Doom

Intervista Paradise Lost (Nick Holmes)

Di Davide Sciaky - 12 Maggio 2020 - 9:00
Intervista Paradise Lost (Nick Holmes)

Intervista a cura di Davide Sciaky

Ciao Nick!

Ciao, come va?

Io bene grazie, tu?

Tutto bene!

Come sta andando la quarantena? Come passi il tuo tempo, oltre che facendo interviste?

Sto facendo molte interviste, è la cosa principale che faccio, ma non è un problema, passo comunque molto tempo a casa quando non sono in tour o non sto registrando.
Tu come te la passi, come stai affrontando la cosa?

Non sto facendo molto, ho fatto un po’ di interviste anch’io e sto riposando.
Non c’è molto altro che posso fare, in questo momento non possiamo uscire neanche per fare due passi qua in Italia [N.D.R. l’intervista è stata fatta ad inizio aprile].

Qua in Inghilterra non ci siamo ancora arrivati, ma ora il tempo sta diventando bello e la gente sta cominciando ad uscire, quindi il governo sta dicendo “Se continuate così dovremo fare una quarantena totale”, un po’ come sta succedendo da voi in Italia.

Penso che sia inevitabile, anche qui all’inizio la quarantena era più soft ma poi l’hanno inasprita.

Sì, me lo aspetto anch’io ma, ecco, finche abbiamo l’elettricità… è una merda ma potrebbe andare peggio, no?

Passiamo a parlare di musica, tra poco uscirà il vostro nuovo album, “Obsidian”.
Come funziona il songwriting per voi? È uno sforzo collettivo? E scrivete musica mentre siete in tour?

Normalmente ci vogliono nove, dieci mesi per scrivere un album, quindi ci facciamo dire per quando dovrebbe uscire in modo da avere una scadenza e poterci muovere di conseguenza.
Ci vuole un po’, non scriviamo rapidamente e, soprattutto, dopo 32 anni vogliamo essere sicuri di non ripeterci e di non fare la stessa cosa due volte.
Da che io mi ricordi abbiamo sempre scritto nello stesso modo, ci scambiamo files io e Greg, ci rimbalziamo idee fino ad arrivare al prodotto finito, sembra il modo più efficace di lavorare per noi.

Hai mezzo anticipato una cosa che volevo chiederti: notavo che negli ultimi 20 anni avete sempre pubblicato un album ogni due o tre anni. Mi chiedevo se questo è semplicemente il tempo che ci mettete per sentire il bisogno di scrivere nuova musica, o se ricevete indicazioni o richieste dall’etichetta.

Più che altro si tratta del fatto che se vuoi continuare ad andare in tour devi continuare a fare album, non puoi… ci sono pochissime band che si possono permettere il lusso di prendersi delle pause, penso si possano contare sulle dita di una mano, nel Metal.
Se vuoi fare il musicista di lavoro devi essere sempre occupato, non ti puoi fermare, ma allo stesso tempo penso che non sarebbe necessariamente una cosa positiva prenderci una pausa; a volte ci sono band che lo fanno e poi tornano con un album non particolarmente buono, quindi semplicemente non voglio fermarmi [ride] penso sia una cosa buona continuare così.

Questo nuovo album è la continuazione di quello che avete fatto con l’ultimo paio di dischi, il vostro ritorno ad uno stile più aggressivo. Come descriveresti l’evoluzione di questo album rispetto ai suoi predecessori?

Penso che in particolare l’ultimo album, quello era specificamente un album Doom/Death, ma era esattamente quello che volevamo fare in quel momento, non volevamo allontanarci troppo da quella descrizione.
Con questo, quando abbiamo iniziato a scrivere, le prime due canzoni ricordavano molto l’ultimo album e poi semplicemente hanno cominciato a diventare più varie.
Come dicevo non voglio e non penso che si debba ripetere lo stesso album e per me, in quanto cantante, è bello cantare in stili diversi e questa è sicuramente una cosa che è presente su quest’album.

Non ti chiedo specificamente di questo album ma faccio un discorso più generale: quanta premeditazione c’è dietro ad un vostro album? Voglio dire, vi dite qualcosa tipo, “Okay ragazzi, facciamo un album Doom”, o cominciate a scrivere e poi vedete dove andate a parare?

Direi che semplicemente cominciamo a scrivere.
Lo scorso album penso sia stata l’unica volta in cui Greg ha detto, “Okay, facciamo un album Doom/Death”, penso che sia l’unica volta in cui abbiamo deciso in anticipo in che direzione andare.
Ad esclusione di quell’album, ci siamo sempre messi a scrivere senza pensare troppo e alla fine vediamo cosa ci è uscito; magari dopo aver scritto tre canzoni puoi avere un’idea di dove andrà quell’album.
In ogni caso, no, non ci diamo mai una direzione precisa perché spesso può capitare di avere grandi idee che non c’entrano niente con quello con cui hai iniziato.
Quando cominci a darti delle etichette penso che si finisca a limitare la possibilità di fare qualcosa di diverso, quindi cerchiamo di mantenere una mentalità il più aperta possibile.

La copertina mi piace molto, mi ricorda un po’ un tarocco, ha un significato particolare?

Il titolo dell’album “Obsidian”, l’ossidiana è una pietra che viene usata come portafortuna, quindi l’artista che l’ha disegnata, Adrian Baxter, ha giocato un po’ con questa cosa andando a pescare da magia e simbolismo.
Il risultato è un po’ come una carta da gioco, mi ricorda, come hai detto, un tarocco, che è una cosa che mi piace molto, mi piace questo aspetto della copertina.

