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Royal Hunt (André Andersen)

Di Lorenzo Bacega - 22 Giugno 2010 - 10:05
Royal Hunt (André Andersen)

Due anni dopo la pubblicazione dell’ottimo Collision Course… Paradox II, tornano sulle scene i danesi Royal Hunt con un nuovo album, il decimo della carriera, intitolato X. Abbiamo approfittato dell’occasione per raggiungere lo storico tastierista e compositore André Andersen e fargli alcune domande a proposito del nuovo disco, del passato e del futuro del gruppo. Buona lettura!

Intervista a cura di Angelo D’Acunto

 

A quanto ho sentito, mi è sembrato che il sound all’interno di X non sia cambiato più di tanto rispetto al passato, la produzione è sempre di ottimo livello e la qualità delle tracce è davvero molto alta. Puoi spiegarci come sono avvenute le fasi di composizione di questo disco?

In questa occasione abbiamo deciso di rivisitare le nostre radici musicali e di inserire parte degli elementi musicali degli anni settanta all’interno delle nostre composizioni. Questo tipo di musica può essere descritto come “un’interessante miscela tra quello che oggi viene etichettato come “Rock Classico” (ad esempio gruppi quali Kansas, Genesis, i primi lavori degli Emerson Lake & Palmer, Deep Purple e Uriah Heep) e il solito sound dei Royal Hunt”.

Già qualche tempo fa, prima dell’uscita del disco, avevi dichiarato che questo X si sarebbe orientato soprattutto verso la musica progressive/hard rock degli anni settanta. Qual è il principale punto di riferimento per questo nuovo lavoro?

La cosa che a noi interessa maggiormente è comporre i pezzi senza particolari costrizioni, senza pensare troppo a doverci avvicinare ad un genere o a uno stile piuttosto che a un altro. A noi piace essere completamente liberi da questo punto di vista. L’album è stato registrato e prodotto principalmente nel mio NorthPoint Studio, ma, per via dei vari strumenti “vintage” che ho avuto modo di usare nel corso delle registrazioni (intendo organo Hammond, sintetizzatori, Moog, oltre ad amplificatori vari) è stato necessario completare il lavoro in altri studi musicali. Il nostro scopo era di riuscire a suonare il più possibile come quei gruppi rock che ti ho citato prima, ma al tempo stesso senza dimenticare che oggi siamo ormai nel ventunesimo secolo.

Che cosa significa per te suonare musica progressive?

E’ abbastanza difficile da dire… progressive, almeno per me, significa, “innovativo”, “andare oltre”. E non è certo il caso del prog rock/metal di oggi, che è, al contrario, diventato davvero molto prevedibile e infarcito di cliché.

Ancora una volta al microfono troviamo l’ottimo Mark Boals. Pensi che senza di lui sareste ugualmente riusciti a raggiungere questi risultati, per quanto riguarda gli ultimi due dischi?

Onestamente non so risponderti, la sua voce è davvero unica all’interno del panorama metal odierno. Probabilmente senza di lui saremmo ugualmente riusciti a pubblicare dei buoni album, ma ciò non toglie che, con un altro cantante, il sound della band oggi risulterebbe per certi aspetti abbastanza diverso. Il ruolo ricoperto da Mark ormai è fondamentale nell’economia della band.

 

 

X è il secondo studio album che avete inciso con Mark al microfono. Come sei riuscito a convincerlo a entrare nei Royal Hunt, in seguito alla partenza di John West?

A dire il vero è stato Mark a chiederci di entrare nel gruppo. E’ venuto a sapere che eravamo in cerca di un cantante e ci ha contattato via e-mail. Noi dal canto nostro gli abbiamo chiesto di incidere un paio di demo, così da renderci conto di come la sua voce potesse effettivamente sposarsi con le nostre sonorità. Quando ho avuto modo di ascoltarli ho subito capito che la cosa avrebbe funzionato molto bene. E a quanto pare funziona ancora oggi! (ndr, ride)

La formazione dei Royal Hunt è da sempre stata soggetta a continui cambiamenti; quanto questi sconvolgimenti hanno effettivamente finito per influenzare la musica che scrivi?

