‘…nessuno beve birra per almeno due ore prima del concerto, e comunque cerca di contenersi… anche perché se beviamo tutto prima dello show, non ci resta niente per l’after party…eheh’
(Olaf Zissel)
Mannaggia, sto diventando davvero un vecchio thrasher e più passa il tempo, più sento la necessità di andare oltre la mera chiaccherata con le band che amo e che ho amato in passato. In particolare, se le band in questione sono quelle del cuore, allora la curiosità genera domande a raffica nella mente, magari apparentemente invadenti per l’intervistato ma, ahimé, che ci posso fare se l’egoismo supera la percezione dell’educazione…? I Tankard sono uno di questi gruppi, quelli che mi porterò dentro per sempre. Allora è arrivato il momento di sviscerare ogni mio ‘micro-interesse’ verso la sfrontata compagine di Frankfust Am Main… Almeno così pensavo. Purtroppo sfortuna vuole che la chiaccherata avviene proprio con Olaf Zissel, batterista in forza ai Tankard ‘solo’ dal 1994; poco importa, il piacere di spendere questo tempo è super e iniziamo comunque dalle origini, almeno ci proviamo…
Purtroppo io sono nella band solo dal 1994 e quindi altro non posso fare che raccontarvi qualcosa che so per sentito dire. Oltre a quello che vi dirò, mi sa che il miglior modo per conoscere la storia dei Tankard è sviscerare riga per riga quello che trovate sui nostri siti ufficiali. Per il resto so che la band s’è formata nel 1982, quando erano tutti ragazzini nella stessa scuola. All’inizio, per certo, Gerre e gli altri suonavano punk misto a heavy metal tirato, una sorta di thrash metal grezzo e primordiale e non si chiamavano ancora Tankard, bensì Vortex.
E sai da dove è venuto fuori il nome storico che tutti conosciamo da sempre?
So che l’hanno trovato per caso su un dizionario. E fu un proprio caso che avesse un significato legato allo sballo alcolico in quanto i primi testi che buttavano giù parlavano più che altro di nucleare e tematiche sociali. Quello che fu importante invece era il perfetto mix sonoro che ben pochi altri proponevano al tempo.
Poi le cose però cambiarono…
Certo. Gerre aveva ed ha uno spirito davvero libero e non credo avrebbe mai potuto interpretare un qualcosa che non avesse alla base una componente di ironia e festa. Ricordo che una volta disse che i Tankard non sarebbero mai esistiti senza una buona dose di ‘humor’. Questi nuovi ‘spunti tematici’, unitamente alla componente intelligentemente ironica e socialmente sentita che la band proponeva, fecero la fortuna dei Tankard fin dalla prima pubblicazione di metà anni ottanta.
Veniamo a te quindi. Cosa ti ha fatto innamorare del rock?
Sono stato catturato dalle genialità di band come Kiss, AC/DC e da tutta la musica partorita dalla scena della NWOBHM. Solo successivamente mi sono innamorato del thrash metal, dell’hardcore e del punk piuttosto che del crossover. Ho quindi trovato passione per band come Crumbsuckers, Agnostic Front, Suicidal Tendencies, The Ramones…
Mi sembra che non avresti potuto esser chiamato da band migliore dei Tankard quindi…
È stato uno dei momenti più belli della mia carriera di musicista quando ho avuto in mano il mio primo disco con i Tankard e ho ascoltato alcuni brani che avevo concepito a livello di songwriting. Mi sembrava un sogno. Oggigiorno provo la stessa sensazione… spesso immagino e penso al fatto che la mia musica sta venendo suonata da qualche parte del mondo. È fantastico!
Vi ho visti parecchie volte on-stage e devo dire che lo smalto è incredibilmente brillante e non scalfito come invece accade per altre band sulle scene da molto tempo. Come vi sentite quando mettete piede davanti alle infuocate casse spia?
