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Ragestorm (Kolla)

Di Daniele D'Adamo - 9 Dicembre 2013 - 0:01
Ragestorm (Kolla)

 

Dopo un po’ di attività, è finalmente giunta l’ora del debut-album, “The Thin Line Between Hope And Ruin”: che sensazioni state provando?

Sai, visto che ci abbiamo messo nove anni per arrivare a questo punto e che un terzo della nostra intera carriera lo abbiamo speso lavorando alacremente a “The Thin Line Between Hope And Ruin”, l’unica cosa che posso dirti è che quando ci sono arrivati gli scatoloni con dentro le copie del disco siamo letteralmente impazziti! Siamo davvero molto contenti di aver raggiunto questo risultato e la nostra felicità è alimentata anche dal fatto che, a quanto pare, l’album piace molto.

Il titolo richiama immediatamente il concetto di instabilità, di mancanza di certezza. Concetto che, comunque, leggendo i testi, va ben oltre il titolo stesso, estendendosi in ampiezza e profondità: potete riassumerlo nelle sue linee fondamentali, nella sua filosofia fondante?  

Tutto il concept ruota attorno a una metafora divisa in due parti; la prima è raccontata nell’opener “The Meatgrinder Theory” e parla di un’enorme macchina composta di varie parti che imprigiona tra i suoi ingranaggi tutto il genere umano, il quale è incapace di ribellarsi perché intontito dalle immagini e dai suoni provenienti da un enorme schermo posto in modo che tutti possano vederlo e che nessuno possa vedere nient’altro. La seconda parte della metafora, raccontata nella titletrack “The Thin Line Between Hope And Ruin”, si concentra maggiormente sui limiti e le contraddizioni della macchina, consegnandoci l’immagine di una creatura miope, obsoleta e prossima al collasso. All’interno della metafora la macchina simboleggia la nostra società basata su un’utopistica crescita infinita e sono contento che tu abbia posto l’accento sul concetto di mancanza di certezza perché è il nocciolo di tutto il discorso. Riuscirà il genere umano ad abbandonare questo sistema folle fatto di distruzione di risorse e produzione di rifiuti prima che sia troppo tardi? Questa è la sottile linea tra la speranza e la rovina.

Il CD è ben curato in tutti i dettagli. In particolare, a prima vista, colpisce l’artwork, inquietante e privo di colori. Come si lega al concept di cui sopra?

Man mano che “The Thin Line Between Hope And Ruin” prendeva corpo abbiamo sentito la necessità di renderlo qualcosa di più di un semplice contenitore di canzoni; volevamo che fosse un album completo e unico nel suo genere e, nel momento in cui abbiamo iniziato a pensare all’artwork, ci è quindi parso ovvio che questo dovesse essere una vera e propria opera d’arte capace di vivere e avere senso di per sé. Per farlo ci siamo rivolti al nostro amico Luca Galvani (http://galvani.tumblr.com/), che con il suo stile oscuro e malato ha saputo trasformare in immagini il nostro concept, dando un volto a tutti i mostri di cui parliamo nei testi.
 

 

A proposito del nucleo tema portante, come ci siete arrivati? Gradualmente nel corso degli anni, oppure velocemente, come in una sorta d’illuminazione?

È stato un processo decisamente graduale. Il germe della teoria del tritacarne si è insinuato nella mia mente mentre ragionavo sul mito della caverna di Platone e da lì ho cominciato a svilupparlo, prima da solo e poi coinvolgendo anche gli altri membri del gruppo. Quando ci è sembrato di avere le idee abbastanza chiare l’abbiamo resa il concept del nostro ultimo EP “The Meatgrinder Manifesto”, uscito nel 2010, ma è solo con “The Thin Line Between Hope And Ruin” che la metafora ha finalmente trovato la sua giusta forma e dimensione.

È stato frutto di qualche vostra esperienza personale, oppure dell’osservazione di ciò che è accaduto e accade nel Mondo?

Un po’ di entrambe. Da una parte l’attualità, le idee politiche e la visione del Mondo di ognuno di noi hanno avuto una grande importanza nell’elaborazione del concept, ma è anche vero che molta dell’ispirazione che ci è servita per scriverlo arriva dallo studio di svariati filosofi e pensatori, da Platone a Latouche, da Confucio ad Asimov e da alcune esperienze personali come l’adesione all’associazione ambientalista Valle Virtuosa e la relativa lotta contro la costruzione di un inceneritore qui ad Aosta.

Dal punto di vista musicale, come siete giunti allo stile-Ragestorm?

