Thrash

Intervista Metallica (1984)

Di Stefano Ricetti - 4 Gennaio 2006 - 10:56
Intervista Metallica (1984)

Premessa
Sulla falsariga dell’intervista a Paul Di’Anno degli Iron Maiden curata da Beppe Riva e targata 1980 – pubblicata su TrueMetal mesi fa, qui il link – è ora la volta dei Metallica, confessati in quel di Londra, la capitale, (allora), della Nwobhm. Il colloquio risale al 1984 e uscì nel numero 47/48 di Rockerilla di luglio/agosto. L’intervistatore è un altro grande del giornalismo HM italiano: Giancarlo Trombetti, illustre cronista che ringrazio di cuore e che si è gentilmente prestato ad allestire un pungente articolo introduttivo di stampo amarcord relativamente all’evento, che potete leggere qui di seguito dopo il mio incipit.

History
I Metallica erano nell’era a cavallo fra Kill’em All e Ride the Lightning – per chi scrive il miglior album della loro carriera -, avevano fino ad allora pubblicato una manciata di demo tape e stavano per esplodere a livello mondiale…  Pochi mesi prima l’intervista, esattamente il 5 febbraio 1984, avevano fatto da supporter ai Venom al Teatro Tenda Lampugnano di Milano mettendo a ferro e fuoco la struttura con dei volumi impossibili e mazzate metalliche come Jump the Fire, Seek and Destroy, Metal Militia e Phantom Lord. Dopo la data di Milano parteciparono al festival HM belga di Poperinge, facendo impallidire le altre band convenute per la potenza dimostrata on stage. E non si trattava di educande della guerra dei watt: sto parlando di Baron Rojo, Faithful Breath, King Diamond, H-Bomb, Lita Ford, Twisted Sister e i Motorhead più potenti della storia nella formazione a quattro con, oltre a Lemmy, l’ex micidiale bombardiere dei Saxon Pete Gill alla batteria e la coppia d’asce Wurzel/Campbell!

Molti fra di voi rimpiangeranno “questi” Metallica rispetto a quelli di oggi, sicuramente diversi, sia nell’attitudine che, soprattutto, nel portafoglio. Certo, leggere certe dichiarazioni dirette di Lars Urlich di ventidue anni fa alla luce di quello che sono oggi gli “ex???” four horsemen farà sorridere più di un appassionato, ma, onestamente, quanti altri casi di “sbrago” musicale abbiamo visto negli ultimi lustri? Tanti, tantissimi! Certo, i Metallica fanno molto più rumore di altri quando cadono: sorte destinata solo ai grandi o, quantomeno, a chi ha segnato indelebilmente la storia del metallo come nel loro caso. Salvo smentite questa fu la prima intervista in assoluto pubblicata in Italia su carta stampata dalla band di Lars Urlich.

Buona lettura
 

Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

metallica KATOWICE

 

 

Metallica: oltre vent’anni dopo                           di Giancarlo Trombetti

Qualcuno che non mi conosce potrebbe pensare che si tratti di falsa modestia. Qualcuno che sia un altro modo per sottolineare una adulazione. In realtà sentirmi definire da Stefano “grande giornalista” o “illustre cronista”, mi fa serenamente sorridere. Forse una volta me ne sarei sentito onorato, oggi mi fa onestamente solo sorridere e pensare come sia facile regalare aggettivi… Così come, in tutta franchezza, mi fanno tenerezza certi ricordi che credevo sepolti nelle nebbie dell’oblio…un’intervista di 22 anni fa, con l’utilizzo di un vocabolario che adesso non userei nemmeno sotto minaccia armata; domande che non porrei mai più, almeno in quei termini.

Certamente è l’effetto del tempo, delle esperienze che si accumulano, di alcune certezze che erano rappresentate, allora, dalla convinzione di essere davanti ad artisti con qualcosa da dire o dall’emozione di confrontarsi, di scoprire nuovi talenti. Certezze che la vita nel mondo della musica e in tutti i suoi reconditi sobborghi hanno , a poco a poco, sgretolato, ridimensionato, riportandole, giustamente, nei loro reali ambiti e nei loro reali valori.

