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Intervista Warlord (Mark Zonder)

Di Carlo Passa - 18 Maggio 2021 - 22:02
Intervista Warlord (Mark Zonder)

Il 13 maggio scorso è mancato William (Bill) J. Tsamis, chitarrista e mente degli epic metaller americani Warlord. Insieme al batterista Mark Zonder (poi divenuto notissimo con i Fates Warning) fondò gli Warlord all’inizio degli anni Ottanta, pubblicando nel 1983 l’EP Deliver Us, considerato una pietra miliare del genere; e oltre il genere. Da allora la band ha pubblicato pochissimo (un video live e due album), riflettendo una carriera discontinua e caratterizzata dai continui cambi dietro al microfono; ma lo stile, la personalità, i tratti distintivi che fecero grande Deliver Us sono rimasti immutati nel tempo, facendo degli Warlord una vera band di culto, adorata da fan devotissimi sparsi nel globo.

 

Qui recensione di “Deliver Us” del 1983

Il rientro sulle scene nel 2013 con un nuovo album (The Holy Empire) e due concerti ad Atene (divenuti veri momenti sacri per i fan) aveva fatto sperare in una nuova primavera per la band, che invece, come suo uso, si era nuovamente ritirata in un silenzio di notizie che fa a pugni con il mondo contemporaneo.
Anche la malattia cardiaca di Bill Tsamis era ignota ai fan. E per questo la notizia della sua morte, a sessant’anni, è giunta inattesa. Sulle pagine Facebook dedicate agli Warlord non si contano i ricordi commossi che in questi giorni i fan vogliono condividere: parlano della cortesia di Bill e delle emozioni che la musica degli Warlord, così unica, rara e preziosa, ha regalato loro nei decenni.

Noi di True Metal abbiamo contattato Mark Zonder, eterno compagno di Tsamis negli Warlord e parte essenziale nel determinarne il sound: gli abbiamo chiesto di farci parte dei suoi ricordi degli esordi della band e di parlarci di Bill Tsamis. Ne è scaturita un’intervista sentita, piena di spunti e notizie interessanti, ma che, non posso negarlo, avrei voluto condurre in altre circostanze: perché la musica di Bill J. Tsamis mancherà. Mancherà quella genuina originalità che faceva riconoscere subito un pezzo degli Warlord, quella imprevedibile discontinuità che frustrava e al contempo alimentava la speranza di rivederli dal vivo. E ascoltare Mark Zonder, uno che ha suonato sui più diversi palchi in più di quarant’anni di carriera, ammettere che i concerti ateniesi sono stati l’apice della sua carriera dà idea dell’importanza degli Warlord nella sua vita; e in quella di tanti di noi.
Ciao, Bill. One by one, to the swords, to the guns!

Grazie, Mark, per avere accolto il nostro invito a questa intervista, in un momento così triste. Quando e come hai incontrato Bill Tsamis per la prima volta?

Era il 1978 e stavo suonando un concerto fuori da un negozio di dischi a San Jose. La fidanzata del cantante della mia band aveva incontrato Bill in una libreria e gli aveva detto di osservare il batterista, perché avrebbe potuto fare al caso suo. E il resto è storia.

Gli Warlord sono sempre stati una band particolare, portatori di una proposta molto distintiva. Come avete iniziato a sviluppare l’idea degli Warlord? E vi era chiaro che eravate una band così originale (anche grazie al tuo stile)?

Bill aveva un’idea molto precisa di quello che sarebbe dovuto essere il suono della band. Aveva in mano completamente la sua musica e sempre puntava all’originalità e alla creatività. Non abbiamo mai voluto suonare come nessuna altra band del periodo, benché ovviamente avessimo le nostre band favorite e le nostre influenze.

Ci puoi raccontare qualcosa delle registrazioni di “And the Cannons of Destruction Have Begun…”? Fu un vero album dal vivo, registrato in presa diretta?

