Hard Rock

Intervista The Dead Daisies (Doug Aldrich)

Di Davide Sciaky - 3 Dicembre 2018 - 10:00
Intervista The Dead Daisies (Doug Aldrich)

Intervista a Doug Aldrich (The Dead Daisies) da parte di Mickey E.Vil (The Mugshots, Radio Onda D’Urto FM). In fondo alla pagina è possibile ascoltare la stessa in versione audio con sottotitoli.

Buona fruizione.

 

I Dead Daisies saranno sicuramente entrati nel cuore dei lettori di TrueMetal grazie all’intervista a John Corabi realizzata lo scorso aprile da Davide Sciaky. La super-band, che di recente ha accolto tra le sue fila il prodigio Deen Castronovo dietro le pelli, in pochi anni ha lanciato due bombe dall’elevatissimo potenziale esplosivo nell’ambito discografico Hard’N’Heavy. Contestualmente ha regalato e regala show incendiari ai fan di tutto il mondo. Mötley Crüe, Ronnie James Dio, Whitesnake ed altri mostri sacri hanno fatto sì che i nostri oggi possano lasciarsi alle spalle queste grandi esperienze per diventare così i nuovi numi dell’Hard Rock mondiale: i Dead Daisies! La parola al fuoriclasse della sei corde, mr. Doug Aldrich!

 

Dunque caro Doug, com’è l’autunno a Los Angeles?

Beh, era bello quando ero là ma ora sono ancora in tour. Adesso sono a Londra!

 

Penso che Londra sia piuttosto nevosa…

No, solo freschina!

 

Ah ok, non fa per niente freddo!

No, non è male!

 

Com’è stata la Kiss Kruise numero 8? Ti sei divertito?

Fantastica, davvero…ci siamo divertiti un sacco, abbiamo suonato tre volte, incontrato un sacco di amici e gente che non vedevamo da tempo. E’ sempre bello suonare ad un evento o festival dove ci sono un sacco di fan, davvero bello.

 

Parlando del vostro ultimo disco, Burn It Down, quali sono secondo te le differenze principali tra “Make Some Noise” e “Burn It Down”?

Make Some Noise” è un vero e proprio disco “da band” per il quale abbiamo lavorato per la prima volta insieme, io ho portato un sacco di musica per quel disco. “Burn It Down” è stato decisamente scritto nello stesso modo, tutti abbiamo portato musica ma è stata una situazione in cui Marti Frederiksen ha preso il sopravvento, la direzione era davvero la sua ed è un po’ il suo “bambino”! Ne ero felice per un paio di ragioni, perchè non dovevo preoccuparmi più di tanto…naturalmente ci sono sempre cose che farei decentemente per conto mio, piccole cose se sto producendo io stesso o sto co-producendo. Ma se devo solo di base suonare la chitarra, talvolta è ottimo perchè non devo stare a preoccuparmi ma allo stesso tempo non hai l’opportunità di apporre più di tanto il tuo marchio sulla direzione da prendere.

 

Cosa ci puoi dire dei testi di “Burn It Down”, quali sono i temi principali?

Di base, quando qualcosa ti ostacola, se qualcosa ti fa cadere all’indietro, il meglio che puoi fare è raderla al suolo per liberarti la strada.

 

Come approcciate la composizione dei brani? I singoli musicisti portano delle idee più o meno complete o provate insieme per creare la vostra musica? Prima hai detto che per “Make Some Noise” hai portato dei brani completi…

No, non completi ma ho portato un sacco di riff e via dicendo che hanno dato il via alle canzoni. L’ho fatto anche su questo disco ma noi componiamo insieme, scriviamo tutti insieme e contribuiamo tutti alle idee. Se porto un riff, mi viene detto: “Ok, mi piace!”…partecipiamo tutti in modo equo. Per esempio, su questo disco ‘What Goes Around Comes Around‘ è un pezzo portato da Marco (Mendoza, n.d.M.) e ci abbiamo lavorato insieme…poi c’è…come si chiama? ‘Can’t Take It With You‘ che è un riff portato alla band da John (Corabi, n.d.M.)…il tutto è molto bilanciato e tutti abbiamo scritto qualcosa!

