Heavy

Intervista Ozzy Osbourne (1986)

Di Stefano Ricetti - 16 Marzo 2020 - 8:09
Intervista Ozzy Osbourne (1986)

Intervista a Ozzy Osbourne da parte di Piergiorgio “PG” Brunelli (qui sua intervista del 2008) tratta dal primo numero in assoluto della rivista H/M, datato gennaio 1986. Il periodo è quello precedente all’uscita dell’album The Ultimate Sin, concepito da Ozzie  con Jake E. Lee alla chitarra, Phil Soussan al basso e Randy Castillo (R.I.P. 2002) alla batteria.

Buona lettura.

Steven Rich

 

 

Regale padrino per il numero uno di H/M è un boss del rock mondiale. Ozzy Osbourne ci ha ricevuto nella sua nuova casa londinese. La musica ha avuto la meglio su alcool, droghe e pazzie varie: Ozzy ci ha presentato in anteprima mondiale il suo nuovo album, The Ultimate Sin.

LONDRA – Hampstead è uno dei quartieri più chic della parte nord di Londra. Ozzy Osbourne lo ha scelto per piazzarvi la sua residenza in Inghilterra. Dopo essere stato esiliato per anni, dopo la noia della Costa Azzurra ( … ), ha deciso di tornare nella madrepatria.

«La Francia è un paese dove faccio fatica ad adattarmi. Forse c’è una barriera linguistica, ma trovo che i Francesi sono poco cordiali. La Costa Azzurra è una zona molto turistica ed odio il fatto che tirino sempre a fregarti, perché sei straniero. Tante volte mi hanno sbattuto sotto il naso dei conti assurdi: una birra 5 sterline! Alla fine si scusano sempre per l’errore, ma è evidente che il cameriere tira a rubare sul conto. Inoltre il posto è terribilmente costoso. Quello che mi costava in affitto e nel trovare cose che occupassero la mia mente era enorme. Alla fine ho pensato che fosse meglio pagare le tasse e farla finita».

È evidente che l’attesa della seconda figlia ha influito sulla decisione di Ozzy di tornare in Inghilterra, per dare un po’ di stabilità alla famiglia.

«Avevo nostalgia di casa. Ho avuto occasione di incontrare gente simpatica, ma il più delle volte non sapevo di che cosa stessero parlando. In fondo, non importa qual è la tua idea di casa, sia essa una reggia od una palafitta, ma quello che conta è il sentirsi confortevoli ed a proprio agio, anche se qui il tempo è uno schifo. Ho comprato la casa mentre ero in Francia, e la abito da quattro mesi: stiamo ancora finendo di decorarla. Quasi tutte le scelte d’arredamento le ha fatte mia moglie, io non saprei organizzare la casa: metterei un bar qui, uno là, una pila di birre là in fondo, un poster di Jimi Hendrix sopra. Sarebbe un casino».

Non a caso il nome che troneggia sulla porta è «Woodstock». Di Ozzy nell’ultimo anno si è parlato soprattutto in riferimento al suo tentativo di abbandonare il vizio del bere e dei suoi travagli nel registrare «The Ultimate Sin», album che, finalmente, sarà nei negozi a fine gennaio.

«Non abbiamo ancora deciso l’ordine delle canzoni. Quando sei in tournée per tre mesi ti rendi sempre conto di aver commesso degli errori nell’album, ecco perché abbiamo lavorato tanto su questo prodotto. Di una canzone («Shot In The Dark») ad un certo punto c’erano due versioni. L’album precedente aveva sofferto del fatto che avevo tentato di fare troppo. Questa volta ho un buon produttore (Ron Nevison) che ha prodotto l’ultimo album degli Heart e per me è stato molto facile, perché dovevo solo cantare e tutti gli altri facevano quello che dovevano fare. Jake ha fatto un lavoro tremendo su questo album, più di me».