Alla fine è una cosa normale, per un musicista risulta piuttosto difficile concentrarsi solamente su un gruppo, e purtroppo può capitare che questi impegni finiscano per accavallarsi gli uni sugli altri. A quel punto si è costretti, volenti o nolenti, ad abbandonare uno (o più) dei progetti in questione, ed è per questa ragione che assistiamo a innumerevoli cambi di line-up. Sicuramente questa cosa finisce per influenzare (parzialmente) la musica che compongo, ma al tempo stesso mi preoccupo di trovare dei validi sostituti, capaci di dare nuova linfa alla band.

Immagino che X si riferisca soprattutto al fatto che questo sia il decimo album ufficiale pubblicato dai Royal Hunt. Ci sono altre ragioni per le quali hai scelto questo titolo, magari in relazione all’artwork?

Può sembrare poco originale, hai ragione, però…. decimo album, X. Semplice, no? Non ci sono altri significati. (ndr, ride)

Questo è il vostro sesto album in dieci anni, il decimo ufficiale della vostra discografia. Dando uno sguardo al passato, ti senti soddisfatto di quello che hai fatto fino ad ora?

Mai! Ogni volta che finisco un disco ho sempre la tentazione di tornare indietro e correggere alcune cose… ma fortunatamente i ragazzi non me lo lasciano fare, altrimenti saremmo ancora alle prese con il nostro album di debutto! (ndr, ride)

X è stato rilasciato dall’etichetta italiana Scarlet Records. Come siete entrati in contatto con loro, e per quale ragione avete deciso di lasciare la vostra label precedente, la (sempre italiana) Frontiers Records?

Semplicemente i tempi erano maturi per questo tipo di cambiamento. La Scarlet si è dimostrata davvero molto euforica riguardo al nostro nuovo disco, ed è stato questo loro entusiasmo a spingerci a cambiare etichetta.

So che i Royal Hunt sono un gruppo molto popolare in Giappone. E’ per questo motivo che in oriente quest’ultimo album è uscito qualche mese in anticipo rispetto alla pubblicazione europea?

No, semplicemente l’uscita europea è stata rinviata più volte. Questa differenza non era stata programmata in origine.

 

 


Ricordo ancora l’ultima volta che siete venuti qui in Italia (a Bologna, per essere precisi). Davvero un ottimo spettacolo, anche se il pubblico era poco numeroso. Pensate di tornare in Italia in futuro?

Certo, perché no? Io adoro i fans italiani, sono sempre molto calorosi ed entusiasti. Invitateci, e noi verremo sicuramente.

Puoi dirci qualcosa a proposito del tuo background musicale? Quali gruppi ti hanno ispirato maggiormente?

Ho studiato musica classica per anni, prima di dedicarmi al rock. Le mie influenze principali sono Deep Purple, Rush, Pink Floyd e Kansas.

Qual è a tuo parere lo stato di salute dell’attuale scena metal internazionale? Ci sono delle band che ti piacciono particolarmente?

Diciamo che ogni tanto compaiono sulla scena internazionale delle band davvero interessanti, ma per una di queste ce ne saranno almeno una decina abbastanza trascurabili. Ma è così che vanno le cose, immagino.

Quali sono i vostri piani per il futuro?

Beh, probabilmente un altro tour, poi un altro album, poi un altro tour… e così via, dovresti aver capito l’andazzo! (ndr, ride)

Ok, questa era la mia ultima domanda. A te un ultimo saluto per chiudere quest’intervista come preferisci!

Ciao ragazzi, ascoltate il nostro nuovo album! E’ un po’ diverso dal solito, ma la musica è comunque ottima!