato a tutti i presenti un’emozione in più: a metà dello show, infatti, il quartetto genovese è diventato un quintetto. Il palco è stato occupato da un secondo chitarrista, che insieme all’attuale axe-man Pier Gonella ha fatto ascoltare a tutti i presenti alcune classiche canzoni dei Necrodeath. Il chitarrista ‘aggiuntivo’ di cui sopra, in buona sostanza, è proprio Claudio Bonavita: come avrete ormai capito, insieme a Ingo (Nicola Ingrassia), Paolo (Paolo Delfino) e Peso (Marco Pesenti), nel lontano 1985, ha dato vita ad uno dei gruppi più influenti, longevi e rispettati di tutto il panorama metallaro tricolore. Tanto per capirci, Mister Claudio è fra i responsabili della consegna ai posteri dei primi cinque album dei Necrodeath, compreso quel “Mater of All Evil” che, personalmente, mi fece capire come in Italia non fossimo davvero secondi a nessuno in quanto a Metal estremo e derivati. Si aprano quindi le danze e buona lettura a tutti!

N.B. Il Lettore curioso sappia che quest’intervista porta con sé un valore aggiunto. Si leggeranno, infatti, le domande di alcuni redattori di TrueMetal.it che conoscono personalmente Claudio Bonavita.

Intervista a cura di Andrea Bacigalupo, Roberto ‘Bob’ Castellucci e Daniele d’Adamo

Bob – Ciao Claudio, benvenuto fra le pagine di TrueMetal.it! Iniziamo dagli avvenimenti più recenti. Accennavo poco fa allo Shock’ Metal Fest, evento che mi
ha visto come reporter per TrueMetal.it: com’è stato tornare sul palco con i Necrodeath? Fai spesso queste ‘comparsate’ sul palco con la band?

Ciao Bob, intanto grazie per avermi ospitato sulle vostre pagine, è un vero piacere e anche una novità, dopo tutti questi anni…ho perso l’abitudine alle interviste! Tornare sul palco è stato sicuramente bello, anche perché nonostante ormai io abbia abbandonato la band da tanti (troppi!) anni, il rapporto con Peso e i ragazzi non si è mai veramente interrotto. Io e Peso, in particolare, siamo legati da un rapporto di amicizia pluridecennale che va ben oltre l’esperienza musicale che abbiamo vissuto insieme, e anche con Flegias, GL e Pier, il legame è piuttosto forte. Seguo sempre i Necrodeath, vado a vederli quando posso: mi hanno chiesto spesso di salire sul palco per suonare qualche vecchio pezzo insieme e l’anno scorso, abbiamo colto l’occasione di farlo al Shock’ Metal Fest.

Bob – Facciamo un salto indietro di qualche decennio e torniamo agli anni ’80, in quel di Genova…probabilmente non tutti sanno, pensando soprattutto alle ‘leve metallare’ più giovani, chi furono e come nacquero i Ghostrider, primo embrione dei Necrodeath. Ci puoi raccontare qualcosa di quel periodo, e di come venisse percepito il Metal nella città di Fabrizio De Andrè e Luigi Tenco? Non capita spesso di ottenere certe informazioni direttamente dalle fonti…

Noi abitavamo tutti nella riviera di levante, tra Recco e Santa Margherita Ligure, e in effetti il Metal non era proprio il genere più diffuso, ma lo ricordo come un periodo comunque fantastico perché per noi (io, Peso, Ingo e qualche altro amico dell’epoca), che avevamo 20 anni o giù di lì, era un’esperienza totalizzante. Abbiamo iniziato ascoltando AC/DC, Iron Maiden e Black Sabbath ma il passo verso le sonorità più estreme che si stavano sviluppando con i vari Venom, Slayer, Metallica, Exodus è stato brevissimo. Ascoltavamo musica tutto il giorno, cercavamo negozi dove trovare i dischi, le fanzine da leggere: all’epoca non esisteva ovviamente Internet e tutto viaggiava per posta, riviste cartacee fatte spesso con fotocopie o ciclostile, scambi di cassette registrate…un altro mondo. Il movimento Metal comunque stava nascendo e anche a Genova in poco tempo si è creato uno zoccolo duro di affezionati, che si incontravano soprattutto nella zona della stazione ferroviaria di Brignole. Per i primi concerti, si andava soprattutto a Milano, dove abbiamo visto il primo tour dei Metallica di spalla ai Venom, la prima calata degli Slayer, etc.