Che ricordo esattamente di quella intervista? Poco, in verità. Ho incontrato i Metallica diverse volte e con diversi scopi, negli anni, la maggioranza delle quali non per interviste e ho in mente che, in tutta franchezza, sono poi state quelle che mi hanno lasciato qualcosa da ricordare. La quasi totalità dei musicisti rock – che è una categoria, come quella degli insegnanti o degli autisti, dei baristi o dei bagnini – sceglie di indossare una maschera, durante l’intervista, e non è detto che la maschera risulti simpatica o proporzionale al potenziale umano che l’individuo musicista potrebbe o avrebbe potuto esprimere fuori dagli schemi dettati dalla sequenza delle domande. Diciamo allora, per aiutare la categoria a trovare una via d’uscita, che gli intervistatori, soprattutto, non li hanno mai aiutati, con la banalità dei quesiti posti, con la granitica consuetudine dei soliti interrogativi, a mostrare il lato positivo, allegro, fortunato, della loro condizione. In fondo, i musicisti rock, sono un po’ come i calciatori : hanno tutto quello che vogliono, senza dover lavorare, spesso, talvolta quasi sempre, grazie a un talento innato, per dar vita al quale non hanno neppure dovuto sforzarsi più di tanto.

E dove non arriva il talento, arriva la bravura dei direttori artistici delle case discografiche e l’ingenuità del pubblico…No, non c’è disillusione in queste righe, solo necessario realismo.
Allora, per voi e Steven, diciamo che mi pare di esser quasi certo che l’intervista si svolgesse in una sala d’aspetto della piccola etichetta, la Music For Nations, possibile?, che distribuiva i loro dischi, all’epoca. Insieme a Luca, Luca Silvestri, un amico ed eccellente fotografo, uno dei pochi che non facesse quel mestiere per soldi, ma per passione, eravamo un giorno si e l’altro pure in giro per etichette, come dicevamo ai tempi, e quindi, potrei sbagliare. Ricordo, però, che si erano quasi sorpresi della nostra richiesta, dato che in Inghilterra, il gruppo, faticava a farsi accettare e non aveva avuto un buon riscontro, come ricordato nel preambolo dell’intervista stessa. Certo, il tutto poteva anche dipendere da quel senso di superiorità che ha sempre contraddistinto gli inglesi, che sono sostanzialmente vissuti esportando, e non importando, mode e modi, ma, davvero, Metallica non erano uno dei gruppi più amati, in quel momento.

E d’altronde, gli inglesi, avevano da vendere la loro, di roba, e per loro, la musica rock è un lavoro, serio e profumatamente pagato a tutti i livelli, dal portiere dello stabile al musicista. D’altronde io stesso non è che fossi ancora emozionato per i quattro, se è vero, com’è vero, che avevo recensito, con ben poco fiuto, il primo album, senza vederci il futuro del rock, dentro. Ricordo bene che tutti i gruppi che non facevano altro che mettere a 45 giri i riff dei Sabbath, non è che mi facessero impazzire…Metallica avrebbero compiuto la metamorfosi ed il capolavoro più tardi, con l’album nero, sicuramente uno dei dischi più importanti di quel decennio, e che, ritengo, difficilmente avranno modo di superare, a mio parere.
A quei tempi, trovarsi a Londra, significava assistere a una grande restaurazione rock e la scena dei club, dal 1980 in poi era davvero il paradiso degli amanti del genere. Gli inglesi non utilizzavano, in sostanza, tutte le sottoetichette che noi, per primi, amavamo sbandierare, magari dopo averle lette in qualche autorevole parere di giornalisti anglosassoni di fama.

Per comprendere  in quale direzione sarebbe andato il mondo di lì a poco, bastava frequentare quotidianamente Il Marquee, il Venue, il Music Machine, a volte persino il Rainbow Theatre: un nirvana dell’hard rock, certamente, per chi ha avuto la fortuna di esserci. L’intero cartellone del Reading Festival dell’agosto dell’80 – e forse del successivo anno, anche – sarebbe rimasto a imperituro ricordo di un’era rock forse mai davvero così presente a qualsiasi livello in tutta la sua storia. Metallica seppero cavalcare quell’onda e ne usufruirono grazie, almeno inizialmente, più agli entusiasmi degli europei, che dei loro conterranei. Ma che importanza ha riparlarne adesso?
A rispondere all’intervista era Lars, con James presente ma disponibile a solo un paio di interventi, che, mi pare, non vennero neppure riportati; gli altri non c’erano proprio, non si fecero nemmeno vedere.

