Gothic

Intervista The 69 Eyes (Jyrki 69)

Di Arianna Govoni - 19 Maggio 2023 - 11:02
Intervista The 69 Eyes (Jyrki 69)

A distanza di cinque anni dal loro ultimo album in studio, “West End”, i vampiri di Helsinki The 69 Eyes tornano in pompa magna con un nuovo disco, “Death Of Darkness”. Il tredicesimo tassello discografico della band che “si rifiuta di morire”, come più volte si è autodefinita, ci mostra un gruppo che, nonostante lo scorrere del tempo, è ancora desideroso di far musica in grande stile. Per l’occasione, abbiamo avuto modo di scambiare due lunghissime chiacchiere con il frontman Jyrki 69.

(Nota a margine: purtroppo, nonostante le buone premesse, Jyrki si è dilungato tantissimo in un suo discorso personale ad inizio chiacchierata e questo ha fatto sì che l’intervista, originariamente sviluppata in 12 domande, fosse tagliata di moltissimo per rispettare le tempistiche richieste dall’etichetta. Ci scusiamo con i lettori di Truemetal, purtroppo non è dipeso da noi)

Ciao Jyrki e benvenuto su Truemetal.it! Come sempre, è un piacere averti con noi, come stai?

Ciao Arianna, tutto bene, grazie! (in italiano, ndr)

Oggi siamo qui per parlare del vostro nuovo album, “Death Of Darkness”, in uscita tra qualche giorno su Atomic Fire Records. Come ti senti a pochi giorni di distanza dalla release e, soprattutto, come ci si sente a promuovere la propria musica con una nuova etichetta?

È una cosa che abbiamo fatto per tanti anni, a dire il vero per tanti decenni. Ora ci ritroviamo in questo nuovo mondo, che è molto diverso rispetto a quello che abbiamo lasciato l’ultima volta che ci siamo visti. Questo nuovo mondo non è più stabile come lo poteva essere cinque anni fa, ma ci siamo abituati. Siamo abituati ai cambiamenti, tutto può cambiare, fino a cinque anni fa eravamo abituati a vivere in un mondo più stabile e niente stava cambiando, tutto procedeva liscio e molto velocemente verso la direzione nella quale siamo. Ora ogni cambiamento è possibile e ci siamo abituati anche a questo. Tra i vari cambiamenti, c’è anche il fatto che siamo passati a questa nuova etichetta, Atomic Fire Records, una compagnia fresca che ha nel proprio roster artisti come Helloween, Meshuggah e molti altri. Noi come The 69 Eyes stiamo facendo qualcosa di nuovo, nuovamente. Siamo sotto contratto con una nuova etichetta e, d’altro canto, abbiamo fame del nuovo disco. Siamo eccitati, stiamo per pubblicare un nuovo album, anche se, a dire il vero, abbiamo già intrapreso un tour e non ha un granché senso! Vedremo se poi ne avrà uno in seguito! Io stesso sono più desideroso, sono elettrizzato in merito a questa possibilità. Abbiamo vissuto in questo mondo legato ad Instagram, che ha recentemente compiuto 10 anni, in generale i social media cambiano costantemente, anche mentre stiamo parlando Tik Tok prosegue il suo corso, diventa un nuovo mezzo per diffondere la musica. I film, le serie tv, principalmente quest’ultime, stanno presentando la musica alla gente. I Metallica, ad esempio, hanno pubblicato la scorsa settimana un album e adesso hanno guadagnato una nuova generazione di fan a causa dell’inserimento di un loro brano in una celebre serie televisiva di Netflix (“Stranger Things”). Siamo circondati dalla musica ed essa proviene da diverse direzioni rispetto a prima, questa cosa mi fa molto piacere. Ho sentito dire dalla nostra etichetta che abbiamo raggiungo oltre i 500 mila ascoltatori su Spotify, ovvero mezzo milione di persone si sono dedicate ai The 69 Eyes. La nostra casa discografica sta analizzando i dati, perché è così che funziona, per capire anche i dati di vendita dei dischi, le classifiche, per capire se raggiungi la prima posizione o se ottieni un disco di platino e cose del genere. Queste sono le statistiche, abbiamo superato il mezzo milione. I nostri follower sono cresciuti durante questi ultimi sei mesi, rappresenta il 200% dei servizi di streaming, tutti quanti. La nostra etichetta ha analizzato questi dati e siamo tra le band più trendy del momento, con persone al di sotto dei 25 anni di età. Riesci a crederci?

Beh, parliamo di un numero importante, non credi?