Bob – Continuiamo ancora per un attimo la lezione di Storia…potresti raccontarci come furono gli esordi dei Necrodeath veri e propri? Il meritato gradimento da parte
del pubblico portò a qualche stravolgimento nella Vostra vita di giovani ventenni?

Come ricordavi tu, Necrodeath è stata l’evoluzione di Ghostrider, il primo gruppo marcatamente Metal messo su dal sottoscritto con Peso e Ingo. Dopo la registrazione ultra artigianale del demo “Mayhemic Destruction“, avevamo voglia di dare una virata un po’ più estrema alla band, e abbiamo deciso di cambiare il nome, per fare capire già da quello che cosa l’ascoltatore avrebbe dovuto aspettarsi dalla nostra musica. È nato così il cambio in Necrodeath…una doppia morte, per non lasciare dubbi sull’intenzione di proporre Metal estremo sia nella forma che nella sostanza, veloce, violento e cupo allo stesso tempo. Insomma, non volevamo essere da meno delle band USA ed europee che ci piacevano e che si stavano via via sempre più affacciando sulla scena come, oltre ai già pluri-citati (e non può essere diversamente da parte mia) Slayer, i vari Kreator, Death, Destruction, Voivod, Celtic Frost, solo per citarne alcuni. La formazione è stata integrata con l’entrata di Paolo al basso e ha preso corpo il progetto Necrodeath vero e proprio: volevamo a tutti i costi arrivare a registrare un disco ‘vero’, non il solito demotape, suonare dal vivo e provare a fare le cose sul serio, nonostante la nostra collocazione in Italia fosse sicuramente un handicap non indifferente, vista la pochezza della scena in quell’epoca (in termini di etichette e locali per suonare, soprattutto). Devo dire che non c’è stato nessuno stravolgimento vero e proprio delle nostre vite, nel senso che tutti abbiamo continuato in parallelo le nostre attività, studentesche e/o lavorative che fossero, anche se, decisamente, dedicarsi ai Necrodeath era diventato una priorità, almeno a livello di focus mentale e di tempo dedicato a suonare, comporre, cercare contatti per registrare, etc.

Bob – Come nasce la tua passione per la chitarra? Soprattutto, a cosa dobbiamo la Tua scelta di dedicarti al Metal?

All’inizio mi sarebbe piaciuto cantare: mi vedevo molto frontman. In un primo gruppetto dedito a cover Rock, messo in piedi con Peso, sala prove in un tunnel di una piccola stazione ferroviaria praticamente in disuso, avevo provato a cimentarmi. I risultati però lasciavano piuttosto a desiderare, nonostante l’entusiasmo. All’epoca mia sorella aveva comprato una chitarra classica, prendeva lezioni e mi ha insegnato qualche accordo, così ho pensato che avrei potuto provare. Quando ho sentito “Kill ‘em All” dei Metallica e visto la foto di James su Rockerilla (mitica rivista dell’epoca), con la sua Flying V, la cartucciera in vita e la canotta con la scritta Metal Up Your Ass, ho capito che mi sarebbe piaciuto un sacco imitarlo…ho convinto i miei genitori a comprarmi una chitarra elettrica ed è iniziato il ‘trip‘ Metal.

Bob – Si legge online come la Tua ‘fuoriuscita’ dai Necrodeath fu dettata da ragioni personali. Non pensiamo nemmeno lontanamente a chiederti qualcosa a riguardo, ci mancherebbe, ma Ti è mai capitato di rimpiangere certe scelte? C’è qualcosa che Ti manca della Tua vita da protagonista della ‘scena’?