Ricordo che nessuno di noi bevve alcolici, io, d’altronde non avrei potuto, da buon astemio, e che Luca non riuscì neppure quella volta a immortalarmi con uno di loro, nemmeno nel corso della chiacchierata. Ho sempre odiato vedermi in foto ed ho mantenuto una coerenza distruttiva, anche quando, magari a fianco di Zappa, mi sarebbe piaciuto, avere un ricordo… niente foto, Steven, ti toccherà arrangiarti…

 

 

Intervista a Lars Urlich dei Metallica.     Londra, 1984

‘Apologia della follia scardinatrice’ dice l’amico Beppe Riva e non si sbaglia, visto che realmente questo combo sbaraglia attualmente qualsiasi concorrente alla qualifica di “HM band del giorno del giudizio!” Non esagero se dico di non riuscire a immaginare nulla di più fast&heavy di Metallica, il gruppo che scherza con i watt come il gatto col topo. Oltre i quattro killer di San Francisco non c’è più musica, solo ultra-noise… Metallica è la band della “twilight zone”! Presone atto ci siamo cautamente avvicinati: il loro ‘Hell on Earth Tour’ – il primo tour inglese – è stato da poco annullato per mancanza di prevendite nella maggior parte delle date e non vorremmo essere calati nella parte dei capri espiatori… Vero Mr. Urlich ?!?

Per i posteri: come si è formata la band?

I Metallica si sono formati all’incirca nel dicembre 1981 a Los Angeles: l’avvio l’abbiamo dato io e James Hetfield. Il nome lo abbiamo adottato quando stabilizzammo la line-up, cioè verso il marzo 1982. Cercavamo due persone per completare il gruppo, ma ci volle del tempo per trovare gente disposta a suonare sul serio: all’epoca avevamo un diverso chitarrista solista e un diverso bassista, entrambi di L.A.

E’ molto cambiata la situazione HM in Los Angeles?      

La situazione ora è diversa da quella di due anni fa. Allora dominava il glam rock, Motley Crue e Ratt imperavano, c’era molto make-up e parecchi vestiti strani. Noi fummo i primi a L.A. ad avere un suono “british”, maggiormente pieno di aggressività ed energia. Anche il nostro look era diverso: non ci importava nulla di sembrare dei bellocci… Le cose comunque inizialmente non andarono molto bene, ecco perché ci toccò trasferirci a San Francisco. Ora, dopo due anni, molte band, non voglio dire che assomiglino a noi, ma sono più aggressive… più metal!

Avete suonato come supporter di Krokus e Saxon: cosa ricordi di quelle esperienze?                                

Quello risale al 1982, quando suonavamo spesso al Loco Club di L.A., ma se conosci la gente giusta non è difficile fare da spalla a qualcuno… A qui tempi stavamo ancora stabilizzando la nostra formazione, scrivevamo canzoni e preparavamo il demo. Nell’estate del 1982 incidemmo il nastro No Life till Leather demo (conteneva sette pezzi e la formazione annoverava
Hetfield/Mustaine/McGovney/Ulrich – nd Steven Rich). Lo spedimmo in giro e in breve tempo si fece onore all’interno della scena metal. Ricevemmo addirittura posta dall’Europa e ottenemmo buone menzioni su alcuni giornali. Poi vedemmo un bassista in azione in una band di San Francisco – era Cliff Burton – : gli dicemmo che ci sarebbe piaciuto averlo con noi. Riuscimmo dopo qualche mese a convincerlo, ma lui abitava a San Francisco e per tenerlo con noi fummo costretti a trasferirci là. Il nostro periodo a San Francisco fu più fortunato di quello di Los Angeles: ci permettemmo di mettere da parte un po’ di soldi visto che i gig erano sempre affollati. C’era e c’è tuttora una grande scena underground a San Francisco, molto buona per l’HM.         

Cosa ha significato per voi comparire sulla compilation Metal Massacre?