Direi che lo stile-Ragestorm è frutto sia di un lungo percorso di crescita e autocritica costruttiva, sia di una buona apertura mentale che ci ha sempre permesso di scrivere tutto quello che volevamo, senza paura di sperimentare e di andare oltre i confini di un genere in particolare. In termini pratici la nostra evoluzione è stata questa: ci siamo formati nel 2004 con l’idea di suonare un crossover tipo Limp Bizkit, ma siamo presto passati alle sonorità più heavy/thrash del nostro primo EP “Storm Inside” e poi ancora alle influenze metalcore di “Someone Hears?”. Già a partire dal successivo “The Passion” abbiamo iniziato ad avvicinarci al death e al thrash, avvicinamento che è continuato con “The Meatgrinder Manifesto”. In “The Thin Line Between Hope And Ruin” di metalcore è rimasto poco o niente e credo si possa dire che, nonostante le molte influenze, è un disco death metal a tutti gli effetti.

 

Come avete sviluppato il legame fra la musica e i testi? È stato un percorso istintivo, oppure ragionato?

All’inizio è stato decisamente qualcosa d’istintivo, basti pensare che se la teoria del tritacarne di chiama così è perché la canzone “The Meatgrinder Theory” mi faceva venire in mente l’immagine di una moltitudine di corpi che venivano distrutti e triturati. Con “The Thin Line Between Hope And Ruin” abbiamo cercato di portare anche quest’aspetto a un livello superiore, creando un legame più profondo tra musica e parole. Ascoltando attentamente, infatti, si può notare che tutti i pezzi più violenti sono concentrati nella prima metà del disco, dedicata al tritacarne e ai mostri che lo abitano, e che si conclude con il drammatico epilogo di “Acid Tears”. I pezzi più atmosferici e melodici compongono invece la seconda parte dell’album, quella in cui si affronta il tema della speranza e delle possibili vie di uscita dalla macchina. Al centro troviamo “Hari Seldon’s Speech” che spacca letteralmente il disco in due e funge da spartiacque tra la prima metà e la seconda.

“The Thin Line Between Hope And Ruin” è un prodotto finito. Un parto completo. Cosa potete raccontare, in merito alla sua gestazione?

Che è stata molto lunga e faticosa, ma anche divertente e stimolante. Dopo l’uscita di “The Meatgrinder Theory” abbiamo deciso che non avremmo più realizzato dei semplici EP e che era finalmente giunto il momento di dedicarsi a un full-length. Visto però che siamo sempre stati molto pignoli e che il traguardo del primo album ci pareva (e ci pare ancora) qualcosa di molto importante, abbiamo lavorato con grande cura, ponendoci obiettivi ambiziosi e cercando di dare vita ad un’opera che avesse senso in ogni sua parte, in cui nessun dettaglio fosse lasciato al caso. Il nostro scopo era quello di creare il disco perfetto, quello che noi stessi avremmo voluto comprare se non suonassimo nei Ragestorm e tutto questo ha richiesto una gestazione di più di tre anni. Una cosa di cui siamo particolarmente orgogliosi è che “The Thin Line Between Hope And Ruin” è quasi un disco a chilometri zero, nel senso che, fatta eccezione per Mika Jussila che si è occupato del mastering, tutte le altre persone che ci hanno aiutato (i pianisti, i violinisti, i Boylerz di “Hari Seldon’s Speech”, Luca Galvani che ha realizzato l’artwork e Mitch dei W Studio che ha registrato e mixato tutto) vengono tutte dalla piccola e dimenticata Aosta.

 

 

Quanto è importante il death metal nel vostro modus operandi compositivo?

Credo molto poco, nel senso che, come dicevo prima, il nostro stile si è evoluto nel corso degli anni attraversando vari generi e pian piano i Ragestorm si sono trasformati in un gruppo death metal. Di fatto noi non abbiamo mai deciso di essere un gruppo death metal, è semplicemente successo.

Idee e progetti per il futuro, e qualcosa da dire ai lettori di Truemetal.it…

Al momento siamo concentrati sulla promozione del disco, principalmente attraverso internet. A breve inizieremo a programmare un po’ di date live in giro per l’Italia e speriamo anche fuori dai confini nazionali e, insieme ad alcuni amici, stiamo già lavorando alla realizzazione di un videoclip che siamo sicuri non passerà inosservato. Per quanto riguarda i lettori di Truemetal.it vi ringraziamo per aver letto questa intervista e vi invitiamo ad ascoltare gratuitamente “The Thin Line Between Hope And Ruin” sul nostro sito www.ragestorm.it oppure su SoundCloud a questo link https://soundcloud.com/ragestorm. Vi ricordiamo anche che i Ragestorm sono un band 100% indipendente, quindi non abbiate paura di andare su iTunes e comprare il nostro disco: vi assicuriamo che i vostri soldi non finiranno in mano ad avidi discografici pronti a spendere subito tutto in droga e festini, ma a cinque poveracci che useranno quei danari principalmente per finire di pagare il disco, e solo in un secondo momento per droga e festini.

Intervista a cura di Daniele “dani66” D’Adamo