Niente di misterioso in realtà: nel 2003 è nata mia figlia e conciliare lavoro, famiglia e attività musicale, è diventato troppo difficile. Dopo il ritorno, con l’uscita di “Mater of All Evil” e “Black As Pitch“, due dischi secondo me pazzeschi, ci siamo trovati catapultati in una realtà che oltre 10 anni prima, all’epoca degli esordi di “Into the Macabre” e “Fragments of Insanity“, avevamo solamente sognato: registrazioni in Svezia, interviste, copertine sulle riviste, palchi del calibro di Gods of Metal, Xmas Festival, Tattoo the Earth, dove suonavamo con mostri sacri internazionali del genere…c’era l’opportunità di fare qualche tour e date in Europa e io non avrei potuto tenere il passo, quindi, anche per non essere un freno per i ragazzi (Peso, Flegias e John all’epoca), ho deciso di fermarmi. Sicuramente lo rimpiango perché la musica è una passione, perché avevo voluto fortemente rimettere in piedi i Necrodeath dopo il primo scioglimento del 1989/90, avevo convinto io Peso a ripatire e quindi, è stata una decisione sofferta, anche perché oltre alla band, lasciavo un gruppo di veri amici. L’amicizia comunque è rimasta e quindi, alla fine, è andata bene lo stesso, almeno da questo punto di vista. Mi manca sicuramente l’adrenalina dei live e la condivisione con i fans ai concerti.

Andrea – Nei primissimi anni ’80 i gruppi Heavy Metal di punta erano essenzialmente gli Iron Maiden, i Judas Priest, gli Accept, i Riot… tutti fautori di quello che oggi chiamiamo Heavy Metal classico. Poi sono arrivati i Venom ed a ruota i Metallica, che Tu hai cominciato a seguire fin da subito, se non ricordo male. Cose è cambiato? Secondo Te perché c’era bisogno di loro?

Ho amato tutti i gruppi che hai citato: mitici i Riot, “Fire Down Under” è un disco fantastico. Abbiamo iniziato con i classici, ricordo che con Peso siamo andati al cinema a vedere il film degli AC/DC all’epoca di “Let There Be Rock“, ancora prima di “Higway to Hell” e di “Back in Black“, gli album che hanno fatto esplodere la loro fama e contribuito a far conoscere al mondo l’universo Metal. Non so, credo che il filone Black/Thrash sia stata una naturale evoluzione, per me almeno è stato così…una prima ricerca di sonorità più cupe ed estreme, poi in certi casi magari un po’ degenerata, con punte anche eccessive e discutibili dal punto di vista stilistico/musicale, ma da lì sono usciti anche i mitici Slayer che sono stati a mio parere per distacco, il miglior gruppo Metal di tutti i tempi.

Andrea – Cosa pensi di tutti questi ritorni? Soprattutto di quei musicisti che tanti anni fa non è che avessero detto molto e che ora, dopo anni di silenzio, ripartono da dove si erano fermati, continuando a non dire molto? Non credi che saturino il mercato andando a tarpare le ali ai giovani di oggi?

Mi sembra che la scena ed il mercato siano cambiati davvero tantissimo rispetto ai ‘miei’ tempi. Già dalla prima fase Necrodeath anni 80 alla seconda, quella del ritorno degli anni 2000, era cambiato molto: prima c’erano pochissime etichette e riviste cartacee, registrare un disco era una vera e propria impresa, così come organizzare un concerto, anche se quando finalmente ci riuscivi venivano comunque centinaia di persone a vederti (almeno per i nostri pochissimi concerti dell’epoca, è stato così), proprio perché ce n’erano pochi ma la passione per il Metal stava crescendo. Nel 2000 il movimento era cresciuto e abbiamo vissuto una fase molto bella, con i concerti che citavo prima, richieste di interviste da riviste internazionali: cominciava già però una certa ‘inflazione’ secondo me, perché erano nate tante etichette e si cominciavano a fare tanti dischi: insomma, riuscire a pubblicare non era più così ‘elitario’ e difficile come prima. Adesso, poi, non ne parliamo: si registra a casa con un PC e si pubblica su Internet: insomma, anche se sono assolutamente d’accordo con te che di parecchi ritorni si poteva fare decisamente a meno, perché si poteva già fare a meno anche degli originali, secondo me non è che il mercato sia saturato dai vecchi gruppi che ritornano…il mercato è proprio saturo per i fatti suoi, è cambiato troppo il modo di fare e di fruire della musica, è tutto iperveloce ormai.