Non è certo lo smalto di venti anni fa, ma è ancora la cosa che ci fa divertire di più. La cosa più emozionante è quello che vedi da là sopra. Ne abbiamo viste talmente tante che non ci stupiamo più per nulla, ma godiamo costantemente della vita che si genera ai nostri concerti, dei fatti indimenticabili che ci portiamo dietro dopo ogni show. L’unico grande cambiamento è che non saliamo più ubriachi marci come in gioventù perché data l’età non riusciremmo a tenere botta come un tempo e non potremmo mai perdonarci esibizioni scadenti che deluderebbero il pubblico. Per cui nessuno beve birra fino almeno due ore prima del concerto, e comunque cerca di contenersi… anche perché se beviamo tutto prima dello show, non ci resta niente per l’after party…eheh
Eheh, mi sembra un ottimo compromesso… la soluzione migliore per accontentare tutti. Anche questa è di certo maturità ‘artistica’! Ma colgo la palla al balzo per una considerazione. Sarò onesto. Il vostro penultimo disco, “Vollume 14”, mi aveva deluso. L’ho trovato appena sufficiente. Non sono riuscito ad apprezzare i suoni e tanti brani si trascinavano con fatica a conclusione. Trovi che sia stato un po’ troppo critico o ritieni che abbia colto qualche limite che condividi?
Parto con il dirti che la mia paura era che questo ultimo nostro album potesse non essere un passo qualitativo in avanti rispetto “Vollume 14”. Questo a prescindere come avrebbe suonato “A Girl Called Cerveza”. In verità “Vollume 14” è stato il nostro primo album prodotto da Michael Mainx e, ad essere sinceri, abbiamo avuto qualche discussione riguardo i risultati che non hanno proprio rispecchiato le aspettative. Il problema è che Michael non aveva esperienza in ambito metal e noi abbiamo creduto di poter trasmettere le nostre volontà semplicemente parlando. Pensavamo fosse sufficiente fargli capire cosa volevamo e cosa non volevamo. Avremmo dovuto spendere un po’ più di tempo per confrontarci. Le cose con questo ultimo sono andate diversamente.
Infatti trovo che “A Girl Called Cerveza” abbia una produzione decisamente più azzeccata. Personalmente, l’ho apprezzato moltissimo. Come sono andati, nel pratico, i lavori?
Sostanzialmente abbiamo cambiato studio e quindi, fin dall’inizio, tutto è stato diverso. Abbiamo lavorato negli Studio23, a Francoforte. Essendo molto vicino a casa potevamo rilassarci molto di più. Al posto delle corse ‘organizzate’ per lavorare e incontraci in studio, qui potevamo vederci con più facilità e, una volta chiusa la sessione giornaliera, tornarcene a casa nostra. Dal punto di vista pratico, il lavoro s’è svolto come le volte precedenti… il nostro è un metodo consolidato. Completiamo per prima la preproduzione e poi via con la batteria, poi il basso, le chitarre e infine le voci. Il missaggio è stato realizzato, ancora una volta da Michael che, a differenza dell’altra volta, ci ha presentato una gamma di proposte maggiore che noi abbiamo valutato e commentato con lui. Stavolta è filato tutto liscio e il risultato s’è visto. Siamo cresciuti ancora una volta.
In sala prove, invece, chi ha partorito la maggior parte delle idee?
Difficile da dire… noi componiamo e ideiamo i riff un po’ ovunque, nel senso che gettiamo le basi dei prossimi dischi, sia quando siamo in tour, sia quando siamo a casa. Il nostro chitarrista Andy ha un piccolo studio dove eseguiamo la preproduzione mentre i testi li concepiscono alcuni nostri cari amici nonché uno degli storici ex chitarristi della band, Andy Bulgaropulos che ora vive a Berlino.
L’ultimo album era uscito sotto AFM Records mentre ora siete sotto contratto con il colosso Nuclear Blast. Ci racconti come è nato il contatto con la vostra nuova casa discografica?
L’accordo discografico con AFM Records era scaduto e ci sono arrivate molte offerte per il nuovo disco. Abbiamo deciso per Nuclear Blast in quanto era un’offerta importante e volevamo comparare il lavoro tra una label piccola e una più organizzata. Le differenze che possiamo già constatare sono una comunicazione più fluida e una distribuzione che non ha pari rispetto al passato.
Questione concerti promozionali in programma: possiamo sperare di vedervi in Italia?
Certamente, ci vedremo in novembre, se ben ricordo. Aggiorneremo di volta in volta la nostra sezione ‘tour-dates’ sul nostro sito ufficiale.
Grazie per questa piacevole chiaccherata! Penso che i lettori s’attendano da te un saluto esclusivo…
Ok, siamo qui… ‘(translated by Internet!) unitevi a noi lungo il cammino, ci vedremo a novembre!!!’
Cheeeeers!!!!!
Olaf