Transatlantic (Neal Morse)

Di Tiziano Marasco - 8 Dicembre 2013 - 4:33
Transatlantic (Neal Morse)

Ciao Neal, come stai? Quali sono le aspettative per il nuovo album?

Ciao, sto molto bene, ti parlo dal mio studio, sono molto emozionato per il disco, credo che sia venuta fuori una gran cosa!

Ho visto il video di Shine proprio oggi, ma non penso che descriva l’album nella sua interezza. Puoi dire qualcosa di più?

Sì effettivamente Shine ha il ruolo di ballad, Ma alla fine è un disco classico dei transatlantic. C’è la megasuite da mezz’ora, un altro pezzo lungo e molto vario, poi oltre a shine ci sono altre due canzoni che possiamo considerare di durata normale. Alla fine il disco è molto mutevole e spazia da momenti introspettivi ad altri decisamente più progressive metal. È difficile da descrivere, il meglio è comprarlo ed ascoltarlo.

Quindi non sarà una nuova suite unica come il Whirlwind?

No, assolutamente. Anzi, proprio su Whirlwind ero contrario all’idea, avrei voluto che il disco fosse un doppio e la suite fosse divisa in due parti. Però gli altri hanno preferito questa soluzione perché era epica. Soprattutto Mike ha battuto i pugni affinché Whirlwind venisse fuori come un’entità unica (e mal gliene incolse mi vien da dire, dato che quel disco non mi è mai andato giù ndr.)

Già che citi la strutturazione di Whirlwind, come fate a comporre song così complesse senza praticamente incontrarvi, dato che vivete in continenti diversi?

Mah, in realtà non è mica difficile, ognuno ha il suo materiale, lo carica su internet in un cloud così gli altri lo possono sentire. Poi Mike, di cui ci fidiamo quasi cecamente, decide come incastrare vari spezzoni dei materiali e ne trae fuori le varie composizioni. Ha un vero talento per questo e infatti lo chiamiamo il “cavacanzoni”.

Come avviene la comunicazione tra di voi? Immagino ore di chiamate via skype…

Ma no, a parte il fuso orario, troviamo molto più pratico scriverci via mail. Anche perché, siccome le mail sono scritte poi ti ricordi tutto.

Qual è il tuo metodo compositivo? Ho parlato con Roine il mese scorso per il nuovo album dei TFK e lui mi ha detto che deve stare da solo.

Per me funziona in modo abbastanza simile. Amo fare lunghe passeggiate prima di mettermi seduto a comporre. Ma non va sempre così. Alle volte preferisco stare in compagnia. Non è una cosa che viene a comando, devi sentire un bisogno creativo che ti può essere donato dalla solitudine come dalla compagnia di qualcuno a cui vuoi bene.

Dato che suoni sia chitarre che tastiere, esiste una differenza nell’iniziare la scrittura delle canzoni dall’uno o dall’altro strumento?

Ma anche qui, dipende da come ti senti, poi decidi da che strumento partire. Ogni tanto ti senti più a tuo agio coi tasti del piano, altre con le corde. Alla fine però non ci sono gran differenze, non si capisce se una canzone sia stata composta alla tastiera o alla chitarra, soprattutto nel progressive dove spesso le varie parti sono composte partendo da strumenti diversi.

Ci sono delle band a cui ti ispiri? Roine mi ha detto di non aver tempo di ascoltare musica.

Sono come lui. Ogni tanto mi sparo qualche classico degli Yes, ma in sostanza io la musica la faccio, mica la ascolto.

Tornando al discorso registrazioni, come funziona? Sempre ognuno per se oppure vi incontrate?

No, no, ci troviamo anche in studio tutti assieme!

Avete lavorato con un produttore?

No, abbiamo fatto tutto in casa anche stavolta.

Però avete avuto un quinto elemento…

Sì Daniel (Gildenlöw), che in passato è stato un session member questa volta ha partecipato direttamente alle registrazioni. Quindi sarà un disco a più voci, dato che oltre a me, a Roine e a Mike, questa volta canta pure lui.

A proposito, come sono nati i Transatlantic?

Beh l’idea è stata di Mike, e lui era l’unico a conoscerci tutti e tre. Io avevo già incontrato Roine perché i Flower kings, di cui sono innamorato follemente, avevano suonato a Los Angeles ad un festival. Pete invece non l’avevo incontrato, ma chiaramente ero molto emozionato all’idea di collaborare col bassista dei Marillion.

Si può dire che Mike è una sorta di guida interna?

Assolutamente no. Per quanto lui sia il propugnatore del progetto e sia anche il principale responsabile della nostra riunificazione nel 2009, il transatlantico non ha un capitano indiscusso. Anzi devi essere sempre pronto ad accettare il fatto che gli altri hanno opinioni diverse dalla tua.  Poi alla fine le scelte avvengono con un consenso generale. Perfino quando abbiamo accantonatoil progetto, eravamo più o meno d’accordo. Mike era esausto per le troppe band in cui suonava, io avevo bisogno di un periodo di riflessione (era il periodo della crisi mistica ndr), quindi alla fine eravamo un po’ tutti d’accordo.

Per il resto come va la tua carriera solista?

Ho del materiale e probabilmente dopo il tour coi Transatlantic mi metterò d’impegno per farne un disco. Anche con Mike sto lavorando ad un altro progetto che si chiama Flying colours. Pure qui abbiamo della roba pronta per un disco, ma si deciderà tutto più avanti.

Riguardo il tuo riavvicinamento agli Spock’s beard?

Voglio bene a mio fratello.

Dato che parli del tour coi Transatlantic, ci sono alcune location in cui non vedi l’ora di suonare? (In Italia suonano a Milano il 2 marzo e a Roma il 3, ndr.)

Sicuramente in Sudamerica, non ci ho mai suonato… Poi beh, naturalmente le tre date della Progressive nation at sea. In Europa non saprei, sono stato in tutti i paesi dove suoneremo per cui so già cosa aspettarmi dal pubblico. Ma ti assicuro che faremo degli show da paura. Se puoi non devi mancare. Vieni a Roma o a Milano?

Beh, né l’una né l’altra… Dovrei esserci a Berlino, è la location più pratica per me.