Flegias e Claudio Bonavita (Camporosso, Shock’ Metal Fest 2022)

Andrea – Qualche centinaio di album negli anni ‘80, meno di 1000 nei ’90, 8000 l’anno scorso. Cosa ne pensi?

È proprio questo a cui mi riferivo…tutti registrano e pubblicano, mi domando chi possa seguire ed ascoltare tutto…

Andrea – Thrash degli esordi, Thrash di oggi…le differenze…

Fortunatamente qualche differenza c’è, altrimenti forse sarebbe preoccupante: però il Thrash è per sua natura un genere abbastanza codificato e definito, difficile uscire troppo da certi schemi e quindi, tutto sommato, mi pare che sia rimasto simile a se stesso. Non ci sono differenze sostanziali, secondo me. Certo, ci sono variazioni sul tema: gruppi e musicisti più o meno tecnici, pezzi più o meno articolati, ma i pezzi degli anni ’80, quelli belli intendo, sono ancora attuali oggi, al netto del progresso che hanno fatto le registrazioni in tema di pulizia e potenza del suono.

Andrea – “Seek and Destroy” o “The Antichrist”?

Due capolavori, per quanto mi riguarda: i primi 3 album dei Metallica e i primi 3 degli Slayer sono capolavori assoluti del genere e questi due pezzi sono sicuramente molto rappresentativi. “Seek and Destroy” è uno dei migliori pezzi dei Metallica. Gli Slayer ne hanno fatto talmente tanti di ‘migliori pezzi’, che mi risulta difficile scegliere.

Andrea – Ma non scorreva solo il Thrash nelle tue vene. All’epoca ascoltavi anche, ad esempio, i Savatage (facendomi scoprire “Sirens”, tra le altre cose) e Warlord. Quanto ti hanno influenzato questi suoni un po’ più ‘scuri’?

Giusto…mitici Warlord…Come dicevo, siamo partiti dai classici, poi è iniziata una fase in cui veramente eravamo (io e gli amici citati prima) alla ricerca di tutto quanto fosse Metal e per questo, spaziavamo abbastanza: leggevamo le recensioni sulle fanzine e compravamo un po’ di tutto. Poi però il mio gusto si è spostato sulle sonorità più estreme, non so dirti bene perché, erano più nelle mie corde, si vede…

Daniele – Cosa succederebbe se Claudio Bonavita oggi decidesse di riprendere in mano la chitarra e ricominciare a comporre musica? E’ ancora intatta la vena compositiva che pulsava forte al tempo dei primi leggendari LP dei Necrodeath?

E chi lo sa…la chitarra ogni tanto la riprendo ma non mi sono mai messo di impegno a comporre: voglio essere ottimista, penso che qualcosa potrebbe venire ancora fuori, e credo che sarebbe sempre nella scia del passato, perché non mi sono molto evoluto nel frattempo, da quel punto di vista…ammesso e non concesso che per qualche altro aspetto lo abbia fatto!

Salutiamo e ringraziamo calorosamente Claudio Bonavita per averci concesso un po’ del suo tempo. Speriamo di ritrovarlo presto fra le pagine di TrueMetal.it, magari in occasione di qualche altra ‘apparizione’ sul palco in compagnia dei Necrodeath…alla prossima!