Beh, fu fatta prima che avessimo un line-up definitiva, anzi fu lì che la band si formò: conoscevo il produttore, mi disse che per comparire dovevamo avere almeno un paio di brani, così stabilizzai la band e preparammo Hit the Light. Fu registrata con un piccolo Teac a quattro piste! Il pezzo è molto “basic”, piuttosto rozzo, ed ebbe una produzione terribile che poteva farci più male che bene, ma fece comunque girare il nome dei Metallica! La miglior cosa del gruppo del periodo è senz’altro il demo che contiene sette pezzi ben prodotti, quello fu il vero inizio…

Poco fa avete suonato con i Venom. Alcuni vi accomunano per resa on stage…

Non credo che sia vero, in comune abbiamo il fatto di essere entrambi molto fast&rough, ma noi non vogliamo avere niente a che fare con il satanico! La sola cosa in comune è la ‘rough energy’, ma la composizione e il modo di suonare sono del tutto diversi! Inoltre il nostro prossimo Lp, che uscirà a metà giugno, sarà diverso: avrà la stessa energia del primo ma accompagnata da una miglior ‘musicanship’ e da un più efficace songwriting.

C’è però chi continua ad accostarvi ai Venom e ai Motorhead, addirittura certe label offrono contratti solo a band del genere… altri vi hanno definito i Ramones dell’HM…

Ho letto anch’io certe definizioni della stampa inglese. Credo che ciò sia dovuto al nostro eccesso di energia on stage, estremamente violento e immediato, secco e breve… forse gli inglesi amano song dai tempi più sviluppati e non è detto che non li affronteremo in futuro, ma per ora questo è il sound che vogliamo avere.

Perché solo un Ep live?

In origine doveva uscire prima dell’album, ma il single (tale doveva essere) non uscì affatto prima dell’Lp, così la label pensò di non pubblicarlo insieme al disco 33 per non turbarne le vendite. Conseguentemente  abbiamo colto l’occasione del tour europeo e l’abbiamo completato con una registrazione live di Chicago…   

 

METALLICA OLD

 

 

I Manowar parlano di “false metal”… per te esiste il falso metallo?

Ognuno può definire l’HM come crede… per me se qualcuno è false metal… quello è Manowar! Death to false metal? Si tratta solo di idee personali. Molti dicono: noi suoniamo satanic, power metal, heavy metal, hard rock… MA PENSATE A SUONARE!!! 

Che impressione vi ha fatto il pubblico di Milano?

E’ stato grande!

Non credete che il vostro enorme successo sia dovuto al fatto che da noi ci siano pochi concerti HM?

Onestamente il gig di Milano ci è sembrato anche troppo facile… abbiamo avuto l’impressione che qualsiasi altro gruppo avrebbe potuto avere lo stesso successo! Generalmente il pubblico va scaldato poco per volta: è negli ultimi brani che i kid “partono” veramente! Ma loro erano già “wild” prima ancora che noi iniziassimo suonare! E’ stato uno dei nostri migliori concerti del tour, lo abbiamo detto anche a Kerrang!

Cosa pensi dell’esperienza inglese?

Pur non avendo ancora suonato in Inghilterra conosco il pubblico inglese.  Negli Usa il concerto è più un modo per dimenticare il lavoro, per incontrare gli amici… I britannici invece sono più coscienti a livello musicale, sono critici: prima di accettare o no una band, prima di acquistare un disco vogliono la prova che tu valga qualcosa. E’ per questo che, secondo me, il nostro tour con Exciter e Rods è saltato: gli inglesi hanno grosse alternative e un ingombrante passato, quindi prima di buttarsi su un nuovo nome vogliono saperne di più. Può anche darsi che noi siamo stati messi allo sbaraglio troppo presto! Comunque gli abitanti del Regno Unito non credano di averci messo da parte così in fretta!

Che progetti avete per l’immediato futuro?

Abbiamo fissato uno studio per tre settimane a Copenhagen per registrare il secondo album dal titolo Ride the Lightning. Poi torneremo qui per preparare il prossimo tour europeo. Dopo queste prove andremo ancora  a Copenhagen per mixare l’abum. Delle venticinque/trenta date in Europa almeno tre o quattro saranno in Italia intorno a settembre. I nostri amici Mercyful Fate ci hanno parlato molto bene delle loro esperienze in terra italica… see you there, man!

Giancarlo Trombetti    

Servizio a cura di Stefano “Steven Rich” Ricetti