Suonate da più di 30 anni e, quando sei in giro da così tanto tempo, ovviamente i tuoi gusti musicali possono cambiare, e penso che questo si rifletta anche nell’evoluzione del sound dei Paradise Lost. Come sono i tuoi gusti oggi, che musica ti piace ascoltare in questo momento?

Ti dirò, ho degli amici che sono come la mia finestra sul mondo perché so che ascoltano nuove band, ma per quanto mi riguarda io sono molto selettivo con cosa mi piace tra le band più recenti.
Col Death Metal, per esempio, mi piace ancora l’old school, trovo ancora che sia la musica migliore, e pure con il primo Black Metal, mi piacciono molto anche alcune band più nuove, ma finisco per tornare sempre alle cose vecchie, sono molto old school [ride].
Sono molto conscio di quello che succede nella scena, sono sempre interessato a vedere che band ci sono in giro, che band la gente ascolta, lo trovo interessante, ma per quanto riguarda il sedermi ad ascoltare musica il mio standard è molto alto, quindi sono molto selettivo [ride].
Non mi interessa neanche che band va di moda oggi, quello è ininfluente, magari una band è assolutamente sconosciuta ma per qualche motivo mi fa scattare qualcosa; in questo senso sono difficile da accontentare.
Ma in questo momento non sto ascoltando musica perché questa storia della quarantena mi sta facendo sentire un po’ strano e mi piace ascoltare musica solo quando sono davvero di buon umore.
Io associo la musica alla felicità, e non mi sento troppo felice al momento, ascolto la radio più che altro, ascolto LBC che è una stazione di notizie.

Quando una band ha un seguito grande come quello dei Paradise Lost ogni nuovo album rischia di deludere qualcuno se provi a sperimentare e ad esplorare nuove direzioni, ma giustamente un artista deve seguire il proprio istinto e la propria ispirazione. Quanto pensi che sia importante mantenere un equilibrio tra quello che ti senti di fare in quanto artista, ed il fare quello che i fan vogliono da te?

Penso che quando cominci a mettere quello che suoni nelle mani dei tuoi fan finisci per mentire a te stesso, penso che si senta anche nella musica, si capisce quando la musica non è sincera, e anche i fan possono capirlo quando stai solo cercando di accontentare una certa fetta di pubblico.
Una volta che cominci a fare così tanto vale smettere di fare musica.
Bisogna mantenere l’integrità, e quello che abbiamo fatto noi è stato esattamente quello che volevamo, sempre. Non abbiamo mai fatto niente in cui non credessimo al 100% all’epoca, e spero che i fan lo vedano e apprezzino.
L’importante è essere onesti con sé stessi, non puoi metterti ad assecondare la gente sennò rischi di finire con della musica che suona poco convincente.

Sei il cantante dei Bloodbath da ormai sei anni. Diresti l’esperienza con quella band ti ha influenzato ed influenza ciò che fai con i Paradise Lost?

Sì, immagino che lo faccia.
Mi diverto molto con i Bloodbath, è un’esperienza diversa, è una bestia molto diversa da quello che sono i Paradise Lost, ma mi ha riportato al vecchio Death Metal, a musica che non ascoltavo da quando ero un ragazzino.
Quindi sì, mi ha ricordato cosa mi ha attirato nel mondo della musica, in particolare il Death Metal.
Sicuramente l’esperienza con i Bloodbath è stata una cosa positiva.

È stato difficile trovare il tuo posto nella band quando sei entrato?

Mi hanno chiesto di entrare quando eravamo in tour in America con i Katatonia quindi eravamo già amici, se non li avessi conosciuti prima sarebbe stato diverso, forse, ma siamo tutti buoni amici e questo rende il tutto molto divertente e godibile.
Una cosa sempre importante è avere un buon rapporto con le persone, e questo si vede anche da fuori.
Quindi è stato divertente, è difficile credere che siano passati già tutti questi anni, sono passati molto velocemente, è stato un periodo molto divertente e sono felice di essere entrato nella band.

Sia i Paradise Lost che i Bloodbath sono nomi piuttosto grandi nel Metal, entrambi suonano da headliner in molti festival e via dicendo. Com’è essere in queste due band? Trovi difficile dividere il tuo tempo tra questi gruppi?

Siamo molto fortunati perché condividiamo lo stesso management con Katatonia, Opeth, Paradise Lost e Bloodbath, quindi questo aiuta molto con i concerti per evitare che ci siano sovrapposizioni.
Se facciamo festival sicuramente ci sono più voli da prendere, ma mi piace, mi piace tenermi occupato, mi piace essere in giro; se sono a casa non succede niente, se suoniamo con entrambe le band nel circuito di festival europei abbiamo da fare, vediamo amici e via dicendo.
Se non avessimo lo stesso management immagino che potrebbe essere più complicato.

Questa era la mia ultima domanda, grazie per la tua disponibilità.
È stato un piacere parlare di nuovo con te, non so se ti ricordi ma un annetto fa abbiamo fatto due chiacchiere al Graspop, quando stavo bevendo una birra con Tomas [Åkvik, chitarrista live dei Bloodbath]…

Ah, sì, sì, certo!
Il Graspop ora, tra l’altro, dicono che è confermato per ora, ma non so…

Non credo ci sarà, per ora questi festival sono quasi tutti ufficialmente confermati ma giusto ieri l’organizzatore del Hellfest ha detto che sta aspettando lo stop del governo in modo da poter usare l’assicurazione.

Esatto, è lo stesso col Bloodstock, ne parlano come se ci dovesse essere, ma non so.

Io speravo di venire a vedervi, i Bloodbath, al Incineration Fest ma quello è già stato rimandato.

Già, è come se l’intero anno fosse stato cancellato.
È stato un piacere parlare di nuovo con te, stammi bene.

Anche te, alla prossima.