Sì, sì. La gente che ci ha scoperti ha un’età al di sotto dei 25 anni e questo ha comunque a che fare con TikTok. Sai, se dai un’occhiata a quei video dove la gente si veste normalmente e poco dopo, si trova acconciata come un goth, capirai che queste stesse persone hanno usato le nostre canzoni per i loro video. All’improvviso siamo diventati di moda a causa di questo trend su TikTok e, allo stesso tempo, è elettrizzante avere un nuovo disco in arrivo; d’altro canto, però, sono felice di comunicare con i nostri fan tramite i canali social, mi piace leggere i loro commenti. Pensa, una cosa nella quale sono incappato proprio oggi è che ripensavo che abbiamo pubblicato cinque singoli durante quest’ultimo periodo e il nostro primo singolo, “Drive”, è uscito esattamente un anno fa. Da allora, abbiamo presentato cinque singoli e abbiamo iniziato a comporre musica, avevamo una persona qui in Finlandia presente anch’essa sul disco, è una specie di Clive Davis, parliamo di un produttore molto famoso e lo stesso personaggio era lì 15 anni fa, quando abbiamo pubblicato canzoni come “Lost Boys” e “Never Say Die”. Era lì anche gli ultimi due dischi, ora è tornato ed è diventato un grandissimo innovatore della musica nel nostro paese, cura i più grandi artisti finlandesi che si esibiscono negli stadi. Ad un certo punto ha voluto farsi nuovamente coinvolgere nei The 69 Eyes e ci ha suggerito di scrivere canzoni che fossero abbastanza forti per essere pubblicati come singoli. Abbiamo pubblicato i singoli, nella speranza di vedere che cosa sarebbe potuto succedere, è così che è nata la questione e, man mano che i singoli uscivano, lui ci suggeriva quali scegliere. Alcune di quelle tracce venivano trasmesse anche nelle varie stazioni radio qui in Finlandia, “Drive”, il singolo che ho menzionato prima, è ancora oggi in rotazione su ogni stazione radiofonica. Per noi è diventata una sorta di hit, così abbiamo iniziato a realizzare il disco e tra una pubblicazione di un singolo e l’altro, abbiamo iniziato a scrivere i nuovi brani. Ad un certo punto ci siamo resi conto di possedere una buona quantità di singoli e di mettere insieme un disco. Tra qualche giorno l’album uscirà, già cinque singoli tratti dal platter sono usciti in precedenza, abbiamo suonato quei brani, incluso “Drive”, per circa un anno, abbiamo tenuto un tour europeo e abbiamo suonato tre pezzi tra questi cinque singoli. Tornando alla questione dei social, sono molto elettrizzato. Alcuni fan ci hanno lasciato dei commenti quando abbiamo dato la notizia che il disco sarebbe uscito alla fine di questa settimana, qualcuno ha scritto: “Oh no, è terribile che abbiate già pubblicato cinque singoli. Sul disco ne rimangono cinque che ancora non ho sentito. L’album ha dieci tracce”. Questa persona si stava lamentando, chiedendo il motivo per il quale fossero stati pubblicati cinque singoli promozionali e voleva più musica nuova dai The 69 Eyes, non è il miglior complimento che tu possa ricevere? La persona in questione, però, non ha scritto qualcosa del tipo “Non pubblicate nuovi dischi, non interessa a nessuno, suonate quei brani del 2001 o 2005”, no no, semplicemente era triste del fatto che avesse già ascoltato cinque brani durante quest’ultimo anno. Il resto, ovviamente, è confezionato nell’album, quindi ci sono altre cinque tracce nuove, il disappunto quindi nasceva dal fatto di non aver ascoltato le restanti canzoni, sottolineando che fosse un modo terribile di presentare musica. Non mi piace affatto, ma è un complimento. Quella stessa persona voleva nuova musica dalla band, per cui la ringrazio! È, effettivamente, interessante, d’altro canto, ovviamente, ho pensato a come viene percepita questa cosa dalla gente, cosa spinge una persona a chiedersi quanto tempo abbiamo per comporre musica e mi sono chiesto: “se dovessimo pubblicare un doppio album qualcuno potrebbe arrabbiarsi?”, alla fine ci sono solo 15 brani e la gente ne ha già ascoltati cinque! La comprendo, comunque, perché le persone sono sempre alla ricerca di nuova musica da parte nostra. La ringrazio. Qualsiasi comunicazione ed attenzione è una buona cosa, seriamente, anche laddove qualcuno dicesse che l’ultimo disco non era poi così buono. Li ringrazio comunque per averlo ascoltato, è fantastico. Ringrazio sempre per il fatto che si curano della nostra esistenza, mi fa piacere, mi piace. Sono contento, sono molto elettrizzato e non vedo l’ora di suonare questo venerdì (l’intervista è stata condotta poco prima dell’uscita del disco, ndr). Ora suoneremo qui, è come se fossimo in tour tutto il tempo, continuamente, come sta succedendo ora in Finlandia, per cui non vedo l’ora di saltare sul palco e fare un po’ di festa con la gente che verrà nuovamente a vederci.