Dal momento che ai tempi non c’era internet, il modo migliore per dare visibilità a una band erano i video. Benché non avessimo un budget, sapevamo che non eravamo una band di Los Angeles [ai tempi, le band di LA godevano di notevole visibilità e successo, nda] e ci serviva raggiungere l’Europa e il Giappone. Dunque, pensammo che il modo migliore fosse fare un video.
La musica venne, in vero, registrata prima del video e il tutto fu molto molto stressante. Il video fu registrato al Perkins Palace di Pasadena: cominciammo alla mattina presto con le luci, il suono (per il playback) e le posizioni sul palco. Tra il tempo che passava e un sacco di problemi a livello di produzione, fummo nelle condizioni di iniziare il nostro set solo immediatamente prima di doverci fermare e impacchettare tutto di nuovo. Avevamo pensato di filmare tutto 5, o 6 volte, da diverse angolature: ma non c’era tempo e facemmo tutto una volta sola. Non ci sarebbe stato modo di registrare davvero anche il suono: lo sapevamo.

La storia degli Warlord è molto discontinua, con numerosi cambi nella formazione e solo pochi dischi registrati in circa 40 anni. Come ti spieghi questa discontinuità? Era dovuta all’approccio di Bill?

Bill non aveva alcun approccio predefinito. Per dirla in breve “Bill è ed era gli Warlord”: fine della discussione. All’inizio, abbiamo avuto molti problemi con i cantanti. Facemmo provini a chiunque, ma nessuno era adatto. Le persone non capiscono che Bill concepiva la voce semplicemente come un altro strumento nella composizione. Dunque, durante tutte le registrazioni degli Warlord, intonava ai cantanti le linee melodiche, una alla volta. Ogni singola linea e idea melodica è Bill [sic: non “di Bill”, nda]. In questo era straordinario, un vero genio. Fu frustrante avere pochissimo supporto dalla casa discografica e non riuscire a trovare un cantante appropriato. Non volevamo accontentarci. Per dirlo chiaramente, abbiamo suonato più concerti della maggior parte delle band: purtroppo, erano concerti strumentali, di fronte ad amici in sala prove. Suonavamo ogni giorno. Divenne frustrante farlo senza un cantante.

Nel 2013, gli Warlord suonarono due concerti ad Atene, poi pubblicati in DVD. Che ricordi hai di quelle serate? Io c’ero e ricordo un’atmosfera magica.

Fu il punto più alto della mia carriera. Non dimenticherò mai quando mi trovavo seduto nel backstage durante il set della band di apertura e sentivo il pubblico intonare pezzi degli Warlord. Pensai “questo è quel che si prova a suonare negli Iron Maiden”. Ogni sera i fan ti adorano e non ne hanno mai a sufficienza. Fu davvero qualcosa di grande.

Tutti noi conosciamo Bill Tsamis come Destroyer, il chitarrista e la mente degli Warlord. Alcuni di noi hanno avuto la fortuna di incontrarlo di persona e di apprezzarne la gentilezza. Ci puoi raccontare qualcosa dell’uomo Bill Tsamis?

Era molto generoso. Avrebbe potuto avere un solo dollaro e avere fame: e te lo avrebbe dato. Sapeva esattamente quale suono voleva e come ottenerlo. Era molto molto definito in tal senso. Era una persona molto alla mano: un vero uomo di musica.

Bill stava lavorando su nuovo materiale per gli Warlord? Nel caso, lo pubblicheresti sotto il monicker Warlord?

Non è rimasto niente. Quando Bill si ammalò, alcuni anni or sono, divenne molto difficile per lui avere l’ispirazione e registrare alcunché. Una situazione molto triste.

Se posso permettermi, Mark, quando è stata l’ultima volta in cui hai parlato con Bill?

Ci siamo scambiati delle email alcuni anni fa, ma l’ultima volta in cui ci siamo davvero parlati fu a un concerto a Creta [1 luglio 2017, Chania, Creta, nda]. Parlammo di comporre nuova musica e registrare un nuovo disco. Ma ti posso dire che stava davvero male: eppure non si lamentava e non ne parlava. Semplicemente, andò avanti con lo show.