 

Cosa ci puoi dire degli eventi Daisyland, cosa succede là?

E’ una gran cosa, un sacco di divertimento, suoniamo direttamente per i fan, proprio in faccia! E’ un tipo di situazione molto libera…suoniamo qualche cover e qualche canzone nostra, è fantastico! Lo facciamo tutti i giorni quando siamo gli headliner, facciamo un Daisyland, per lo più acustico-elettrico: ci mettiamo proprio davanti al palco e suoniamo per le prime 50-100 persone che arrivano al locale! E’ una cosa figa ed è assolutamente gratuita: se avete il biglietto, potete entrare!

 

Ah ok, non c’è bisogno di biglietti V.I.P. o cose simili, è una gran cosa e non è così comune di questi tempi!

No, lo so, è molto bello che siamo in grado di farlo, ne siamo grati!

 

Una volta hai detto: “Non sono uno di quei tipi che segue quello che va di moda. Preferisco fare quello che mi viene di fare meglio e farlo al massimo della mia abilità”. Quali erano in passato e quali sono oggi le tue ispirazioni principali come chitarrista?

Beh, nel passato erano tipi come Jimmy Page, Ritchie Blackmore, Tony Iommi, Randy Rhoads, Eddie Van Halen, Eric Clapton, Jimi Hendrix, Stevie Ray Vaughan e lo sono ancora! Nessuno mi ispira di più dei miei eroi: Gary Moore è immenso. Ho appena suonato su un tributo a Gary Moore  che include tutti i suoi amici e membri della band: John Sykes, Steve Lukather, Steve Morse…io ho suonato un brano chiamato ‘The Loner‘, amo Gary!

 

Quali sono i tuoi ricordi legati al suonare e registrare negli anni Ottanta e Novanta? Come descriveresti quei giorni alle giovani generazioni che vivono in questa bizzarra era digitale?

La cosa migliore che le band possono fare è adattarsi all’industria musicale. Negli anni Ottanta era completamente diverso, le etichette pagavano tutto, tu andavi in tour ed era tutto diverso! Oggi abbiamo Internet e bisogna lavorare con Internet a proprio vantaggio!

 

Quindi pensi che ci siano aspetti positivi e negativi legati ad Internet o pensi sia solo qualcosa di positivo?

No, è molto positivo! Ci sono un sacco di cose che oggi si possono fare che allora erano impossibili, è molto positivo e mi piace! Bisogna adattarsi, ha cambiato tutto ma ogni business cambia ed è cambiato!

 

C’è qualcosa che ti manca o che non ti manca dei giorni con gli Whitesnake e Ronnie James Dio?

Ohhh, quelli erano tempi grandiosi e mi manca suonare con quella gente! Di certo è stato grande…no, tutto è bello! Sono molto felice di andare avanti con la mia vita, ho una famiglia, dei bambini piccoli e tutto va bene!
 

Quindi solo bei ricordi di quei giorni…

Certo, naturalmente! Non c’era nulla di brutto…non sarei qui se non fosse per Ronnie, Ronnie mi ha fatto arrivare qui!

 

Il mese prossimo i Dead Daisies arriveranno in Italia! Cosa possiamo aspettarci dal vostro show?

Sarà una grande festa divertente, l’ultimo concerto dell’anno per noi. Abbiamo una scaletta nuova di zecca, canzoni nuove, nuovi arrangiamenti e inoltre il concerto Daisyland prima dello show! Sarà divertentissimo!

 

Puoi mandare un messaggio e saluto finali ai fan italiani dei Dead Daisies?

Ci sono così tanti fan incredibili in Italia, sono fortunato ad avere così tanti fan e amici, ci sono così tanti fan che ho incontrato in Italia in tutti questi anni, per me è fantastico e apprezzo davvero il supporto per i Dead Daisies e per tutto quello che ho fatto, lo apprezzo sul serio! Non vedo l’ora di vedervi…

 

Hai suonato tante volte in Italia?

Sì, sì, molte volte…probabilmente un paio di dozzine!

 

Oddio, è fantastico…non vedo l’ora di incontrarti, Doug!

Non vedo l’ora anche io di incontrarti, Mickey, grazie davvero amico mio, ti auguro il meglio…grazie mille! Grazie amico, ciao!