IRON MAN

«lo sono una persona molto ostinata, per cui se ho avuto un hit album nel 1972 finisco per convincermi che il mio sistema dio registrare gli album sia infallibile, lo ripeto all’infinito e nessuno si può imporre su Ozzy Osbourne sull’argomento. Mia moglie mi ha sempre fatto notare gli errori ed aveva regione, perché se io fossi un produttore sarei al corrente di tutte le diavolerie che succedono in sala di registrazione. La tecnologia è così raffinata oggigiorno che mi sembrerebbe di essere un astronauta se lavorassi dietro al mixer. Non saprei come usarlo. La registrazione, questa volta è stata molto divertente, ma debbo ammettere che ho avuto paura dando la mia vita nelle mani altrui. Mi sono chiesto tantissime volte se quest’uomo (Ron) fosse capace di trascrivere quello che la mia testa voleva sul disco. Credo che abbia funzionato. È Heavy, ma non mi sento di associarlo con certe cose di Heavy Metal. Ascoltando un album dei Black Sabbath di 13 anni fa ci trovo una differenza abissale. La mia più grossa battaglia nella vita è quella di far capire alla gente che non posso cantare «lron Man» e «Paranoid» per tutta la vita e che ho altri canali che cerco di investigare. Ho bisogno di libertà. Una volta che ti arriva addosso una etichetta, non te la togli per tutta la vita. Ho sempre fatto delle ballate come «So Tired», ma l’anno scorso c’è stato il solito dibattito sul caso».

Anche l’etichetta che Ozzy ha, soprattutto negli States, di essere figlio del demonio contrasta molto con l’immagine domestica di un padre di famiglia che gioca con la figlia. Ozzy è ancora un bambinone. La realtà musicale è totalmente diversa. «The Ultimate Sin» è un classico del suo repertorio che lascia pochissimo spazio alla tenerezza.

 

 

«Jake ed io abbiamo avuto tanto tempo per lavorare. Alla fine del tour scorso mi sono concesso una vacanza, mi sono ripulito, ho liberato la mia testa da tanti pensieri. Non mi frega niente della casa discografica che dice ad Ozzy che deve fare un album entro un tempo stabilito. Se succederà che questo album vende meno di quello precedente ed il prossimo, meno di questo, allora avranno ragione di protestare. D’altra parte, non voglio sprecare troppo il tempo, perché non succeda come i Def Leppard che ci mettono tre anni a fare un album. I fans cambiano, crescono, si sposano, dimenticano. Non sarei mai arrivato a tanto. Questo album che ho veramente vissuto, l’ho digerito per un anno, ho avuto il tempo per correggerlo».

Ozzy ha sempre avuto problemi con i chitarristi, per un motivo o per un altro. Sui successori del compianto Randy Rhoads è sempre aleggiato il suo fantasma. Il tempo sembra avere liberato Jake E. Lee da questa sindrome, pur lasciando inalterato nel ricordo di molti quel leggendario guitar hero. Jake è maturato nella personalità e nell’album dà finalmente il meglio di sé stesso.

NIENTE ALCOOL!!!

«Dalla morte di Randy, Jake è stato il primo chitarrista fisso della mia band, perché Brad aveva la sua band (Nightranger), anche se alla fine della tournée mi chiese di restare. Gli risposi di no, perché non era quello che stavo cercando. Jake era un ragazzino e per lui era come passare dalle strade di Los Angeles in un grande oceano di pazzia. Ha fatto un buon lavoro fino ad ora, ma, mentre, in «Bark At The Moon» il suo contributo era stato piuttosto passivo, in «The Ultimate Sin» ha cominciato ad esprimere le sue opinioni. E’ molto bravo tecnicamente, non beve, non si droga, è un piacere lavorare con lui. E’ una cosa molto rara: io bevo, faccio casino… Quello che mi chiedo (e questo succede spesso quando gli albums sono lungamente ponderati nd PG Brunelli) è se l’album è buono quanto mi sembra che sia. lo l’ho ascoltato per tutto l’anno, per me è già una cosa vecchia. Tornando a Jake, quando la mia testa non funzionava e le idee non fluivano, se n’è uscito con delle trovate veramente interessanti. Quando ho cominciato a scrivere l’album sono diventato così entusiasta che volevo registrarlo in una notte. E’ stato bello, invece, vederlo crescere giorno dopo giorno… come veder nascere un bambino. Questo è anche il primo album che ho fatto in cui non sono stato drogato o ubriaco nello studio. Ron mi ha tassativamente proibito di andare a lavorare in quelle condizioni: mi avrebbe mandato a casa se avessi bevuto anche solo una birra. E’ stata la prima volta nella mia carriera che qualcuno mi ha imposto della disciplina. Quando sei stonato, il lavoro sembra sempre meglio di quello che è: puoi scorreggiare nel microfono e pensare che suoni meravigliosamente. Sono sicuro di averlo fatto in passato. E’ importante che mi sia stata imposta della disciplina, perché Ozzy ha bisogno di un calcio nel sedere ogni tanto per ritornare sulla terra. Se la persona che mi dice di comportarmi bene è pulita la ascolto sempre; è quando con un bicchiere di birra in mano mi dice che il bere fa male e non debbo farlo che mi metto a ridere e non lo prendo in considerazione».