Se non sbaglio, sia a Milano, così come in questo tour europeo, avete presentato due dei tanti singoli usciti finora: mi riferisco alla titletrack del nuovo album e a “Drive”. Che impatto ha avuto sul pubblico? Come sono state recepite queste due tracce? Devo dire che “Drive” ha anche un bel tiro live, io non ero presente ma spero annuncerete presto altre date perché vorrei tanto vedervi e sentire questo album dal vivo!

La gente già conosceva le canzoni. Sembra che le abbiano scoperte man mano che le pubblicavamo come singoli e le cantavano tutte in coro. La canzone più magica del lotto, a mio avviso, è proprio la titletrack, ovvero l’ultimo singolo che abbiamo estratto da “Death Of Darkness”. Credo che sia dovuto al sound, è come una macchina del tempo, ogni volta che la eseguiamo live la musica mi coinvolge, mi prende. Se la ascolto, percepisco qualcosa di magico, di strano in quel brano, mi riporta indietro nel tempo, ai primi anni 2000. Non volevamo scrivere un brano retrò, ma in questo singolo c’è qualcosa di strano che mi da proprio i brividi. Mentre guardavo segretamente il pubblico, posso vedere che anche la gente ha questa sensazione, è come se si ritrovasse in un altro spazio, in un’altra dimensione. Mi piace catturare il pubblico, ci piace ammaliarlo mentre suoniamo questo brano, è come se la gente fosse persa nei propri pensieri riguardanti il passato o il tempo presente. È una cosa molto toccante, ad essere onesto. Penso che ci siamo riusciti davvero bene ed è stato davvero bello vedere, pubblicare questi singoli e ricevere feedback immediatamente.

So che da dopo la pubblicazione di “Devils”, se non ricordo male, i The 69 Eyes hanno iniziato ad incorporare nel proprio sound anche quelle influenze “losangeline”, se così possiamo dire, anche perché fu proprio “Devils” a lanciarvi nel mercato statunitense. Anche questo nuovo disco è stato scritto in parte a West Hollywood. quanto siete legati a questa città? Quanto è importante la cultura statunitense o meglio, il suo stile musicale nel sound dei The 69 Eyes?

Beh, credo che si possa intuirlo. “Devil” ci ha presentati ad Hollywood e all’epoca fu una grande festa, che continua ancora oggi. Il punk era la corrente musicale più importante, tutti erano tatuati dalla testa ai piedi e l’Hollywood Sunset Strip stava nuovamente sbocciando come accadde alla fine degli anni ’80. Questo è ciò che puoi percepire su “Angels”, il disco successivo che pubblicammo fu “Black Back In Blood”, andammo a registrarlo a Los Angeles perché volevamo stare in quella città così tanto. Da allora, è diventato un posto d’ispirazione, abbiamo un sacco di amici là e tutti quanti, inclusi i nostri più cari amici, tra cui musicisti, si trovano tutti in quella città. Questa volta, però, ho creduto di averne parlato abbastanza, nel nuovo disco c’è un brano intitolato “California”, scritto durante il periodo del lockdown. Mi è uscito spontaneo, non ci è pensato troppo, la musica si adattava bene e ho scritto poi il testo. Successivamente c’è stata la possibilità di tornare a viaggiare, per cui mi sono recato ad Hollywood e ho composto la demo. Volevo menzionarti che, letteralmente ho scritto il brano là, perché ne ho avuto il tempo. Avrei potuto essere in qualsiasi parte del mondo, ma è successo di essermi trovato là, anche perché tuttora lo show business prosegue bene. Non sono un principiante alla ricerca di qualcosa, non sto rincorrendo il mio futuro, ma sai, questo è veramente un posto per i sognatori. Sai che Hollywood e Los Angeles sono il posto giusto nel quale trovarsi laddove ti capitasse di essere coinvolto nello show business, qualsiasi tipo di business possa essere. È qualcosa che mi ispira, è una fonte di ispirazione. L’Italia ha rappresentato ugualmente una fonte di isprazione, ma sai, lo è più a livello universale. Recentemente sono stato spesso in Italia, in città straniere, sono tornato anche negli Stati Uniti, ma ti sto fornendo un’informazione riservata.

Proprio in merito al sound, vorrei dirti che ascoltando “Death of Darkness”, a partire dalla titletrack, ho avuto una sensazione di sentire qualcosa sì di nuovo, ma al contempo è come se stessi ascoltando un disco dalle atmosfere tipicamente goth wave degli anni ‘80 o dei primi anni 2000. E’ un po’ come se ad ogni nuovo disco voleste introdurre sì elementi innovativi, ma allo stesso tempo tributare le vostre radici. È così?