Si è parlato molto di questa abitudine di Ozzy di eccedere con l’alcool. L’anno scorso è anche entrato in una clinica per disintossicarsi.

«Sto ancora combattendo per smettere, ma è difficile. Ho la testa piena di musica, piena di lavoro e trovo che un bicchiere di qualcosa ogni tanto mi faccia bene. Raramente prendo droghe, ma bevo ancora e vorrei smettere completamente. E’ dura, soprattutto quando scendi dal palco dopo aver saltato per delle ore, perché quello che ti rilassa è un bicchiere di birra o un whisky. Non ho mai preso tranquillanti altrimenti sembro uno zombie e non so quello che faccio. Era un problema quello dell’alcool, perché ero sempre sotto la nube del bere e non ero cosciente di quello che facevo. Alla fine della tournée scorsa ero in pessime condizioni. Adesso vado a periodi, non dico di aver smesso, ma, a confronto, non è nulla. Devo ammettere che stavo molto male. Facevo delle interviste e non le ricordavo, al punto che quando le leggevo mi incazzavo per le cose che c’erano scritte, mentre erano tutte cose che avevo detto veramente. Cerco di non bere quando debbo lavorare. Sto migliorando e cerco di fare del mio meglio».

OZZY RACCONTA IL NUOVO ALBUM

«The Ultimate Sin» (ovvero il Peccato Capitale) è un problema decisamente personale.

Per tutto l’album l’idea del peccato capitale è rappresentata dalla bomba atomica. «Thank God For The Bomb» non è un ringraziamento, ma una costatazione di quanto la gente ne abbia paura, per cui le nazioni si temono mortalmente e le guerre atomiche non succedono. Non volevo che sembrasse una campagna antinucleare. «Killer Of Giants» è pure contro la bomba atomica. Il problema è che la gente non ascolta mai i testi. Al momento ho molti problemi con una famiglia americana il cui figlio si è sparato alla testa mentre ascoltava uno dei miei dischi e mi stanno facendo causa, il che è ridicolo.

Canzone per canzone…

«The Ultimate Sin» è stato molto difficile scriverla perché parla di una persona che ha troppo potere, ed ho cercato di renderla abbastanza comprensibile a tutti. È contro il potere. E la reazione a questo abuso di potere, è una canzone autobiografica, nel senso che vengo spinto in continuazione ed alla fine esplodo e ribatto con la violenza. Questo è il peccato capitale contro di me.

«Thank God For The Bomb»: … vedi sopra.

«We Rock»: è dedicata alle persone che non capiscono la musica rock, che appartengono alla generazione precedente.

«Secret Loser»: è dedicata ad una persona con una dipendenza da droga o alcool, che si nasconde dietro ad una maschera e parla di me stesso, della tristezza che ho nascosto per tanti anni.

«Fool Like You»: è una cosa astratta, una canzone d’amore, ma non scontata.

«Lightning Strikes»: è una cosa fantastica, una party-song.

«Killer Of Giants»: ha un messaggio per l’umanità contro la bomba atomica.

«Never»: vuoi dire non è mai troppo tardi per piangere. Non è mai troppo tardi per fare qualsiasi cosa finché sei vivo.

«Shot In The Dark»: è una canzone che ha scritto Phil, il bassista, e parla di un assassino che è pagato per uccidere la sua ragazza senza saperlo. E’ una specie di giallo.

 

Testo e foto di Piergiorgio “PG” Brunelli

Articolo a cura di Stefano “Steven Rich” Ricetti