Beh, cerchiamo di suonare come noi stessi e questo accade naturalmente, a causa della mia voce e di come i ragazzi suonano i loro strumenti. È come stuzzicarsi: quando dici che la band sta componendo un nuovo disco o cose simili, la gente scrive sempre sui social media. “Spero che il disco sia come quest’altro o quest altro ancora. Per favore, tornate a questo periodo o a questo sound” e cose del genere. A volte succede davvero questo. Quando hai pochi brani, è come se facessi le cose allo stesso modo. solitamente non va mai così, non è una cosa intenzionale. Può succedere, anche se credo che la band abbia voluto migliorare. Cerchiamo di scrivere un brano che non abbia più bisogno di musica, ci deve essere un pezzo che porta alla fine tutto quanto e tutto in una volta nei The 69 Eyes. Non vogliamo concludere nulla, ovviamente, ma se capisci quel che intendo, voglio dire che all’improvviso scriviamo un brano e ci ritroviamo a dire: “Aspettate, questa è la nuova canzone che vogliamo scoprire”, è come far parte di una band che ha già provato di tutto. Sappiamo che c’è ancora qualcosa in serbo per noi che necessita di essere scovato, vogliamo sperimentare insieme e condividere la nostra ricerca con le persone. Siamo ancora affamati di avventura, siamo desiderosi di creare qualcosa.

Parlando di collaborazioni, in questo nuovo album troviamo Kat Von D nel brano “This Murder Takes Two”. Quando avevi già la struttura del brano pronta, sapevi di voler una voce femminile al tuo fianco o il tutto è nato spontaneamente? Come è nata questa collaborazione? Molti non sanno che Kat, oltre ad essere una bravissima tattoo artist, è anche una brava cantante, tant’è che nel 2021 ha pubblicato il suo album di debutto «Love Made Me Do It»!

Il brano era già pronto, avevo registrato tutte le mie parti vocali e stavamo ascoltando il risultato in studio di registrazione. Il nostro bassista Archie ha iniziato a parlare del fatto che al brano mancasse qualcosa, menzionando la possibile inclusione di alcune linee vocali femminili. Gli ho risposto che sarebbe potuto essere interessante e ci siamo domandati chi sarebbe potuta essere la donna con la quale duettare. Kat Von D ci è parsa la scena più interessante, le ho inviato un SMS chiedendole se fosse interessata ad intraprendere una collaborazione con i The 69 Eyes e devo dire che a me, personalmente, piace molto il fatto di coinvolgere gli amici, persone che riteniamo amiche, poiché le riteniamo parte della famiglia. Kat Von D è anche una icona, una regina gotica, è stato molto bello averla sul nostro disco. Non riuscivo a pensare ad altre persone da coinvolgere, il risultato è stato funzionale alla canzone. Il brano è sia romantico, sia etereo, anche se ha questa atmosfera un po’ inquietante, la sua voce è molto tormentosa e misteriosa, ha fornito al pezzo ciò di cui aveva bisogno.

Tu stesso hai dichiarato che la band è davvero unica e speri semplicemente che la gente possa apprezzarvi tanto quanto voi. Secondo te, in cosa vi sentite unici? Cosa vi contraddistingue al meglio rispetto ad altre band che sono nate nel vostro stesso periodo? Come riusciti a risultare così freschi anche alle nuove generazioni che, magari, vi conoscono ancora poco?

Beh, la nostra base, quella da cui traiamo ispirazione, è il rock n’ roll originale. Non siamo stati ispirati da band provenienti dagli anni ’80 o ’90 e cose simili. Ci ispiriamo dalle radici del rock n roll, da Elvis, Eddie Cochran, Gene Vincent, Little Richard, Fats Domino e tutti questi personaggi. Siamo ispirati dalle radici stessi di questa corrente musicale e dall’idea originale in sé, considerata imprevedibile, pericolosa, osé e cose simili… All’epoca il rock n roll fu molto criticato, era stato persino detto che fosse la musica del diavolo. Le nostre origini affondano lì, nel rock n roll originale. Alcuni artisti da allora hanno portato avanti questa corrente, persone come Johnny Saunders, i New York Dolls, i The Doors, i “discoli” del rock n roll. È stata la ragione per la quale siamo stati criticati, è per questa ragione che le nostri origini nascono da lì, da quel terreno pericoloso. È per questo motivo che siamo ancora qui, è una cosa eterna. All’improvviso tutto è diventato differente, i ricordi musicali della gente sono cambiati ma noi siamo ancora qui a fare rock sulla ricetta “maligna” originale. Scusami, ho un’altra intervista e il giornalista mi sta contattando. È stato un piacere parlarti e spero di rivederti presto. Grazie di essere stata con me!

Pagina Facebook The 69 Eyeshttps://www.facebook.com/the69eyes